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Galiani, Ferdinando.

(noto come l'abate Galiani). Economista e letterato italiano. Studiò a Napoli sotto la guida dello zio, monsignor Celestino. Ingegno precoce, a sedici anni già scriveva dissertazioni su argomenti economici, politici, archeologici. Nel 1750, a soli ventidue anni, pubblicò il famoso trattato Della moneta. In esso affrontava il problema del valore e della circolazione della moneta, anticipando molti argomenti trattati dagli economisti nel secolo successivo. Egli definì chiaramente il termine "valore" come un rapporto di equivalenza soggettiva tra la quantità di una merce e quella di un'altra merce, affermando che tale valore dipende dall'"utilità e rarità" della merce stessa, sviluppando poi concetti tuttora validi. Con il concetto di "scarsità relativa" s'avvicina molto a quello moderno di "utilità marginale", preannunciando sviluppi che si sarebbero svolti molto più tardi. Anticipò inoltre la teoria del valore, elaborata da Ricardo e Marx, indicando la "fatica" come quantità di lavoro necessario ed essenziale, insieme alla "rarità", per stabilire il valore di una merce. Nel 1754 pubblicò il trattato Sulla perfetta conservazione del grano. Nel decennio 1759-69 fu segretario dell'ambasciata napoletana a Parigi, dove frequentò i più noti salotti mondani e conobbe i migliori ingegni francesi del tempo, tra cui gli Enciclopedisti: d'Alembert, Diderot, Voltaire, Grimm. Ritornato a Napoli ricoprì vari altri incarichi pubblici e avviò con gli amici che aveva lasciato a Parigi una corrispondenza che è considerata il suo capolavoro. J. A. Schumpeter, nella sua Storia dell'analisi economica lo definisce una delle menti più capaci che mai si siano dedicate alla ricerca economica. Egli fu l'unico economista del Settecento a insistere sulla "variabilità dell'uomo e sulla relatività, rispetto al tempo e al luogo, di tutte le politiche". I suoi famosi otto Dialogues sur le commerce des bleds (1770), rappresentano un vero e proprio capolavoro e in essi egli manifestò il proprio disprezzo per tutti i dottrinari politici, compresi i "fisiocratici", incapaci di calarsi nelle situazioni reali e di analizzare i fenomeni nella loro concretezza. Tra le altre sue opere: Delle lodi di Benedetto XIV (1758); Commentari o pensieri su Orazio (1765); Del dialetto napoletano (1779) (Chieti 1728 - Napoli 1787).