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Gomma.

Nome generico attribuito in un primo tempo all'elastomero ottenuto dal lattice della pianta Hevea Brasiliensis ed esteso poi ad una vasta classe di sostanze (per lo più sintetiche). Il normale ciclo di fabbricazione di un articolo in g. comprende le seguenti operazioni principali: lavorazione del polimero, mescola, formatura e vulcanizzazione. Naturalmente il ciclo varia in funzione del particolare polimero trattato e dell'articolo prodotto. a) Lavorazione del polimero: detta anche masticazione, viene compiuta in mescolatori a cilindri o di altro tipo, ed ha lo scopo di preparare il polimero a ricevere le cariche. b) Mescola: è compiuta nelle stesse apparecchiature della masticazione ma in tempo successivo. Vengono aggiunti tutti gli additivi necessari per la vulcanizzazione e le cariche; si prosegue quindi il mescolamento fino ad ottenere una miscela omogenea. L'operazione dura non più di una decina di minuti e si ottiene alla fine una carica di qualche quintale di prodotto. c) Formatura: operazione di preparazione del pezzo finito, e viene condotta a questo stadio in quanto la miscela è ancora plastica. Particolarmente importante è questa operazione nella preparazione di pneumatici. In questo caso su un tamburo rotante vengono posti i fili metallici che costituiscono il bordo del pneumatico; indi vengono posti alternativamente degli strati di g. in fogli (preparati per estrusione o calandratura) e le tele di fili metallici o di nylon (o altre fibre). Le tele sono fra loro incrociate a 90°, e formano generalmente un angolo di 40° con l'asse del pneumatico. L'esterno viene poi rivestito con uno strato di g. di elevata qualità (molto resistente all'usura e all'abrasione) nel quale sarà formato il battistrada. Si procede quindi ad una rullatura, in modo che le tele restino completamente annegate nella g.. A questo punto un oggetto di g. potrebbe essere costretto con pressione ad assumere la sua forma definitiva; nel caso dei pneumatici questo avviene però solo nella successiva fase di vulcanizzazione. d) Vulcanizzazione: ha lo scopo di reticolare il polimero, cioè di introdurre dei ponti di collegamento fra le diverse catene polimeriche in modo da render la g. elastica (anziché plastica) e molto più resistente alla trazione e in particolare al creep. È in generale effettuata per azione di composti (aggiunti durante la mescola) che divengono attivi per azione della temperatura. Si opera generalmente a 140-160°C per 30-120 minuti (generalmente 40'). I composti più usati sono lo zolfo o solfuri; di zolfo ne viene aggiunto circa un 5% del polimero o meno; se se ne impiega dal 30 al 50% si ottiene la ebanite, che non è più né plastica né elastica. La reazione di per sé è però molto lenta, onde per aumentare la produttività delle apparecchiature si usa aggiungere certe sostanze, dette "acceleranti", che rendono molto più veloce il processo. Tutte le sostanze usate come acceleranti sono oggi organiche; e contengono spesso esse stesse zolfo. Si usano delle aldeidi ammine (ottenute condensando ammine con aldeidi), delle guanidine (come la difenilguanidina), dei tioazali (mercaptobenzolo e derivati), dei disolfuri tipo tiuramile. Per la polimerizzazione di g. sature si impiegano invece dei diperossidi o altri composti o complessi in grado di creare la reticolazione voluta. Il riscaldamento è ottenuto con vapore vivo o con aria calda; si opera in generale in autoclavi per avere la pressione necessaria. Nella fabbricazione dei pneumatici il complesso formato come si è detto viene introdotto in una pressa che porta in negativo l'impronta del battistrada; come maschio dello stampo si usa una camera d'aria molto robusta - detta "camera di vulcanizzazione" - nella quale è immessa aria compressa e calda. Mentre avviene la vulcanizzazione si ha anche la formatura del disegno del battistrada ad opera dello stampo negativo. Per altri manufatti (come i cavi elettrici) l'operazione di vulcanizzazione può essere condotta anche a temperature più elevate (200°C) in un tempo più breve (pochi secondi). Lo zolfo impiegato deve essere molto puro; è preferito l'uso della varietà allotropica zolfo rombico. Questa operazione è forse la più importante di tutto il ciclo di fabbricazione del manufatti in g., in quanto le proprietà chimico fisiche di questa dipendono moltissimo dal processo di vulcanizzazione. Ciò si vede bene da un diagramma che riporti il carico di rottura in funzione del tempo di permanenza nell'autoclave di vulcanizzazione. Si vede che all'inizio non si ha nessuna variazione; dopo un certo tempo - essendosi innescata la reazione, - il carico di rottura aumenta velocemente, fino a raggiungere una zona in cui è stazionario. Indi esso diminuisce in quanto si instaurano processi di decomposizione termica ed ossidativa (reversione) del polimero. Additivi e cariche. Sono sostanze che vengono aggiunte per motivi vari durante l'operazione di mescola. Una prima classe di additivi sono l'agente vulcanizzante e gli acceleranti del processo di vulcanizzazione, dei quali si è già detto. Un altro gruppo di sostanze sono gli "antiinvecchianti", che devono proteggere la g. dalla degradazione soprattutto degli agenti atmosferici. Quasi sempre è aggiunta almeno una sostanza che inibisce l'azione dell'ossigeno - e che è quindi detta anche antiossigeno - in quanto questo (presente nell'aria per il 21% circa) attaccherebbe i doppi legami della g., con degradazione del polimero a bassi pesi molecolari (e quindi a caratteristiche meccaniche scadenti) o addirittura ad anidride carbonica, acqua, acido acetico, ecc. Altri agenti sono aggiunti per proteggere la g. dall'ozono, la cui azione degradativa è particolarmente efficace quando il polimero è sotto stiro: si usa spesso la difenil-parafenilendiammina o suoi derivati. Anche la luce ha un effetto degradativo, soprattutto ad opera delle radiazioni ultraviolette (lunghezza d'onda inferiore ai 3.800 Å) che abbondano nello spettro della luce solare. La protezione da questi effetti è ottenuta mediante sostanze che assorbono le radiazioni, impedendo loro che penetrino in profondità. Uno dei prodotti più usati a questo scopo è il nerofumo, di cui è detto più avanti. Anche altre radiazioni (come le gamma) sono dannose a molte g.; tuttavia queste si riscontrano in quantità sensibili solo in certe particolari applicazioni. Queste radiazioni - opportunamente dosate - sono state anche tentate con successo per il processo di vulcanizzazione, ma non sono applicate in quanto il ciclo sarebbe più costoso. Le cariche - a differenza degli additivi - sono sostanze aggiunte alla mescola in quantità molto elevate: esse in generale possono avere una funzione specifica (cariche attive) od essere assolutamente inerti (cariche inattive): quest'ultime servono solo a diminuire il prezzo del prodotto. La carica più importante di tutte le g. per pneumatici è il "nerofumo" o "carbone di petrolio" o "carbon black". È aggiunto in quantità molto alte (fino al 50% del peso finale e oltre): la sua funzione principale è quella di migliorare la resistenza all'usura. Esso viene prodotto ad elevato grado di purezza e in particelle molto fini per combustione incompleta di idrocarburi pesanti o petrolio (in difetto di ossigeno); altri processi lo producono da cracking molto spinto di idrocarburi vari (la scelta è essenzialmente economica, in funzione delle condizioni locali). Il miglioramento della resistenza all'usura dipende dalla finezza delle particelle di nerofumo, ed è tanto maggiore quanto più piccole esse sono (almeno fino ad un certo punto). I nerofumi o semplicemente "neri", vengono divisi in tre classi secondo la loro attività, e precisamente in "neri attivi", "neri semiattivi" e "neri inattivi". La maggiore o minore attività dipende dalla finezza della grana ma anche dal processo di fabbricazione e dalla materia prima usata. Ad un occhio esperto i neri attivi sono facilmente distinguibili dagli altri per la minore brillantezza, cioé per l'apparenza più opaca, addirittura tendente al grigio: le particelle che li compongono hanno dimensioni addirittura submicroscopiche. Secondo il processo di fabbricazione si distinguono poi vari tipi, a loro volta suddivisi in vari sottotipi, i principali dei quali sono riportati come segue:

Channel EPC (Easy Processing Channel)
MPC (Medium Processing Channel)
Blacks HPC (Hard Processing Channel)

Thermal MT (Medium Thermal)
Blacks FT (Fine Thermal)

GPF (General Purpose Furnace)
SAF (Super Abrasion Furnace)
Furnace HAF (High Abrasion Furnace)
Black HMF (High Modulus Furnace)
FEF (Fast Extruding Furnace)

I Chanell Blacks (in questo campo la nomenclatura inglese è divenuta universale) sono neri molto attivi, ottenuti bruciando con poca aria in storte (Channel) una miscela di idrocarburi. I tre sottotipi riportati si distinguono per la facilità di lavorazione della mescola, che è alta per l'EPC, media per lo MPC e bassa per l'HPC. I Thermal Blacks (letteralmente "neri termici") sono prodotti di decomposizione di idrocarburi su una parete metallica previamente riscaldata al rosso. Lo MT presenta una media lavorabilità; lo FT presenta invece un altissimo grado di suddivisione. I Furnace Blacks sono prodotti per pirolisi (cracking) di idrocaburi. Il GPF è di impiego generale: il SAF impartisce una grandissima resistenza all'abrasione, come anche (in misura minore) lo HAF: lo HMF aumenta molto il modulo elastico, e quindi impartisce rigidità: lo FEF serve quando si voglia una miscela di facile lavorabilità. Naturalmente la scelta del tipo di nerofumo da impiegare è condizionata dalle caratteristiche finali desiderate della g., oltre che da fattori economici. Oltre al nerofumo esistono altri tipi di cariche sia attive che inattive. Tali sostanze - generalmente inorganiche - quali silice in forma estremamente suddivisa, acido silicico colloidale, silicato di calcio, caolino, ecc. Questi prodotti di per sé hanno un costo molto basso, ma il processo di preparazione per averli nella forma adatta può essere molto lungo. Così ad esempio i pneumatici di colore bianco - caricati con silice finissima anziché con nerofumo - costano più di quelli normali. Infine sono da ricordare alcune cariche che hanno un effetto plastificante o diluente, e che migliorano la lavorabilità del prodotto soprattutto nella fase di formatura. Occorre poi ricordare che quasi tutte le case costruttrici di articoli in g. hanno i loro segreti, e che la composizione delle mescole non viene in generale resa nota. Un cenno si deve poi dare sulla g. rigenerata o - in inglese - Reclaimed Rubber. Questa è ottenuta con diversi processi di recupero a partire da vulcanizzati già usati, cascami e sfridi di diversa provenienza. Naturalmente il prodotto che si ottiene ha caratteristiche inferiori a quelle dei prodotti originali, ma può essere usato in mescole con altre g. oppure per articoli di qualità più scadente. La g. rigenerata costituisce circa il 15% di tutta la g. consumata: si tratta quindi di una voce merceologicamente molto importante. Il processo più usato tratta la g. da rigenerare - opportunamente suddivisa per tipo di polimero, colore, ecc. - in modo da ridurla in granuli o in polvere. Si fa quindi un attacco con soda caustica od acido solforico per devulcanizzare e depolimerizzare (eventualmente con aggiunte di sostanze che favoriscono la degradazione). Dopo raffinazione si passa il prodotto attraverso dei cilindri che lo riducono in sottili fogli: in tale forma è commerciato per mescole con la g. vergine. In taluni casi questa aggiunta può addirittura migliorare le caratteristiche della g. vergine; in generale però la g. rigenerata è sempre un prodotto di seconda qualità, che trova la sua fortuna nel suo basso costo, il quale resta oltre tutto costante anche al variare del costo della g. vergine.

PRINCIPALI PROPRIETA' FISICHE DELLA GOMMA NATURALE GREGGIA
Proprietà
Valore numerico
Unità di misura
Condizioni
Peso specifico

Calore specifico

Conducibilità termica

Coefficiente di dilatazione termica lineare

Indice di rifrazione

Costante dielettrica

Fattore di potenza


Conducibilità elettrica
0,915-0,920

0,449

~ 0,33 · 10-3

~ 23 · 10-5


1,519

~ · 2,7

~ · 1 · 10-3


~ 2 · 10-18
G/cm3

Cal./g°C

Cal./sec. cm °C

1/°C


-

-

-


S/m
20-25°C

25°C

-

20°C


20°C, riga D del sodio
-

50 Hz, 20°C, 75%
umidità relativa

-

Schema per la produzione di gomma elastica naturale

I principali Paesi produttori di gomma