Imperatore romano. Figlio di Valentiniano I, console per la prima volta nel 366,
fu nominato Augusto nel 367. Studiò sotto la guida del retore Ausonio.
Nel 375 successe al padre nel Governo dell'Impero d'Occidente, ma dovette
dividerlo con il fratellastro Valentiniano II. Nel 379 si associò
nell'Impero il generale spagnolo Teodosio, cui lasciò il Governo
dell'Oriente. Nel 383, mentre marciava contro gli Alamanni, il generale Magno
Massimo si ribellò;
G. gli marciò contro, ma, abbandonato
dall'esercito, fu fatto prigioniero e assassinato. Sebbene cristiano convinto,
G. si mostrò nei primi anni di Governo indifferente alle questioni
religiose. A partire invece dal 378, sotto la direzione di Sant'Ambrogio,
inaugurò una politica religiosa contro il paganesimo e l'arianesimo. Il
primo atto di questo nuovo orientamento fu il Concilio tenuto a Sirmio (378)
durante la spedizione in Oriente. Ritornato in Gallia, dove si era stabilito a
Treviri, si mostrò sempre più aperto sostenitore dell'ortodossia
nicena contro ogni sorta di eretici. Stabilitosi a Milano, nel 381 vi
convocò, per suggerimento di Sant'Ambrogio, un concilio. Nel 382,
convocò il Concilio di Roma. Nella sua lotta contro il paganesimo, si
astenne dal perseguitare le persone che ancora vi aderivano, ma fu radicale ed
energico nei principi, prendendo decisivi provvedimenti per separare
completamente lo Stato dal paganesimo. Nel 382 rifiutò il titolo di
Pontifex maximus e fece ritogliere dall'aula del Senato l'ara della
Vittoria; privò i collegi sacerdotali e le vestali delle sovvenzioni
statali e delle immunità di cui godevano, interdisse agli apostati del
cristianesimo di far testamento, proscrisse le superstizioni divinatorie e
vietò il culto pubblico nei templi (Sirmio 359 - Lione 383).