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Espropriazione.

Atto amministrativo o giudiziario, generalmente eseguito per un fine di pubblica utilità o in seguito a una sentenza giudiziaria, con cui si priva il possessore di un bene, mobile o immobile, del bene stesso. ║ E. forzata: atto giudiziario eseguito per soddisfare crediti pecuniari. Consiste nella vendita dei beni mobili o immobili del debitore, nei confronti della pubblica amministrazione o di privati, per convertirli nel denaro necessario a soddisfare i creditori. Il procedimento di e. forzata ha inizio col pignoramento dei beni. Questi possono successivamente essere messi in vendita all'asta, tacitando i creditori con la somma ricavata, o trasferiti direttamente ai creditori stessi. L'art. 495 del Cod. di proc. civ., secondo cui "in qualsiasi momento, anteriore alla vendita, il debitore può chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di danaro pari all'importo delle spese e dei crediti", è stato integrato da nuove disposizioni con la legge 10.5.1976, n. 358. Con questa legge, si è stabilito che il debitore può ottenere dal giudice la rateizzazione della somma che egli intende versare per evitare la vendita della cosa pignorata. Il debito rateizzato dev'essere comunque estinto entro sei mesi. ║ E. per pubblica utilità: l'istituto più importante dell'e. è costituito dall'e. per ragioni di interesse generale e di pubblica utilità. Esso è regolato dalla Costituzione, agli art. 42, 43, 44. Il primo, dopo aver dichiarato che "la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge", aggiunge che essa "può essere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale", secondo quanto già stabilito dall'art. 834 del Cod. civ. L'art. 43 si riferisce specificamente all'e. per fini di pubblica utilità e l'art. 44, fa riferimento agli art. 846 e 857 del Cod. civ., secondo cui, "al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata". Fermo restando il diritto costituzionalmente riconosciuto dell'indennizzo, nell'applicazione delle leggi che prevedono l'e. per fini di pubblica utilità, uno dei problemi più dibattuti e controversi è quello della determinazione dell'indennizzo. Nel caso in cui manchino norme di legge specifiche, si tende ad applicare il principio dettato dalla legge sull'e. per pubblica utilità, secondo cui (art. 39) l'indennità dovuta deve corrispondere al "giusto prezzo", ossia il prezzo che, a giudizio dei periti, il bene espropriato avrebbe in una libera contrattazione. Una sentenza della Corte costituzionale ha però stabilito che l'indennizzo può anche non corrispondere al valore di mercato, purché non si riduca a una somma puramente simbolica. L'"oggetto" dell'e. era originariamente circoscritto ai beni immobili (edifici, terreni), ma la limitazione è venuta meno, essendo divenute più numerose le attività pubbliche che esigono la disponibilità di beni di vario genere (per esempio i beni culturali, in particolare opere d'arte) ed essendo cambiato il metro di valutazione della ricchezza mobiliare, rispetto a quella immobiliare. Affine all'istituto dell'e. è quello della requisizione che colpisce però solo beni immobili, espressamente indicati dalla legge, per esigenze militari o di pubblica calamità (alluvioni, terremoti ecc.). A differenza di quanto avviene per l'e., il pagamento dell'indennità non precede, ma segue il trasferimento del bene requisito. La disciplina generale riguardante l'e. di beni immobili e dei diritti relativi ad essi, è stata modificata dalla legge 22.10.1971 n. 865 e, sulla base dell'art. 3 del decreto presidenziale n. 8 del 15.1.1972, l'e. per motivi di pubblica utilità è stata demandata alle regioni. Per quanto concerne specificamente l'e. per ragioni urbanistiche, la legge n. 10 del 28.1.1977 ha stabilito che l'indennità di e. per le aree fabbricabili (V.) esterne ai centri urbani, deve essere commisurata al valore agricolo medio, corrispondente al tipo di coltura in atto nell'area da espropriare. Nelle aree urbanizzate, l'indennità di e. "è commisurata al valore agricolo medio della coltura più redditizia tra quelle della regione agraria in cui ricade l'area da espropriare". Qualora l'area da espropriare sia coltivata direttamente dal proprietario e da questo ceduta volontariamente (art. 12), il prezzo di cessione viene "determinato in misura tripla rispetto all'indennità provvisoria". Il valore delle aree, stabilito sulla base del valore agricolo, dev'essere poi moltiplicato per un coefficiente, da 2 a 5, quando l'area ricade nel territorio di comuni con popolazione inferiori ai 100.000 abitanti; da 4 a 10, quando l'area ricade nel territorio di comuni con popolazione superiore (art. 14). La legge del 1977 ha fatto sorgere vari problemi di costituzionalità, comportando una serie di ricorsi da parte di quanti hanno ritenuto che le disposizioni della legge non comportassero un indennizzo adeguato e che quindi violassero l'art. 42 della Costituzione, nonché la stessa sentenza della Corte costituzionale secondo cui, pur non potendo essere considerato un risarcimento equivalente al prezzo di mercato, l'indennizzo non può consistere in un risarcimento puramente simbolico.