Figlio del ricco mercante di panni Pietro di Bernardone e di madonna Pica,
originaria della Provenza. Venne battezzato col nome di Giovanni, ma il padre, a
ricordo della nascita francese della moglie, volle chiamarlo Francesco. Il
giovane ricevette una discreta educazione, apprendendo un po' di latino e di
francese ed imparando anche a scrivere, seppure mediocremente; partecipe delle
avventure e svaghi giovanili degli altri coetanei della sua condizione, fu
gaudente e scialacquatore. Abbracciate le armi per difendere la sua città
dalle mire di Perugia, nel 1204 fu fatto prigioniero ed iniziò
così quel periodo di riflessione e di crisi spirituale che lo
porterà nel 1206, dopo essere stato rimesso in libertà ed aver
cercato di intraprendere nuovamente la carriera militare, alla definitiva
conversione. Allontanatosi dall'ambiente familiare, ruppe ogni rapporto con il
padre sino a giungere nel 1207 alla pubblica rinuncia dell'eredità e di
ogni bene paterno: da allora iniziò la sua nuova vita religiosa, che,
incentrata soprattutto sulla meditazione solitaria, non tralascerà
d'altra parte di condurre un'incessante opera di proselitismo. Assieme ai primi
seguaci decise di costituire una comunità fondata sul principio
evangelico della predicazione del Verbo in assoluta povertà; da papa
Innocenzo III ottenne l'approvazione ufficiale della Chiesa al suo operato: nel
1212 concesse l'abito dell'ordine a Santa Chiara. Si convinse della
necessità di evangelizzare altri popoli, ma solo nel 1219 riuscì a
raggiungere il sultano al-Malik al Kamil, che, pur non accettando di
convertirsi, lo accolse assai benevolmente, concedendogli la facoltà di
recarsi in Terrasanta: ma ben presto,
F. d'A. fu costretto a tornare in
Italia, poiché all'interno del suo Ordine, ormai assai accresciuto da
uomini che per di più provenivano da condizioni sociali diversissime, si
profilavano ed erano anche già in atto dissidi e lotte violente riguardo
all'interpretazione del messaggio evangelico. La Curia Romana decise di
disciplinare il movimento ponendolo sotto il controllo della propria gerarchia:
F. d'A. accettò tale soluzione, ma si rifiutò di far
proprie alcune delle regole tradizionali. Dopo il fallimento di due tentativi
riuscì a conciliare i principi irrinunciabili del suo Ordine con le
esigenze della curia, nella
Regola che fu approvata da Onorio III nel
1223. Gli ultimi anni di vita del santo trascorsero tra sofferenze, amarezze e
mirabili esperienze mistiche: minato da varie malattie e divenuto cieco, nel
1224, durante una delle sue abituali meditazioni sul colle della Verna,
ricevette le stimmate: recatosi poi nella valle di Rieti, si recò a
morire alla Porziuncola, congedandosi dai suoi frati con un testamento che volle
fosse divulgato in appendice alla
Regola, e che, come quella, non fosse
in nulla mutato con chiose od interpretazioni di sorta. Oltre agli scritti
direttamente inerenti all'organizzazione del suo Ordine,
F. d'A. fu
autore di varie
Admonitiones ai seguaci, di una preghiera alla Vergine,
delle
Laudes de virtutibus e delle
Laudes Dei. Gli
Opuscola
hanno carattere di saggia riflessione morale volta non solo ad ammaestrare e
persuadere, ma anche a capire e consolare;
Il Cantico di frate sole
ovvero
Laudes Creaturarum, composto in volgare nel 1224, è
senz'altro il componimento più famoso e popolare del santo ed anche il
più paradigmatico di tutta la sua azione di fede sia in campo storico che
in quello umano e religioso (Assisi 1181-1226).