Politico e pubblicista italiano. Studente della facoltà di Giurisprudenza
a Torino, iniziò la sua attività come giornalista con la
pubblicazione della rivista "Energie Nuove" (novembre 1918) che si affiancava,
nella tematica generale, alla corrente di pensiero espressa da Gaetano Salvemini
nell'"Unità", ma rivolgeva la propria analisi più ai problemi
politici particolari dell'Italia del dopoguerra che non ad una critica politica
globale. Una certa influenza ebbero su
G. lo sviluppo del movimento dei
consigli di fabbrica e le nuove teorie esposte da Antonio Gramsci nell'"Ordine
nuovo", dei quali peraltro non assimilò gli aspetti più profondi e
moderni. Queste esperienze rappresentarono comunque il punto di partenza per lo
sviluppo del pensiero gobettiano che preferì una impostazione commista di
elementi del liberalismo "radicale" del tempo e di tematiche della tradizione
socialista. Nella rivista "La rivoluzione liberale", da lui fondata nel 1922,
esponeva le sue posizioni auspicando la costituzione di una classe politica che
tenesse conto della necessità della partecipazione dei ceti popolari alla
vita dello stato, ed ipotizzando una nuova élite dirigente costituentesi
sul modello della classe operaia torinese. Contemporaneamente
G. andava
elaborando una serie di studi sul Risorgimento e sull'esperienza dello Stato
italiano dopo l'unificazione, lamentando soprattutto la mancata riforma
religiosa e l'impermeabilità dell'organizzazione sociale e statale
all'apporto delle classi popolari: in sostanza egli vedeva nel Risorgimento una
rivoluzione privata di tutti i suoi reali contenuti democratici e, quindi,
fallita. Conseguentemente a questa analisi fu portato a definire il Fascismo
semplicemente come la logica conseguenza dell'insufficienza del processo
risorgimentale e della mancanza di una classe dirigente responsabile, semplice
espressione dunque dell'arretratezza dei ceti dirigenti borghesi.
Professò comunque apertamente idee antifasciste, particolarmente
attraverso il nuovo periodico politico-letterario "Il Baretti", fondato nel 1924
(la rivista continuò le pubblicazioni fino al 1928). A causa delle sue
convinzioni politiche fu spesso colpito dalla repressione fascista sia
attraverso la censura dei suoi scritti (chiusura del periodico "La rivoluzione
liberale" nel novembre 1925), sia attraverso episodi di intimidazione diretta e
aggressioni. In seguito a questi fatti preferì trasferirsi a Parigi. Tra
le opere:
La filosofia politica di Vittorio Alfieri (1923),
La frusta
teatrale (1923),
La rivoluzione liberale (1924),
Risorgimento
senza eroi (1926),
Paradosso dello spirito russo (1926),
Scritti
politici (pubblicati nel 1960) (Torino 1901 - Parigi 1926).