(dal latino
fatum, der. di
fari: dire). Ciò che è
predestinato, ordine del mondo irrevocabilmente stabilito, destino immutabile.
Il significato originario e profondo del termine si connette alla dottrina del
logos, della parola, preesistente al sorgere e svilupparsi della
filosofia greca. Gli antichi credevano che con la parola si potesse fissare il
destino, creare e distruggere. Di qui l'ineluttabilità della maledizione
espressa in determinate circostanze e di qui il timore suscitato da Cassandra.
La facoltà di creare e distruggere attribuita alla parola si ritrova
già nella teologia dei Sumeri e successivamente in quella babilonese ed
ebraica: "dalla parola di Dio furono fatti i cieli". Successivamente il
fatum fu personificato e il plurale latino,
fata, venne assunto
per indicare le Parche, le dinività del destino. Nella concezione
religiosa greca e romana il
f. si pone al di sopra della volontà
degli stessi dei e spesso contro di essa. Anche nella mitologia germanica si
ritrova il motivo del
f. connesso alla potenza della parola e così
nei riti di iniziazione dei vari popoli e nel loro attribuire alla parola una
potenza magica, secondo cui ciò che è detto in date circostanze da
determinate persone è
fatale.