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Ford, Henry.

Industriale statunitense. Nato in una famiglia di contadini, dopo aver lavorato per qualche tempo come operaio in officine meccaniche, si mise in proprio e nel 1892 cominciò a costruire automobili a benzina. Nel 1899 fondò la Detroit Automobile Company da cui si distaccò per dedicarsi alla costruzione di una nuova vettura, la 999, a quattro cilindri, che ottenne grande successo nelle gare automobilistiche. Nel 1903 fondò la Ford Motor Company, destinata a diventare la più grande fabbrica di automobili del mondo. Sin dall'inizio della sua attività, si era prefissato di realizzare un'automobile pratica, economica, destinata a una produzione di massa e, nel 1909, immise sul mercato il famoso modello T. Nel 1908 lasciò la presidenza della società al figlio Edsel (1893-1943), riassumendola alla morte di questi. Anche negli anni in cui ufficialmente non figurava come presidente della società, egli rimase il capo riconosciuto dell'azienda e di tutta l'industria automobilistica. Nel 1927 compì il gesto clamoroso di chiudere le fabbriche, cambiando tutti i macchinari e lanciando sul mercato un nuovo modello (il modello A) per soddisfare la domanda di un'automobile più elaborata e lussuosa, presentata con una campagna pubblicitaria sensazionale per quei tempi. Successivamente aprì nuovi stabilimenti, dedicandosi anche a produzioni collaterali (pneumatici, trattori, ecc.). Nel corso della seconda guerra mondiale, l'azienda si orientò quasi esclusivamente sulla produzione bellica: jeep, carri armati, aerei, ecc. Nel 1945 lasciò la presidenza al nipote Henry Ford Junior (1917-1987). In alcuni libri espose le proprie idee sulla soluzione dei maggiori problemi sociali: My Life and Work (1922): Today and Tomorrow (1926); Phylosophy of Labour (1929). All'inizio degli anni Settanta, la Ford Motor Company contava su un totale di oltre quattrocentomila dipendenti e su un fatturato di 11.000 milioni di dollari (Greenfield, Michigan 1863 - Dearbon 1947).