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Galli, Gino.

Pittore italiano. Si preparò all'Accademia di Brera avendo per maestro il Sabatelli. Divenne presto un assiduo frequentatore della Pinacoteca, dove poté studiare le opere di Raffaello, di Rubens, di Van Dyck, traendone maggiori insegnamenti che dalle esercitazioni accademiche eseguite sui calchi delle antiche sculture greche e romane. Dopo i moti d'indipendenza, divenuto il regime austriaco particolarmente intollerante, il giovane G. preferì abbandonare la capitale lombarda, per trasferirsi a Roma. Prese parte nel 1849 all'assedio di Roma e dopo il combattimento volle ritrarre gli aspetti più interessanti del campo di battaglia e dei luoghi adiacenti. Di questo periodo giovanile purtroppo non rimangono tracce: anche queste realizzazioni sull'assedio di Roma sono andate perdute. Ci rimangono comunque i disegni, che mostrano ampi riflessi di tutta l'arte lombarda del periodo napoleonico. Particolarmente notevole, tra queste realizzazioni giovanili, il Maestro Bussola che ritrae una figura di vagabondo. Da Roma volle spostarsi a Napoli, dedicandosi ai grandi soggetti religiosi. In questo periodo introdusse una tecnica particolare, con la quale otteneva degli effetti sfumati, in cui le tinte si fondevano completamente, secondo il suo gusto: a tal fine G. bagnava completamente la tela in modo che l'umido assorbisse completamente il primo strato di colore. Tra i suoi soggetti preferiti c'erano gli animali, che egli ritraeva in continuazione, schizzandoli rapidamente per strada. Dopo il soggiorno napoletano, passò a Venezia, dove eseguì il ritratto al Duca Bevilacqua. Tra il 1850 e il 1860 fu anche a Parigi parecchie volte. Le sue attenzioni comunque erano rivolte soprattutto all'Inghilterra, ove soggiornò per lungo tempo. Tra i numerosi quadri dipinti in Inghilterra il più notevole è senza dubbio La nascita di Venere, conservato attualmente alla Galleria di Arte Moderna in Roma assieme a molte altre opere del medesimo periodo. Quando ritornò a Roma, che considerò sempre la sua seconda città, era un artista ormai famoso. Gli venne commissionato l'affresco del soffitto dell'Associazione Artisti in Via Margutta; e nel 1882 eseguì le lunette dell'allora Galleria Margherita. A questo proposito si racconta che al momento del pagamento a lavoro compiuto, i soldi fossero talmente pochi rispetto a quelli precedentemente pattuiti che il G. si irritò al punto di picchiare un pesante attrezzo da lavoro sulla testa di chi era stato incaricato di consegnargli la somma. Per tale atto fu denunciato e costretto a pagare una cifra superiore di quella che avrebbe dovuto percepire. Ma questo non è il solo degli aneddoti curiosi circa il carattere eccentrico, irascibile, imprevedibile di G. Dotato di vivacissima immaginazione, si dedicò per lungo tempo alla costruzione di una speciale macchina, che chiamò "pungigallo" con la quale, secondo le sue spiegazioni, si sarebbe potuto moltiplicare la forza combattiva dei soldati in battaglia. Inoltre teorizzò alcuni sistemi per raggiungere la pace universale e escogitò una serie di stranezze che comunque appaiono piuttosto incongruenti con la sua produzione artistica. Negli ultimi anni di vita amava passare il tempo ai tavolini del Caffè Greco, discutendo animatamente con gli artisti e i letterati che vi si riunivano. Morì nel 1900, poverissimo. Nel 1912 la Biennale di Roma gli dedicò un'ampia retrospettiva. Della sua produzione citiamo ancora Studio e Danzatrice turca entrambi conservati nella Galleria di Arte Moderna di Milano (Milano 1820 - Roma 1900).