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Ferro.

Elemento chimico con simbolo Fe, peso atomico 55,847, numero atomico 26, densità 7,86 g/cm3, punto di fusione 1.536 °C, punto di ebollizione 3.000 °C. Se ne conoscono quattro isotopi stabili: isotopo 56Fe 91,63%, isotopo 54Fe 5,81%, isotopo 57Fe 2,21%, isotopo 58Fe 0,34%. Il f. rappresenta il 5% della crosta terrestre ed è il 4° in ordine di abbondanza fra tutti gli elementi; è praticamente presente in tutte le rocce e i suoi minerali più importanti sono l'ematite Fe2O3, la magnetite Fe3O4, la gothite FeO(OH) e le limoniti, ossidi idrati di composizione variabile vicina a Fe2O3 · 1,5 H2O. La pirite e la marcassite sono più considerati minerali di zolfo che minerali di f. I più antichi giacimenti italiani sono quelli dell'Isola d'Elba che possiedono ancora notevoli quantità di minerali di ottima qualità. La Francia possiede in Lorena i più abbondanti giacimenti dell'Europa occidentale costituiti da una limonite molto ricca di fosforo; importanti sono anche i giacimenti del bacino della Ruhr e dell'alta Slesia. I più grossi produttori di f. sono oggi gli USA che posseggono ricchissimi giacimenti in varie parti del loro territorio: i giacimenti del Lago Superiore rappresentano i 3/4 della produzione totale degli USA. Il f. è spesso presente nelle acque minerali, quelle ferruginose ne contengono in media 10÷30 mg/l, di solito come bicarbonato ferroso ma talvolta anche come solfato. Elemento indispensabile alla vita animale e vegetale, il f. é un costituente inorganico dell'emoglobina del sangue che lo contiene nella misura dello 0,006 per cento. Il f. è un metallo di transizione e può dar luogo a due cationi (Fe++) e (Fe+++) di paragonabile stabilità; il potenzionale di ossidoriduzione della coppia Fe+++/Fe++ è pari a 0,77 Volt e non varia con l'acidità in soluzione acida; quando la concentrazione degli ioni OH- in soluzione è tale da far precipitare l'idrossido Fe(OH)3, il potenziale viene a dipendere dalle specie ioniche presenti secondo la relazione:

E = 0,77 + 0,059 lg Ferricir00.png

Sono conosciuti composti, ferrati, in cui il f. compare con la valenza 6+. Raramente il f. metallico è prodotto puro; il f. più puro in commercio è quello elettrolitico, adatto per la costruzione di nuclei di magneti e di dinamo, benché oggi sia sostituito da f. ridotto con silicio. Il f. presenta tre stati allotropici: la modificazione δ che è stabile sopra i 1.401 °C, temperatura alla quale inizia la trasformazione in f. γ stabile fino a 906 °C; al di sotto di questa temperatura è stabile il f. α. Il f. α può sciogliere il carbonio fino ad una percentuale dello 0,02%, mentre il f. γ può sciogliere il carbonio fino ad una percentuale dell'1,7%. Questa diversità di comportamento può essere spiegata se si esaminano le strutture cristalline delle due modificazioni allotropiche. Nel f. γ, cubico a facce centrate, spigolo pari a 3,56 Å, il carbonio s'inserisce nel punto di mezzo degli spigoli della cella elementare, provocando una dilatazione del reticolo di 0,07 Å. Nel f. α, cubico a corpo centrato di spigolo pari a 2,86 Å, si hanno maggiori difficoltà d'inserimento, con una maggior dilatazione della cella, per cui la formazione della soluzione solida avviene in forma più limitata che nel caso precedente. Considerazioni analoghe a quelle fatte per il f. α possono essere fatte per la modificazione δ che presenta una struttura cubica a corpo centrato e scioglie il carbonio in misura trascurabile. In passato si riteneva esistesse un'altra modificazione β stabile fra 768 °C e 906 °C; in realtà si è osservato fra queste temperature una notevole variazione delle proprietà magnetiche del f. α ma il f. β, come ancora oggi viene chiamato, non ha una struttura cristallina diversa dal f. α. Il f. γ è debolmente paramagnetico e segue la legge

Ferricir01.png

dove I è l'intensità di magnetizzazione ed H è l'intensità del campo. Il f. β è pure debolmente paramagnetico, e per esso vale la legge di Curie,

Ferricir02.png

il f. α è invece ferromagnetico e la permeabilità, che ha un valore assai più forte che nelle altre forme, non è costante. La magnetizzazione assunta dal f. dolce è temporanea, l'acciaio assume invece una magnetizzazione permanente. Il f. è inalterabile all'aria secca e non viene attaccato dall'acqua priva di acido carbonico. All'aria umida si copre di ruggine, carbonato ferrico basico idrato, che non forma uno strato aderente ma si sgretola cosicché la sua formazione può procedere indefinitamente. Se assolutamente puro il f. non arrugginisce; si scioglie facilmente in acido cloridrico e solforico diluiti con sviluppo di idrogeno. L'acido nitrico diluito scioglie il f. con sviluppo di NO, l'acido nitrico concentrato non attacca il f. per la formazione di uno strato passivante (V. PASSIVAZIONE). Il f. è molto resistente agli alcali fusi e in soluzione; solo in presenza di ossidanti molto energici viene trasformato in ferrato MeFeO4 dove Me è un metallo monovalente. Fra le leghe del f. quelle che hanno maggior importanza pratica sono le leghe col carbonio la cui composizione e struttura si può ricavare dallo studio del diagramma f.-carbonio. Il diagramma di equilibrio Fe-C non è completamente conosciuto; la parte che ha costituito l'oggetto di uno studio più approfondito è quella che comprende le leghe con contenuto di carbonio fino al 12%; tuttavia ai fini dell'applicazione pratica interessano solamente le leghe con un tenore di carbonio inferiore al 6,67%. Il primo tentativo di definire il diagramma f.-carbonio fu compiuto da Sir W. Robert Austen nel 1897; successivamente Roozeboom diede al diagramma la forma definitiva che conserva attualmente. Il f. si può trovare in equilibrio sia con carburo di f. Fe3C, cementite, sia con carbonio allo stato grafitico. La cementite è un composto che contiene il 6,67% di C e si forma secondo la reazione seguente: 3 Fe + C = Fe3C + 3.500 cal. È una reazione endotermica, e poiché è un equilibrio si deduce che la cementite è stabile solo alle alte temperature, certamente instabile nel campo di temperature che interessano i processi siderugici e i relativi trattamenti termici. Essendo, però, la velocità di decomposizione della cementite pressoché trascurabile a bassa temperatura, il diagramma più comunemente usato è il diagramma f.-cementite; sullo stesso diagramma è riportato anche il diagramma f.-grafite, stabile a temperatura ambiente. Sull'ordinata corrispondente al f. puro sono riportati i campi di esistenza degli stati allotropici prima descritti e i relativi punti critici: A2 corrispondente al passaggio della forma α alla forma smagnetizzata β, A3 (906 °C) corrispondente al passaggio da β a γ e A4 (1.403 °C) corrispondente al passaggio da γ a δ. Alla percentuale del 6,67% di carbonio corrisponde il composto chimico cementite che si decompone senza fondere a 1.100 °C in f. e carbonio grafitico. Sul diagramma sono individuabili due punti di invarianza C, 1.143 °C e 4,3% di carbonio, e S, 723 °C e 0,86% di carbonio. Nel punto C abbiamo la coesistenza di tre fasi: cementite, austenite e liquido; la cementite e l'austenite formano la ledeburite. Il punto C si chiama punto eutettico. Le stesse considerazioni si possono ripetere per la linea EF che è una linea d'invarianza e si chiama linea eutettica. Nel punto S abbiamo la coesistenza delle fasi ferrite, cementite e austenite; cementite e ferrite formano la perlite. Il punto S si chiama punto eutettoidico (eutettico tra fasi solide); le stesse considerazioni si potrebbero ripetere per la linea d'invarianza PK. Passiamo ora in rassegna i vari campi del diagramma e individuiamo per essi la struttura relativa; si trascurano il campo della soluzione del carbonio nel f. α e il campo del f. δ perché non hanno nessun interesse pratico. Facendo riferimento alla figura si ha: a) GNJES: soluzione solida del carbonio nel f. γ (austenite). b) GSP: campo a due fasi; soluzione solida del carbonio nel f. α (ferrite) e soluzione solida del carbonio nel f. γ. c) JBCE: campo a due fasi: soluzione solida del carbonio nel f. γ e fase liquida. d) CDF: campo a due fasi: cementite e fase liquida. La cementite che si separa direttamente dal liquido viene chiamata cementite primaria. e) SEE1: soluzione solida del carbonio nel f. γ e cementite che si separa dall'austenite per variazione di solubilità del carbonio nel f. γ. La cementite che si separa dall'austenite viene denominata cementite secondaria. f) RPSU: soluzione solida del carbonio nel f. α eutettoide, perlite e cementite che si separa dalla ferrite per variazione di solubilità del carbonio nel f. α. La cementite che si separa dalla ferrite si chiama cementite eutettoidica o terziaria. g) USE1 V: perlite, cementite secondaria e terziaria. h) ECC1 E1: austenite, ledeburite e cementite secondaria. i) VE1 C1 W: perlite, cementite secondaria e terziaria, ledeburite trasformata (perlite e cementite) e cementite eutettica. l) CFKC1: cementite primaria, ledeburite e cementite secondaria. m) WC1 KZ: cementite primaria, secondaria, eutettoidica, ledeburite trasformata e cementite eutettica. Esaminiamo ora, a titolo di esempio, la successione dei fenomeni che avvengono durante il raffreddamento di alcune leghe a diverso contenuto di carbonio. 1) Lega X1 con tenore di carbonio superiore al 4,3%. Partiamo dallo stato liquido: raffreddando tale lega, allorché la temperatura raggiunge il valore corrispondente al punto X1i si ha formazione, nel seno del liquido, del primo cristallo di cementite. Man mano che la temperatura si abbassa, si ha la formazione di altri cristalli di cementite mentre la composizione della fase liquida va spostandosi lungo la linea DC verso il punto C. Se il raffreddamento è condotto in modo abbastanza lento, il carburo di f. ancora in soluzione allo stato liquido ha tempo di diffondere verso i cristalli di cementite già formati che possono così crescere dando luogo a cristalli di notevoli dimensioni nella caratteristica forma di aghi rettilinei. Questi cristalli costituiscono la cementite primaria. In vicinanza della temperatura di 1.143 °C il sistema è costituito da cristalli di cementite e da liquido che ha praticamente la composizione del 4,3% di carbonio. A 1.143 °C si raggiunge la linea del solidus e la temperatura non varia, continuando a sottrarre calore, finché non scompare la fase liquida. Il liquido solidifica, quindi, formando cristalli di cementite e austenite all'1,7% di carbonio. L'aggregato di cristalli che si è formato costituisce la struttura chiamata ledeburite, struttura a grana fine, costituita cioè da numerosi e piccoli cristalli miscelati omogeneamente per essersi formati contemporaneamente in gran numero da una soluzione liquida prossima alla saturazione. Diminuendo la temperatura il carbonio si separa dall'austenite della ledeburite, in quanto varia con la temperatura la solubilità del carbonio nel f. γ, e va a formare la cementite. Tale diminuzione del carbonio nell'austenite prosegue fino alla temperatura di 723 °C, alla quale si raggiunge la concentrazione dello 0,86% di carbonio. È da notare che l'assorbimento del carbonio nel f. nel reticolo del f. γ influisce sulla temperatura critica alla quale avviene la trasformazione allotropica f. α f. γ: tale temperatura, che è di 910 °C per f. puro scende a 723 ° al variare della percentuale del carbonio fino a 0,86%. Raggiunta la temperatura di 723 °C avviene una trasformazione profonda nell'austenite in quanto la struttura del reticolo, contraendosi, passa da cubico a facce centrate a cubico a corpo centrato, e il carbonio viene espulso dai centri dei reticoli assumendo lo stato di cementite. Ha così inizio la formazione alternata di ferrite e cementite che danno origine a un nuovo costituente, formato di sottili strati alternati dei detti componenti. La struttura che si genera a questa temperatura presenta all'esame metallografico un aspetto perlaceo che è dovuto a fenomeni di diffrazione della luce, causati dalla struttura finemente stratificata: per questo motivo questa struttura è designata col nome di perlite. Anche la temperatura di 723 °C è una temperatura d'invarianza, e rimane costante, pur continuando a sottrarre calore, finché non scompare la fase austenite. Al diminuire della temperatura sotto i 723 °C la struttura della lega non varia più per cui possiamo concludere che a temperatura ambiente abbiamo una lega costituita da: cementite primaria, cementite eutettica, cementite eutettoide e ferrite eutettoide. La struttura indicata vale per qualsiasi ghisa ipereutettica, cioè con un contenuto di carbonio superiore al 4,3%. Se la lega di partenza ha contenuto di carbonio pari al 4,3% per raffreddamento si ha una ghisa eutettica; la sua composizione strutturale è ancora quella della ghisa ipereutettica con la sola scomparsa della cementite primaria. 2) Lega X2 con contenuto di carbonio compreso tra 1,7% e 4,3%. Si parte sempre dalla fase liquida; raggiunto il punto X12 inizia la separazione di cristalli misti, soluzione solida del carbonio nel f. γ, la cui composizione varia, al diminuire della temperatura, secondo la linea JE verso E; la composizione del liquido si sposta lungo la linea BC verso C. Tale meccanismo di solidificazione è necessariamente accompagnato da una continua modificazione della composizione di equilibrio dei cristalli misti che si formano. Varia quindi, al diminuire della temperatura, anche la concentrazione dei cristalli formatisi. È evidente che con un così complesso meccanismo di solidificazione sarà possibile ottenere la struttura corrispondente all'equilibrio solo mediante un raffreddamento lentissimo; in pratica e pressoché impossibile evitare differenze di concentrazione, talora notevolissime, fra le prime e le ultime porzioni solidificate: queste differenze prendono il nome di "liquazioni". Proseguendo nel raffreddamento si verificheranno gli stessi fenomeni descritti precedentemente, e a temperatura ambiente, la struttura metallografica sarà costituita da cementite eutettica, cementite secondaria, perlite. Questa struttura vale per tutte le ghise con tenore di carbonio inferiore al 4,3% dette ghise ipoeutettiche 3) Lega con tenore di carbonio inferiore a 1,7%. Siamo nel campo degli acciai. Raffreddando lentamente la lega allo stato liquido, quando si raggiunge la temperatura corrispondente, alla data concentrazione in carbonio, alla linea del liquidus ha inizio la solidificazione con separazione di cristalli di austenite. La solidificazione prosegue con l'abbassarsi della temperatura, mentre la composizione della fase liquida si sposta lungo la linea BC verso C e la composizione della fase solida si sposta lungo la linea BE verso E, sino a che la temperatura non raggiunge il valore corrispondente, alla data percentuale di carbonio, alla linea del solidus, temperatura alla quale ha termine la solidificazione. Differenti sono i fenomeni che avvengono, diminuendo ulteriormente la temperatura, al variare della composizione di partenza della lega: se la lega ha composizione eutettoide, 0,85% di carbonio, non si ha nessuna modificazione strutturale sino a 723 °C. A questa temperatura avviene la trasformazione del f. β in f. %, con tutti i fenomeni già descritti. La struttura finale è quella perlitica costituita da strati alterni a conformazione lamellare di ferrite eutettoide e cementite eutettoide; se il contenuto in carbonio della lega è inferiore allo 0,85%, nessuna trasformazione ha luogo finché la temperatura non raggiunge il valore corrispondente, alla data percentuale di carbonio, alla linea GS. A questa temperatura ha inizio la separazione di cristalli di f. α che prosegue sino a che la temperatura raggiunge il valore di 723 °C. A tale temperatura la lega risulta costituita da ferrite e da austenite eutettoide. Raffreddando ulteriormente l'austenite si trasforma in perlite; se la lega ha un tenore di carbonio superiore allo 0,85%, nessuna trasformazione ha luogo fino a che la temperatura non raggiunge il valore corrispondente, alla data percentuale di carbonio, alla linea ES. A tale temperatura inizia la separazione di cementite, mentre l'austenite s'impoverisce in carbonio. La separazione prosegue fino alla temperatura di 723 °C. A tale temperatura la lega risulta costituita da cementite e da austenite eutettoide, che per ulteriore raffreddamento si trasforma in perlite. Mentre nel caso delle ghise la separazione della cementite secondaria dà luogo ad aggregati irregolarmente disseminati nella massa metallica, con conseguente aumento della durezza e della fragilità della stessa, nel campo degli acciai la separazione della cementite dà luogo a una specie di rivestimento che copre i grani di perlite dando luogo a una struttura metallografica caratteristica. È possibile calcolare mediante la regola della leva la percentuale rispettiva di ogni costituente le leghe considerate. Rimandando alla voce diagrammi di stato uno studio più approfondito del metodo di calcolo indicato, si riporta in fig. 2 un diagramma che permette di conoscere immediatamente le percentuali dei vari costituenti a temperatura ambiente. Per quanto detto descrivendo i fenomeni che accompagnano il raffreddamento di una lega, appare evidente che volendo conoscere la struttura metallografica di una lega a diverse temperature sarà necessario usare altri diagrammi simili a quello riportato. A titolo di esempio riportiamo la composizione di una lega al 3% di carbonio: ferrite eutettoidica 55%, cementite eutettoidica 9%, cementite secondaria 10%, cementite eutettica 26%. Le considerazioni sopra fatte sul diagramma f.-carbonio valgono solo nell'ipotesi che il raffreddamento della lega avvenga in modo estremamente lento; solo così, infatti, le parti che via via solidificano hanno il tempo di portarsi tutte alla medesima struttura corrispondente alla struttura di equilibrio. Se la velocità di raffreddamento, espressa come diminuzione della temperatura, in gradi, nell'unità di tempo, è troppo elevata alcuni dei fenomeni descritti possono attuarsi solo parzialmente o anche non effettuarsi affatto. Mentre con un raffreddamento lento l'austenite si trasforma in perlite lamellare, con un raffreddamento rapidissimo, poiché non si dà il tempo, al momento della trasformazione f. γ f. α, agli atomi di carbonio di uscire dal reticolo del f. γ, questi atomi determinano delle tensioni e delle distorsioni reticolari, che aumentando la resistenza allo scorrimento, danno luogo ad un aumento di durezza e fragilità della struttura. La struttura così formata, caratterizzata da una configurazione molto fine, compatta, uniforme, con i cristalli disposti a triangolo equilatero, prende il nome di martensite. Con raffreddamenti a velocità intermedie si formano strutture che variano si può dire con continuità, dalla struttura martensitica alla struttura perlitica lamellare. Tra queste sono da ricordare la struttura detta troostite, che si può definire come una struttura martensitica meno pronunciata (e quindi anche con durezza minore), e la struttura detta sorbite che può definirsi come una perlite costituita da elementi assai più fini che le conferiscono maggior durezza. Rimandando alle voci acciai e ghise un più ampio studio sui trattamenti termici a cui sono sottoposte le leghe f.-carbonio, ricordiamo qui semplicemente che le strutture sopraindicate possono essere ottenute mediante trattamenti di ricottura, normalizzazione, rinvenimento e tempra. Per conferire agli acciai o alle ghise determinate proprietà meccaniche o fisiche che li rendano adatti a particolari usi, vengono aggiunte in lega col f. piccole percentuali di altri elementi come nichel, silicio, cobalto, cromo, molibdeno, alluminio, ecc. Questi elementi, salvo il nichel che s'introduce come metallo puro, vengono aggiunti come ferroleghe a forte contenuto dell'elemento speciale. Le ferroleghe si preparano quasi esclusivamente al forno elettrico riducendovi miscugli naturali o artificiali dei rispettivi ossidi. ● Arte - Arte del f. battuto: tecnica artigiana della lavorazione del f. dolce, arroventato alla forgia e battuto col martello, per ottenere oggetti di uso come cancelli, ringhiere, serrature di rinforzo e serramenti per porte, forzieri, ecc. Non ignota agli antichi, l'arte del f. battuto si sviluppò grandemente nel Medioevo. Ebbe nel corso dei vari secoli periodi di grande vitalità e altri di decadenza. ● Zool. - F. di cavallo: pipistrello europeo (Rhinolophus ferrum equinum) la cui denominazione volgare è dovuta alla forma delle escrescenze carnose che ha sul muso. ● Preist. - Età del f.: ultimo periodo della civilizzazione preistorica caratterizzato dall'incrementarsi dell'uso diffuso di utensili e specialmente di armi di f. Uno dei più antichi centri della lavorazione del f. è l'Africa centrale: da qui attraverso la Nubia, il f. penetrò in Egitto e si diffuse nella Mesopotamia e in tutti i paesi del Mediterraneo orientale. In Egitto il f. era noto già nel tempo delle prime dinastie, ma la diffusione del suo impiego, cioè il vero inizio della età del f., non è anteriore al 1200 a.C. Anche la Cina fu un centro molto antico dell'industria siderurgica, mentre non pare che l'Europa centrale abbia conoscenza remota del f. Dall'Adriatico il f. penetrò in tutta l'Italia, specialmente centrale: e gli Etruschi, particolarmente quelli più prossimi al Tevere, divennero grandi maestri di siderurgia; dall'alto Adriatico risalì verso l'Europa in Francia, in Spagna, nell'alta Germania. La diffusione del f. in queste regioni è datata variamente secondo i singoli autori, ma è probabile che gli inizi si siano avuti fra il IX e l'VIII sec. Nell'Europa più settentrionale e nelle isole britanniche il f. non è conosciuto prima del V-IV sec. a.C. quando la zona mediterranea era in piena età storica: in Scandinavia, in Polonia e in alcune regioni russe bisogna giungere addirittura in età cristiana per trovare diffuso il suo uso.