Commediografo italiano. Seguì le compagnie per le quali scriveva, e
spesso le diresse; suoi allievi possono considerarsi alcuni importanti attori,
fra cui il grande Ferruccio Benini. Scrisse per lo più in veneziano,
tenendo sempre fisso l'occhio al Goldoni. Fra le opere:
Le barufe in
famegia (1872);
Zente refada (1875);
Telèri veci
(1877);
I oci del cuor (1879);
La mama no more mai (1880) e
La
base de tuto (1894), nelle quali è la figura diventata proverbiale
del nobiluomo Vidal;
La famegia del santolo (1892), il suo capolavoro
(Venezia 1852-1897).