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Gioco, Terapia del.

Metodo psicoterapeutico usato nell'analisi dei bambini. Poiché il gioco rappresenta un'attività di "finzione" e di "recitazione", in esso la censura, l'inibizione e il senso di colpa vengono parzialmente sospesi, per cui dall'osservazione di un bambino cui siano stati forniti appositi giocattoli (in genere oggetti raffiguranti case, mobili, automobili, genitori, bambini, soldati, ecc.) è possibile rilevare desideri, angosce, sensi di colpa rimossi. Pertanto i giochi che il bambino allestisce con gli oggetti che gli dà l'analista vengono usati come testimonianze da cui si può dedurre la natura delle sue fantasie inconsce. Fu Melanie Klein che, dopo avere cominciato a curare i bambini con metodi psicanalitici sin dal 1919, si rese conto che, date le scarse possibilità di comunicazione verbale di bambini al di sotto dei sei anni, scarsa poteva essere la loro cooperazione nella tecnica dell'associazione libera, per cui veniva a mancare lo strumento più importante per la rivelazione dei sentimenti inconsci. Pertanto, era necessario trovare qualche altra tecnica sostitutiva ed ella sviluppò quella dell'analisi dei giochi in cui il terapista osserva il modo con cui il bambino manipola determinati giocattoli e in che modo si rivolge verbalmente ad essi mentre sta giocando, per individuare le forze inconsce che operano in lui. Per esempio, si danno al bambino giocattoli che rappresentano il padre, la madre o i fratelli, gli si dà acqua e fango (per la loro somiglianza con l'urina e con le feci) e si osserva il modo com'egli gioca con essi, per cogliere il suo atteggiamento verso coloro, o quelle cose, che tali oggetti rappresentano. La tecnica della Klein della t. del g. è stata in seguito adottata e variamente modificata dagli psicanalisti di varie correnti e applicata nelle cliniche per l'orientamento infantile. Le loro interpretazioni variano naturalmente a seconda delle teorie cui fanno capo, come in certa misura varia anche la tecnica di applicazione. Per esempio, nella clinica londinese diretta da Anna Freud ai bambini non veniva dato fango e acqua, in quanto, secondo la Freud, da essi il bambino trae una soddisfazione troppo diretta e tale da poter ostacolare il processo terapeutico. Inoltre, una volta che il bambino sia in grado di esprimere verbalmente i propri sentimenti, le tecniche del gioco in genere vengono abbandonate, per applicare anche ad essi i più efficaci metodi psicanalitici propri degli adulti. Comunque, la t. del g. è oggi largamente accettata, con varie modifiche, dai seguaci di Freud, Adler, Jung e Rogers. Pressoché tutte le correnti riconoscono infatti che, soprattutto per i bambini al di sotto dei cinque-sei anni, i giochi predisposti offrono l'occasione di esprimere se stessi con una sincerità e chiarezza che non sarebbe possibile ottenere rivolgendo loro domande dirette.