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Fatalismo.

Concezione del mondo secondo cui questo sarebbe retto da leggi irrevocabili, ossia da un destino (fato) prefissato, al quale nessuno può sottrarsi. Ne consegue un atteggiamento di totale passività di fronte al corso degli eventi. Le concezioni fatalistiche, proprie della mistica irrazionale, si basano sulla convinzione che tutto sia soltanto mistero, e nascono da una svalutazione della conoscenza umana, ritenuta inidonea a capire l'universo. Ancora maggiore è la svalutazione della volontà umana. I Greci, pur esaltando, per primi, il valore della ragione, riconoscevano, al di sopra di essa, l'esistenza del fato i cui decreti erano inviolabili per gli stessi dèi. A differenza però delle filosofie e religioni orientali, in cui il f. è più marcato, il pensiero occidentale ha sempre reagito ad esso, opponendovi la possibilità, per l'uomo, di agire liberamente, almeno entro un determinato spazio. Indicativo è il proverbio latino Ducunt valentem fata, valentem trahunt nel quale si afferma che l'individuo può sempre reagire in modo diverso di fronte alla sorte, per quanto non gli sia concesso di modificare la sorte stessa. Nell'ambito del f. si colloca anche la concezione della fortuna, imprevedibile e misteriosa. Nel pensiero moderno e contemporaneo, fatalistiche possono essere considerate quelle concezioni che affidano all'assurdo il compito di governare l'esistenza umana. A queste si contrappongono quelle dottrine che invitano ad essere persone e non cose, attivi e non passivi, spirito e non materia inerte. Tra queste, la filosofia esistenzialistica afferma che in ogni situazione l'uomo ha la possibilità di scegliere o di essere scelto.