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Gandhi, Mohandas Karamchand.

(detto il Mahatma) (Grande Anima o Grande Maestro). Capo del movimento per la libertà e l'indipendenza dell'India. Appartenente a un'aristocratica famiglia indù, studiò dapprima in India, all'università di Ahmedabad, poi a Londra dove conseguì la laurea in Legge. Dominato da una profonda fede religiosa, durante il suo soggiorno in Inghilterra si accostò con fervore a quegli aspetti della cultura occidentale e del Cristianesimo che maggiormente si accordavano con la sua ansia di pervenire alla "verità". Ritornato in India nel 1891, si dedicò alla professione di avvocato. Una visita nel 1893 nel Sudafrica gli fece conoscere le misere condizioni in cui vivevano gli Indiani emigrati, inducendolo a fermarsi e a dedicarsi totalmente alla difesa e all'elevazione sociale e morale della popolazione indiana residente. Nei vent'anni (1893-1914) durante i quali esercitò l'avvocatura e svolse attività politica in Sudafrica, in G. andò sviluppandosi la dottrina della non-violenza e della resistenza passiva, non solo in ubbidienza alla concezione religiosa indù, ma con la piena consapevolezza della grande forza insita nel dissenso organizzato di massa, capace di rendere inefficaci le consuete armi della repressione, attraverso strumenti quali la disubbidienza civile e il biocottaggio economico. Caposaldi della sua dottrina divennero il satyagraha (resistenza passiva) e l'ahimsa (non-violenza). Abbandonò le abitudini di vita occidentali acquisite durante il soggiorno inglese e abbracciò una vita ascetica, basata sulla religione indù, arricchita da spunti tratti dalla lettura di libri sacri di altre religioni, in particolare di quella cristiana. Ritornato in India nel 1915, divenne il capo riconosciuto del movimento politico e morale d'indipendenza. Dopo un periodo dedicato alla pratica del più severo ascetismo, orientò la propria azione in senso più propriamente politico, assumendo la presidenza del Congresso Nazionale, la maggiore organizzazione politica dell'India. Egli si fece assertore di una lotta per l'indipendenza dal dominio coloniale, graduale e pacifica, e ai metodi repressivi delle autorità britanniche oppose quelli della "resistenza attiva non-violenta" basati sull'infrazione dimostrativa, di massa, delle leggi inglesi ritenute ingiuste (il primo moto di disobbedienza civile si ebbe nel 1921). Questa sua azione gli costò vari arresti e condanne, ma grazie al grande prestigio morale e politico di cui godeva, valendosi tra l'altro dell'arma di prolungati digiuni volontari (sciopero della fame), riuscì spesso a imporre la sua volontà alle autorità inglesi. L'atteggiamento di G. non fu mai rigido: all'aperta battaglia politica e alla tattica della disobbedienza civile, egli alternò la pratica dell'accordo, e durante i periodi di tregua con le autorità britanniche si dedicò al proselitismo delle masse, intraprendendo lunghi pellegrinaggi e battendosi soprattutto per la soluzione dei problemi dei paria, gli intoccabili. Andava predicando la tolleranza sociale e religiosa e proponeva la revisione degli aspetti deteriori dell'induismo, basato sulla divisione e discriminazione sociale delle caste. Egli infatti credeva con fervore nell'induismo, la religione del suo popolo, ma senza la pedanteria del dotto e senza l'accettazione acritica di chi accetta ciecamente ogni tradizione e imposizione. Durante la seconda guerra mondiale, pur mantenendo fermo l'obiettivo dell'indipendenza, mantenne un atteggiamento leale e solidale con l'Inghilterra, ma ciò non gli risparmiò l'arresto e l'incarcerazione per due anni (1942-44). Negli anni seguenti ebbe una parte di primo piano nelle trattative che dovevano condurre all'indipendenza dell'India nel 1948. Quando si presentò il problema più difficile, non più quello dell'indipendenza, ma della lacerazione del Paese tra indù e musulmani, G., dopo avere, sia pure a malincuore, consentito alla spartizione del Paese in due Stati, India e Pakistan, si impegnò nel difficile tentativo di sanare la frattura tra indù e musulmani. Questa sua fervida opera di conciliazione gli costò la vita. Egli infatti rimase vittima il 30 gennaio 1948 a Nuova Delhi di un fanatico indù, ostile alla pacificazione religiosa e alla spartizione del territorio. Personalità molto complessa, G. associò al fervido desiderio di rinnovamento e di libertà, frutto di un grande rispetto per la personalità umana, un atteggiamento sostanzialmente tradizionalista, soprattutto nei confronti dello sviluppo economico che egli avrebbe voluto sottrarre all'organizzazione capitalistico-industriale, e imperniare invece sul rilancio dell'artigianato locale e sull'agricoltura (Porbandar, Kathiawar 1869 - Nuova Delhi 1948).
Il Mahatma Gandhi