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Giamaica.

Stato (10.991 kmq; 2.560.000 ab.) dell'America centrale. È un'isola del Mare Caribico, a Sud di Cuba, nelle Grandi Antille. Capitale: Kingston. Città principali: Montego Bay, Spanish Town, May Pen, Mandeville. Ordinamento: è uno Stato indipendente nell'ambito del Commonwealth. Capo dello Stato è il sovrano del Regno Unito, rappresentato da un governatore generale. Il potere legislativo è affidato a un Parlamento bicamerale, il potere esecutivo è esercitato dal Consiglio dei ministri, alla cui testa vi è il primo ministro. La G. è membro dell'ONU. Moneta: dollaro giamaicano. Lingua ufficiale: inglese. Religione: protestante. La popolazione è formata da neri (discendenti dagli schiavi importati all'epoca della tratta) e meticci; sono presenti minoranze asiatiche ed europee.

GEOGRAFIA

Separata da Cuba da un braccio di mare largo 150 km e profondo 6.000 m, la G. è quasi interamente montuosa (a eccezione di strette pianure costiere nella zona meridionale dell'isola): è percorsa da una serie di rilievi calcarei, degradanti e coperti da una fitta foresta equatoriale. La massima altitudine è raggiunta nelle catena delle Blue Mountain (2.256 m), nel margine orientale dell'isola. Il clima è tropicale, caldo e umido.
Cartina della Giamaica

Montego Bay, in Giamaica

Un corso d'acqua all'interno della Giamaica


ECONOMIA

Tradizionale caposaldo dell'economia giamaicana è l'agricoltura, che occupa circa 1/3 della popolazione attiva. Al primo posto sono i prodotti della canna (zucchero e rhum); altre risorse agricole sono il tabacco, il caffè, il cacao, gli agrumi e le banane. La proprietà agricola è ancora in gran parte concentrata nelle mani di pochi grandi possidenti. La G. è uno dei primi produttori mondiali di bauxite, nonostante la produzione di tale risorsa abbia registrato un notevole calo negli anni Ottanta del secolo passato. Le industrie manifatturiere includono zuccherifici, distillerie e un grande impianto per l'estrazione dell'allumina. Sono inoltre presenti industrie chimiche e tessili, cementifici e una raffineria di petrolio. In espansione il settore del turismo.

STORIA

Scoperta da Colombo nel 1494, l'isola di G., in un primo tempo denominata Santiago, divenne una delle basi di partenza spagnole per la conquista dell'America. Successivamente il suo territorio venne diviso tra alcuni grandi latifondisti, che lo misero a coltura servendosi di schiavi africani. L'isola non conobbe pertanto una diffusa colonizzazione e nel 1655, quando venne occupata dagli Inglesi, risultava ancora scarsamente abitata. Successivamente, la sua popolazione andò aumentando sino a farne lo Stato al quale spetta il primato della densità demografica nei Caraibi. Il processo costituzionale verso l'indipendenza, iniziato nel 1944, sembrava destinato a evolvere nell'ambito della Federazione delle Indie Occidentali. L'opposizione di alcuni gruppi politici fece fallire il tentativo federativo e il 6 agosto 1962 la G. proclamò la propria indipendenza, rifiutando di legarsi alle più piccole e povere isole vicine. La nota dominante della vita politica del piccolo Stato fu sempre rappresentata dalle tensioni sociali e dagli scontri tra le varie fazioni. I più gravi problemi che assillarono l'isola sono tutti riconducibili all'esplosione demografica che annullò i pur non trascurabili progressi compiuti dal Paese soprattutto in campo industriale. Base principale dell'economia rimase l'agricoltura, oppressa dai tradizionali mali del latifondo e della monocoltura. Pur avendo predisposto un progetto di vasta riforma agraria, il Jamaica Labour Party, al potere sin dall'indipendenza, non riuscì mai a realizzarla per i gravi costi che essa comportava. Ciò contribuì ad aumentare la disoccupazione (circa il 25% della popolazione attiva), favorendo la vittoria del Partito nazionale del popolo (PNP), capeggiato da Michael Manley, nelle elezioni del febbraio 1972. Per quanto scarse fossero le differenze ideologiche tra i due partiti e benché in origine il Partito nazionale del popolo fosse il rappresentante delle classi medie e dei ceti urbani, esso si presentò in seguito su una piattaforma più avanzata rispetto a quello laburista, al quale rimproverò sempre di aver consegnato al capitale statunitense le maggiori fonti di ricchezza del Paese. Sotto la spinta dei gruppi di intellettuali, presenti nel partito, il nuovo Governo, pur senza assumere una linea troppo radicale, adottò una politica di nazionalizzazione e di avvicinamento ai Paesi del Terzo Mondo. Diventata sempre più dipendente dagli Stati Uniti, per tutti gli anni Settanta la G. perseguì inutilmente il tentativo di creare un "socialismo democratico". Fallito, questo sistema politico lasciò il posto al Governo di Edward Seaga, inspirato a un laburismo di stampo liberale. L'obiettivo primo fu quello di arginare la crisi economica che, seppure in modo meno drammatico che negli Stati vicini, indubbiamente creò gravi problemi nel Paese. Gli aiuti americani si fecero sempre più consistenti, stimolando i due "poli" dell'economia giamaicana: il turismo e l'esportazione di bauxite. Quindi la G., fedele alleato degli Stati Uniti, si prestò volentieri a fornire un appoggio alle truppe americane quando si trattò di liberare dall'influenza sovietica l'isola caraibica di Grenada (autunno 1983). Negli anni seguenti la storia politica della G. si svolse all'insegna del decisionismo di Seaga, del pieno recupero della prassi liberistica e del perfetto allineamento alla politica dell'amministrazione Reagan. Già all'indomani della sua elezione e della rottura delle relazioni diplomatiche con Cuba, l'economia giamaicana fu sorretta da un flusso di oltre un miliardo di dollari, l'aiuto più alto mai fornito dagli Stati Uniti a un Paese alleato. Tuttavia la situazione economica e sociale della G. non migliorò di molto, nonostante alcune importanti decisioni prese dal primo ministro per agevolare lo sviluppo economico. Il 25 novembre del 1983 Seaga decise, a sorpresa, di sciogliere il Parlamento e di far andare il Paese alle urne: la scelta fu motivata dalla consapevolezza che l'introduzione delle misure restrittive imposte dal FMI per contenere il disavanzo ed evitare la bancarotta avrebbe portato all'opposizione un consistente numero di voti popolari. Denunciando la violazione di precedenti accordi (elezioni solo dopo la revisione delle liste elettorali) e la volontà di Seaga di attuare un vero e proprio "golpe costituzionale" l'opposizione, raccolta intorno al Partito nazionale popolare di Manley, decise di non partecipare alle elezioni e di creare un'organizzazione di opposizione, una sorta di contropotere denominato Foro Popolare, che nei mesi successivi non trovò, tuttavia, sbocchi particolarmente significativi. L'accrescersi delle difficoltà economiche e il timore di un'opposizione sempre più impotente e quindi presumibilmente esasperata, tra il 1984 e il 1985, spinse il Governo di Kingston ad attenuare la deregulation e a reintrodurre, a dispetto delle imposizioni del FMI, misure di intervento statale di tipo assistenziale, che non portarono, tuttavia, benefici economici. Il primo ministro fu costretto ad affrontare una grave crisi nel 1986, quando gran parte della popolazione si riversò nelle strade per protestare contro il regime di austerità e la mancanza di posti di lavoro. Seaga superò a stento la prova e portò avanti la sua dura politica di riassetto economico, che nel 1987 diede qualche frutto, soprattutto grazie al notevole incremento dell'attività turistica. Nel 1988, tuttavia, anche in quest'ultimo settore si ebbe una brusca inversione di tendenza a causa delle devastazioni provocate dall'uragano Gilbert. Le conseguenze economiche dell'uragano furono tali da rendere necessario l'intervento finanziario degli Stati Uniti e del FMI che offrirono alla G. sostanziosi prestiti. Agli inizi degli anni Novanta la voce più attiva del bilancio giamaicano risultò essere quella legata al traffico e alla coltivazione illegale di marijuana, intorno al quale si creò un mercato di oltre 750 milioni di dollari, il cui sbocco principale furono gli Stati Uniti. I gravi problemi economici minarono il già fragile potere del Governo guidato da Seaga, sconfitto alle elezioni del 1989. Il nuovo Governo, guidato da Michael Manley, esponente del Partito nazionale popolare, mantenne sostanzialmente invariati i punti del programma riguardanti l'austerità economica e la politica di privatizzazione iniziata da Seaga. Manley ribadì l'alleanza con gli Stati Uniti, pur esprimendo delle critiche all'intervento dei Marines a Panama, e cercò di riallacciare i rapporti diplomatici con Cuba. Le elezioni municipali del 1990 confermarono il consenso popolare al partito di Governo. Nel 1992 Manley rinunciò alla carica di primo ministro; al suo posto fu eletto Percival Petterson. Confermato nell'incarico di Governo dalle elezioni del 1993, vinte a larga maggioranza dal PNP, Patterson si impegnò a portare avanti la politica iniziata dal suo predecessore attuando riforme economiche neo-liberali e dando il via ad una deregulation in campo economico riguardante anche il settore dei cambi valutari. Le altre iniziative economiche del Governo furono rivolte all'incremento delle esportazioni, alla privatizzazione dell'industria dello zucchero e all'ulteriore riavvicinamento commerciale a Cuba. La ripresa dell'afflusso di stranieri consentì di puntare sul settore turistico per incrementare le entrate dello Stato: nel 1993 il Governo aumentò le tasse su alberghi e ristoranti e il visto d'ingresso pagato dai turisti. In campo politico, nel 1995 si registrò un forte contrasto tra il partito di Governo e l'opposizione guidata dall'ex primo ministro Seaga, che ostacolò l'avvio della legge di riforma elettorale e portò conseguentemente al rinvio delle elezioni. Con le consultazioni del 1998, il PNP si riconfermò alla guida del Paese. Negli anni successivi il costante aumento dei prezzi del carburante scatenò continui disordini: nel luglio 2001, solo grazie all'intervento militare venne ristabilito l'ordine pubblico a Kingston, dove tre giorni di protesta provocarono la morte di 27 persone. Nel gennaio 2002 il Governo comunicò che nel corso del 2001 le persone assassinate sull'isola erano state più di 1.100 (dato che salì a 1.600 per l'anno 2005, denunciando una situazione estremamente difficile sul piano legale e sociale). Nell'ottobre 2002 le elezioni legislative riconfermarono il PNP quale forza principale del Paese (35 i seggi vinti contro i 25 del rivale Partito laburista di Edward Seaga) e Patterson ottenne il suo terzo mandato consecutivo quale primo ministro. Nel 2004 l'isola fu colpita in pieno dall'uragano Ivan, che distrusse migliaia di abitazioni. Nel settembre 2005 Patterson annunciò che a breve avrebbe lasciato il Governo, proprio mentre le forze di opposizione organizzarono una giornata di protesta contro l'incremento dei prezzi nel Paese. Nel febbraio 2006 alla guida del PNP fu eletta Portia Simpson Miller, la quale, nel marzo successivo, avrebbe altresì sostituito Patterson nella carica di primo ministro, divenendo la prima donna alla guida del Governo giamaicano. Al momento del suo insediamento indicò come priorità assolute l'avanzamento dei diritti umani e la lotta al crimine dilagante.