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Ferrarese, Scuola.

Si indica con questo nome la fioritura pittorica che si sviluppò alla corte estense, nella seconda metà del '400. La città di Ferrara, che durante il '300 non era stata illuminata da alcuna personalità di rilievo, conosce in questo periodo un' originale e splendida stagione d'arte. Se ne trovano le premesse da un lato nei rapporti con il centro pittorico di Padova, dall'altro nel sempre più raffinato ambiente di corte. Il mecenatismo dei principi estensi costituì un ottimo terreno per la crescita e lo sviluppo dei nuovi fermenti. Ad esso si deve la presenza degli "internazionali" Pisanello e Jacopo Bellini, del fiammingo Roger Van der Weyden e, più tardi, degli stessi Piero della Francesca e Andrea Mantegna. Da così vari e autorevoli stimoli nasce un linguaggio pittorico per molti aspetti ancora tardo-gotico, eppure, a suo modo, partecipe del clima rinascimentale. Vero fondatore della pittura ferrarese si può considerare Cosmè Tura (1430 circa-1495). Assimilati quegli aspetti che poteva trovare sia a Padova sia nella sua città, inizia a studiarli in modo autonomo. Trasfigura ogni stimolo che lo può impressionare in una visione singolarissima, dove il metodo dei toscani, l'acutezza lineare di Mantegna, la luminosità di Piero della Francesca, concorrono abilmente ad accentuare la sua aspra ed ossessiva evidenza plastica. Questo suo fare denuncia una sensibilità fantastica certo più vicina alle fredde rappresentazioni nordiche medioevali che non ai caratteri umanisticamente razionali dei fiorentini. Dal 1460 egli lavora alle dipendenze degli Estensi e della loro cerchia. A conclusione del periodo di ancor giovanile ma impegnata attività, si possono collocare due opere in cui compiutamente si esprime la concentrata drammaticità del suo temperamento: le portelle d'organo del duomo di Ferrara e la Pietà, al museo Correr di Venezia. Altri lavori importanti del pittore ferrarese sono la monumentale pala dipinta per la chiesa di San Giorgio, a Ferrara, l'Ancona Roverella (1474 circa); l'Annunciata (Ferrara) e il San Giovanni Evangelista in Patmos. Altra personalità di rilievo, di soli sei anni più giovane di Tura, è Francesco del Cossa (1436 circa-1478 circa). Egli arricchisce di una nuova versione stilistica il mondo della pittura ferrarese. Note più morbide si trovano nella sua affollata pittura che pure conserva la secchezza di volume e il tipico smalto nel colore. Esemplari del suo stile forbito e lucente sono gli affreschi che ricoprono la parete orientale del salone di Schifanoia, le Allegorie del mese di Marzo e di Aprile e Maggio. Tuttavia la più complessa realizzazione di Cossa rimane il Polittico Grifoni, eseguito poco dopo il 1473 e oggi disperso nelle più diverse collezioni. Ercole de' Roberti (1450 circa - 1496) completa la triade dei grandi ferraresi, segnando un ritorno alla drammaticità di Tura, assoggettata ad un'eletta disciplina formale. Sua prerogativa è una maggiore padronanza del disegno. L'evoluta abilità pittorica permette a Roberti di affidare alla linea angolosa e alle forme sfaccettate il dramma atmosferico dei soggetti dei suoi quadri. Accanto alle grandi personalità di Tura, di Cossa e di Roberti, sono da collocare Baldassarre Estense (documentato dal 1460 al 1506) e Lorenzo Costa (1460 circa-1535). I caratteri salienti della pittura ferrarese furono: colore prezioso e smaltato, minuzie disegnative derivate dall'arte fiamminga, effetti complessivi tendenti al grandioso, capricci decorativi ancora aderenti al gusto gotico, estrema coerenza stilistica perseguita fino all'ossessivo, lucidità di espressione.