Termine anglosassone: jazz libero. Secondo i critici assume il più
elegante significato di jazz informale. Le prime avvisaglie del
f.j.
risalgono al 1959 circa quando alcuni solisti di grande valore come Miles Davis,
Sonny Rollins e John Coltrane cominciarono a "forzare" alcuni canoni basilari
dell'opera-jazz com'era stata fino allora concepita; e cioè come
improvvisazione, e quindi come variazione su un tema di base, secondo lo schema
abituale "ritornello-inciso-ritornello" che presentava sicuri punti cardinali di
riferimento prefigurati; su di essi veniva imperniato il discorso del solista e
l'ordito dell'orchestra. Questo schema poteva essere seguito grazie all'uso dei
dischi a 78 giri che consentivano una durata massima di ciascun pezzo compresa
fra i tre e i 5 minuti; con l'avvento del microsolco questa esigenza non aveva
più ragione di essere poiché la durata del pezzo poteva essere
allungata anche fino a 20 minuti o mezz'ora. Questa constatazione permise ai
solisti sunnominati di disancorarsi dal sistema tonale al quale il jazz era
rimasto fedele per oltre un cinquantennio e che quindi non offriva più
niente di nuovo, d'inesplorato. Nacque così il
f.j. che fece
scomparire i "punti obbligati" e permise di allargare lo spazio concesso
all'improvvisazione. Poi Ornette Coleman, il saxofonista, discepolo ed erede del
messaggio umano lanciato da Charlie Parker, convinto che rapportando a una
determinata nota un accordo convenzionale venisse limitata la scelta della nota
seguente, abbandonò ogni riferimento ai nuclei tonali - avvicinandosi in
tal modo alla musica dotta - in modo che l'assolo potesse muoversi in ogni
direzione senza più essere costretto da alcun vincolo. Perciò il
f.j. fu inizialmente chiamato anche
new thing, la cosa nuova,
perché effettivamente esso portava ad una totale rivoluzione del modo di
fare il jazz. Spingendosi poi al di là della ricerca musicale, molti
grandi personaggi del jazz si avviarono verso una componente protestataria e
razziale che, oggi, caratterizza ancora il
f.j. che è diventato un
simbolo per la contestazione delle discriminazioni razziali, specialmente fra i
jazzmen di colore. Anche i titoli delle opere jazzistiche diventano
spesso significativi; citiamo
Freedom Suite (S. Rollins, M. Roach, O.
Pettiford) e
Freedom now (libertà subito).