Testo teatrale in prosa in due tempi, di Alessandro Fersen. L'autore si
ispirò alla leggenda del rabbino Lew di Praga, tramandata da Jacob Grimm
in un testo del 1808 e che suggerì a Jorge Luis Borges uno splendido
poemetto.
G. venne rappresentato in teatro con notevole successo di
critica e di pubblico e negli ultimi anni è stato anche ridotto per la
radio, in varie lingue. L'azione si svolge alla corte di Rodolfo d'Asburgo verso
la fine del Cinquecento, a Praga. Rodolfo è appassionato di scienze
occulte e perciò accoglie molto calorosamente il gran rabbino Jenuda Lew
Moreno Ben Bezal'El, noto come Maharal, famoso per i suoi studi sulla Kabbala.
La popolazione di Praga odia gli Ebrei che rappresentano la minoranza e
basterebbe una cosa da nulla per scatenare la folla e spingerla alla strage;
qualcuno poi ha un interesse particolare per fomentare il caos - ne andrebbe di
mezzo anche il re - e si cerca di costruire le prove, false, che dimostrino come
gli Ebrei assassinino i bambini. Ma Lew, per proteggere la sua gente, dà
vita al mitico golem, creatura prediletta di alchimisti al pari della pietra
filosofale. La creazione del golem scatena uno spasmodico interesse tanto in
Rodolfo che nel suo consigliere, il celebre alchimista Hieronymus Scoto. Questo
si dà da fare e alla fine riesce a sottrarre a Lew il segreto che
può dare la vita alla straordinaria creatura. Il rabbino è
terrorizzato da ciò che potrebbe accadere se il golem si animasse;
perciò lo riporta all'incoscienza totale, facendolo morire. Non è
ancora arrivato il momento di usare un essere come quello che egli stesso ha
creato e che, nelle mani dei politici o dei militari potrebbe diventare uno
strumento terribile e incontrollabile. Meglio il pericolo di un
pogrom
piuttosto che sapere il golem al servizio di chi se ne potrebbe servire per
desiderio di conquista.