Nome di due re d'Inghilterra. ║
G. I: re d'Inghilterra e d'Irlanda
e, col nome di G. VI, di Scozia. Figlio della regina di Scozia, Maria Stuarda, e
di lord Henry Darnley, quando la madre fu costretta ad abdicare, a un anno dalla
sua nascita, fu incoronato re di Scozia (29 luglio 1567) col nome di
G.
VI. A partire dal 1585, raggiunta la maggiore età, poté
assumere direttamente il governo della Scozia, appoggiandosi alla regina
d'Inghilterra, Elisabetta, per stroncare l'opposizione della turbolenta
nobiltà scozzese. Temperamento debole, accorto e sfuggente, evitò
di intervenire in favore della madre quando questa fu condannata a morte (1587),
e la sua fedeltà alla corona inglese gli consentì nel 1603 di
succedere alla regina Elisabetta sul trono d'Inghilterra e d'Irlanda. Prima
della morte di Elisabetta, nonostante la differenza di vedute tra calvinisti e
anglicani, non vi era stata una seria minaccia alla pace interna e all'ordine
del regno, dato che i calvinisti inglesi non avevano adottato la filosofia
antirealista che caratterizzava invece quelli francesi e scozzesi, nè gli
anglicani avevano fatto propria la dottrina del diritto irrevocabile del re. La
situazione cambiò dopo la successione al trono di
G. la cui
politica contraddittoria scontentò sia i cattolici, che inizialmente
avevano visto in lui un loro alfiere, sia i protestanti, provocando inoltre la
scissione della Chiesa anglicana in
High Church e
Low Church.
Tutto ciò creò una situazione che favorì, dopo la sua morte
e la successione al trono di suo figlio Carlo I, lo scoppio della guerra civile.
Piuttosto importante è il posto occupato da
G. nella storia delle
dottrine politiche. Infatti a lui si deve l'enunciazione più completa
della teoria sul diritto divino dei re, derivata, oltre che dalla lettura dei
testi francesi che trattavano di questo argomento, dall'esperienza diretta della
sua famiglia, ed esposta nell'opera
La vera legge delle libere monarchie
(1598). Per "libera monarchia" egli intendeva il governo regio indipendente
tanto da interventi stranieri, quanto da interferenze da parte della
nobiltà feudale. L'essenza della monarchia consiste nel suo potere
supremo su tutti i suoi sudditi, poiché i re "sono i luogotenenti di Dio
in terra." Applicando la propria teoria al regno di Scozia,
G. affermava
che i re esistevano prima che esistessero gli Stati e le classi, e prima che
fossero fatte le leggi. Stabilito che il diritto del re passa in eredità
ai suoi discendenti,
G. affermava che è sempre illegale spodestare
un erede legittimo e, sulla base di questo principio, intendeva affermare il
proprio diritto, strettamente ereditario, al trono di Scozia e a quello di
Inghilterra. Egli riconosceva che in tutte le questioni ordinarie un re dovrebbe
avere, verso le leggi vigenti, lo stesso rispetto che pretende dai suoi sudditi,
ma questo solo per una forma di sottomissione volontaria. Inoltre ammise sempre
di dovere rispondere delle proprie azioni, affermando però che questo
doveva avvenire solo davanti a Dio e non davanti ai sudditi (Edimburgo 1566 -
Theobalds Park, Hertfordshire 1625). ║
G. II: re d'Inghilterra e
d'Irlanda e, col nome di
G. VII, di Scozia. Figlio di Carlo I e di
Enrichetta Maria di Francia, salì al trono nel 1685, alla morte del
fratello Carlo II. Scarsa era stata la sua influenza durante il periodo della
guerra civile e anche dopo la restaurazione (1660) quando aveva assunto il
titolo di duca di York. In seguito alla sua conversione ufficiale al
Cattolicesimo, nel 1672, aveva dovuto dimettersi da tutti gli incarichi. Quando
si prospettò la possibilità di una successione cattolica, si
riaprì la questione del diritto ereditario dei re, in contrapposizione al
diritto del Parlamento. Per quanto le pretese ereditarie di
G. fossero
legittime e conformi ai principi realisti, la sua successione, vista come
minaccia per il protestantesimo, sollevò serie preoccupazioni nella
maggior parte degli inglesi. Salito al trono, egli tentò di attuare la
restaurazione del Cattolicesimo, ma le sue iniziative scossero fortemente
l'opinione pubblica, dato che la maggioranza degli inglesi era fermamente decisa
a conservare il Protestantesimo. Con la rivoluzione incruenta del 1688, si
compiva l'ultimo atto del dramma della politica inglese del XVII sec.
G.
si rifugiava in Francia e con la sua deposizione la Casa Stuart lasciava
definitivamente il trono d'Inghilterra (Londra 1633 - Saint-Germain-en-Laye
1701).