eXTReMe Tracker
Tweet

Eros.

Dio greco dell'amore. Apparso nella letteratura a cominciare da Esiodo (Teogonia), venne presentato dapprima come una divinità della natura, scaturita da Caos (o anche come figlio della Notte e del Giorno). Solo più tardi divenne il dio dell'amore e come tale fu considerato il più giovane degli dèi, figlio di Afrodite e di Ares (anche di Zeus o di Ermete) e raffigurato come un fanciullo alato, armato d'arco e di faretra, che scaglia con infallibilità i propri dardi contro uomini e dèi infiammandoli di passione amorosa. E. viene anche raffigurato unito a Psiche, la personificazione dell'anima, e come suo salvatore. Tutte le diverse dottrine intorno all'anima trovano una loro espressione nell'antichissimo mito di Amore e Psiche che, dal nucleo originario, elaborato e accresciuto nel corso dei secoli, trovò la sua sistemazione definitiva teologica, allegorica, estetica in Apuleio. ● Filos. - Il concetto filosofico di E. fu largamente sviluppato da Platone, presentandosi nel pensiero filosofico moderno, in particolare in Kierkegaard, come momento fondamentale dell'estetica. In Platone l'E. si presenta come bisogno, mancanza di perfezione, tensione verso un limite irraggiungibile. Esso perciò si pone come direzione dal divenire all'idea; dal diverso alla totalità; da ciò che non è ancora concorde a ciò che, pur essendo distinto, è, nello stesso tempo, armonicamente unito. La tensione dialettica dell'E. ha una direzione rappresentata esteticamente come la totalità dell'armonia universale, intesa come valore. La direzione verso il valore estetico universale ha in Platone due volti: da un lato l'E. viene considerato come ricchezza, riuscendo esso ad avvicinare l'uomo a una più organica e totale armonia; dall'altro esso viene considerato come povertà perché l'armonia raggiungibile dall'uomo, per quanto perfetta, non può mai arrivare a coincidere con l'armonia totale. Anzi, più l'uomo riesce ad avvicinarsi alla perfezione armonica, più è in grado di cogliere le dissonanze della vita. Dato questo doppio volto dell'E., è proprio nel momento ascendente verso la bellezza, che si manifesta, soprattutto nell'arte e nell'artista, accanto a quello positivo, il momento negativo. Esso si rivela con tanta maggiore intensità quanto più forte è l'esigenza della perfezione. è questa negatività che induce Platone a condannare l'arte, in quanto imitazione della natura che invece è perfetta. La natura, in quanto E., è strettamente legata con la religione dionisiaca. L'elemento dionisiaco caratterizza soprattutto le scuole socratiche minori, ossia la cinica, la megatica, la cirenaica, quale rivendicazione della natura nella sua libertà e nel suo edonismo contro ogni convenzione sociale. L'elemento dionisiaco non è però assente neppure dalla concezione platonica dell'E., che è molto ricca e articolata, per quanto poi sostanzialmente si concluda con una svalutazione dell'individuo nella sua concretezza materiale. Egli infatti viene interpretato come tramite di una potenza metafisica che lo supera infinitamente. Pertanto, nella concezione platonica, non è l'individuo in quanto tale che è oggetto d'amore, ma un valore di cui egli è portatore. In Platone è tuttavia presente una concezione dialettica dell'E. che tiene anche conto dell'amore fisico e individuale. Egli espone la propria teoria dell'amore nel Convito, in cui dimostra che amore è desiderio, tensione verso un bene che ancora non si possiede e per il quale si soffre. Platone descrive l'ascesa dalla bellezza fisica alla bellezza spirituale e, in tale ascesa, l'amore terrestre e sensuale viene presentato come tappa necessaria verso le forme più alte, spirituali, dell'amore. La filosofia dei secoli successivi, imbevuta di pensiero cristiano, assunse del concetto platonico di E. solo la parte più propriamente spiritualistica, considerando l'amore umano e sensibile come un fenomeno trascurabile rispetto ai grandi problemi della vita religiosa. Ciò fu dovuto in parte anche all'incomprensione e al disprezzo in cui era tenuta in quei secoli la donna. Comunque, anche in epoca successiva la situazione non cambiò e finché si continuò a filosofare dall'alto, le questioni erotiche non furono ritenute degne di considerazione. La svolta avvenne solo nel secolo scorso e rilevante fu il contributo del Romanticismo che teorizzò l'arte come gioco ed esaltò la perfezione del mondo classico greco. Il concetto di E., presente nella storia dell'estetica, indica in genere la sfera delle passioni incontrollate e il fatto che l'arte è collegata con il mondo oscuro del sentimento e con uno slancio irrazionale, indipendente da ogni regola e da ogni disciplina etica. Schopenhauer indica questo momento oscuro dell'arte come il punto di contatto che essa ha con l'inconscia volontà di vivere. Egli considera ogni innamoramento, "per quanto etereo voglia apparire, radicato soltanto in un impulso sessuale determinato" e afferma che l'amore sessuale, insieme con l'amore per la vita, "si palesa come il più forte e il più attivo di tutti i motivi, s'impadronisce della metà delle forze e dei pensieri della parte più giovane dell'umanità, costituisce l'ultimo scopo di quasi ogni sforzo umano". Nietzsche considera come momento dionisiaco dell'arte, l'impulso inconscio e sotterraneo, contrapponendolo al momento apollineo assimilato alla chiarezza della forma. Kierkegaard parla di slancio immediato e irrazionale dell'E. Nel pensiero contemporaneo sono andate sviluppandosi due tendenze contrapposte, da un lato si è avuta una totale rivalutazione del sesso come valore naturalistico e vitale, dall'altro lato le correnti ascetico-spiritualistiche hanno continuato a identificare la sessualità col peccato, condannandola come "caduta". Intermedia è la posizione del filosofo esistenzialista cristiano N. Berdiaev che distingue nettamente la sessualità dall'erotismo, avendo la prima "carattere impersonale" e il secondo "carattere personale". L'E. si riferisce infatti a un essere individuale e irripetibile, "a una persona insostituibile", mentre l'attrazione puramente sessuale "ammette la sostituzione, non è un rapporto assoluto alla persona". ● Psicol. - Il concetto di E. fu assunto da Freud per personificare la forza della vita, ossia l'istinto di vita. Nelle opere della maturità Freud pose E. in contrasto con Thanatos, il dio della morte, quale personificazione dell'istinto di morte, di distruzione. L'uso freudiano del termine è metaforico più che scientifico. Freud infatti adottò tale metafora in considerazione del fatto che E. era il segreto amante di Psiche e nella mitologia rappresentava la forza cosmica, lo sviluppo della vita, l'armonia del caos. Pertanto Freud indica come E. l'istinto di autoconservazione e, quindi, di conservazione della specie.