Commediografo italiano. All'età di soli otto anni aveva già
scritto un copione per il teatrino di famiglia. Dal 1716 iniziò gli
studi, dapprima a Perugia presso i Gesuiti poi a Rimini ed infine a Chioggia.
Avviato in seguito alla facoltà di Giurisprudenza seguì i corsi di
Diritto a Padova, a Udine, a Modena e quindi di nuovo a Padova, dove si
laureò nel 1731. Durante questi anni
G. entrò in contatto
con il mondo degli attori e del teatro. Fu anche al centro di un piccolo
scandalo goliardico per aver scritto una satira contro le ragazze di Pavia:
ciò gli costò l'espulsione dal collegio Ghisleri. Dal 1732 con la
nomina di "avvocato veneto" iniziò la sua professione a Venezia. Nel 1736
sposò Nicoletta Connio; cambiò più volte mestiere con
l'intento di arrotondare il magro guadagno che gli proveniva dagli onorari di
avvocato. Fu diplomatico veneto a Milano, console genovese a Venezia. Fin da
allora tentò esperienze teatrali. Il primo impegno gli venne dal nobile
Michele Grimani, il quale gli affidò la direzione del San Giovanni
Grisostomo, il massimo teatro d'opera di Venezia di allora, nonché del
San Samuele, teatro di prosa dove recitava la compagnia Imer. Dal 1734 al 1743
scrisse per questi due teatri melodrammi e tragicommedie, che nel loro insieme
non si discostavano dal gusto del tempo e dai rigidi schemi metastasiani.
G. intravide in questo periodo la necessità di una riforma della
commedia, che continuava ad essere recitata da attori in maschera, con dialoghi
improvvisati su di un semplice canovaccio. Già la sua prima commedia,
Momolo cortesan (1738), conteneva la parte del protagonista interamente
scritta. Dal 1743 al 1746
G. esercitò la professione di avvocato
in Toscana, soprattutto a Pisa; sono questi gli anni de
La donna di garbo
e di
Arlecchino servitore di due padroni. Nel 1747 abbandonò
definitivamente l'avvocatura su consiglio dell'attore D'Arbes, e firmò un
impegno quinquennale con la compagnia di Gerolamo Medebac, attiva al teatro
Sant'Angelo di Venezia. Con questa compagnia, dopo aver superato numerose
difficoltà,
G. riuscì ad abolire le maschere e a sostituire
le vecchie sceneggiature dell'arte con copioni interamente scritti. Il primo
grande successo arrivò con la commedia
La vedova scaltra (1748): i
capocomici di Venezia cercarono di attirare il grosso pubblico con parodie di
G. scritte appositamente da Pietro Chiari. Dopo una non felice stagione
(1749-50),
G. reagì a sua volta promettendo ben sedici commedie
nuove. La promessa, ritenuta assurda, venne però regolarmente mantenuta:
fra questo gruppo di commedie sono degne di nota:
La bottega del
caffè, Il poeta fanatico, Il bugiardo, I pettegolezzi delle donne e
Pamela. Il contratto con Medeac si sciolse con
La Locandiera
(1753).
G. sottoscrisse un nuovo contratto decennale, ancor più
conveniente del primo, con il nobile Francesco Vendramin. Nonostante la fama
precedentemente guadagnata nei confronti del pubblico veneziano, le prime due
commedie caddero miseramente. Per controbattere sullo stesso terreno i continui
successi dell'abate Chiari,
G. aveva insistito sul genere patetico della
tragicommedia, assai poco congeniale alla sua personalità. Nel 1757,
moralmente risollevato da un invito alla corte di Parma e dalle migliorate
condizioni economiche,
G. tornò fiducioso alla commedia, ottenendo
i primi decisivi successi della sua carriera al San Luca, soprattutto con
Il
campiello. Dopo aver soggiornato un anno circa a Roma ed in varie altre
città italiane, tornò a Venezia. Dal 1760 al 1762 compose le sue
migliori opere:
I rusteghi, La casa nova, Un curioso accidente, Le smanie per
la villeggiatura, Le baruffe chiozzotte, Sior Todero Brontolon. Dopo la
scomparsa di Chiari, divenne il bersaglio preferito degli sprezzanti attacchi di
Carlo Gozzi, uomo nuovo del teatro veneziano. Gli iniziali successi di Gozzi
amareggiarono profondamente
G.: anche per questo accettò l'invito
del Théâtre-Italien di Parigi. Qui il grande commediografo si
trovò nuovamente di fronte i metodi della Commedia dell'Arte. La sua
opera di rinnovamento ebbe anche in Francia un immediato e strepitoso successo
(
Arlecchino e Camilla, 1763-64). Nel frattempo a Venezia trionfavano le
opere di Gozzi: il nuovo astro della critica teatrale, Giuseppe Baretti,
sferrava violenti attacchi contro le commedie goldoniane. Invece di tornare in
patria,
G. accettò l'offerta di recarsi alla corte francese per
insegnare la lingua italiana alla figlia primogenita di Luigi XV, Adelaide.
Contemporaneamente continuava a scrivere commedie, le sue
Memorie,
pubblicate nel 1787 con dedica a Luigi XVI (Venezia 1707 - Parigi 1793).
Una statua di Carlo Goldoni