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Eritrea.

Stato (121.100 kmq; 4.280.000 ab.) dell'Africa orientale. Confina a Ovest con il Sudan, a Sud-Est con Gibuti, a Sud con l'Etiopia, a Est e a Nord-Est col Mar Rosso. Capitale: Asmara. Città principali: Assab, Agordat, Keren e Massaua. Ordinamento: Repubblica. Moneta: nafta. Religione: predominanti la cristiano-copta e la musulmana; fra le tribù non semitiche è assai diffuso il paganesimo. La popolazione è composta da numerosi gruppi etnici: Tigrini (49%), Tigré (31,7 %), Afar (4,3%) e Cunama (2,7 %). Lingue ufficiali sono l'arabo e il tigrino, è parlato anche l'italiano.
Cartina dell'Eritrea


GEOGRAFIA

L'E. è costituita da diverse regioni. La parte centrale, la più alta, è una propaggine dell'altopiano etiopico; fra essa e la costa intercorre una regione intermedia di declivi; oltre si estende una zona bassopianica. La parte meridionale, Dancalia, comprende le Alpi Dancale. Tra i monti più alti dell'altopiano: Soira (3.030 m), Tacara (2.570 m) e Cohàito (2.745 m). La rete idrografica è scarsa; i fiumi principali, che nascono tutti dall'altopiano, sono il Barca, il Mereb, il Tacazzé e il Setit. Il clima è caldo e arido lungo la costa; sull'altopiano è temperato costante.

ECONOMIA

Le risorse economiche sono costituite dall'agricoltura tradizionale, dalla pastorizia e dalla pesca. Sull'altopiano si coltivano cereali, sesamo, arachidi, cotone e sisal. Sulle pendici prevalgono il cotone e il caffè. L'allevamento comprende soprattutto ovini, caprini, bovini, cammelli. Le industrie (alimentari, tessili, calzaturiere, conciarie, meccaniche) sono concentrate nella capitale e a Massaua. Scarse le risorse minerarie.

STORIA

La storia del territorio posto sulla riva sud-occidentale del Mar Rosso, che nel 1890, sotto la sovranità coloniale italiana, prese il nome di E., si presenta strettamente connessa a quella del più vasto territorio etiopico, a partire dalla costituzione del regno di Aksum, ossia da quando, nel II sec. a.C. i vari principati locali riconobbero l'egemonia dello Stato di Aksum e la sovranità del Negus Negasti (Re dei Re). Avvicinatosi al mondo greco-romano, a partire dal IV sec. d.C., assorbì il Cristianesimo, ma con l'affermazione dell'Islamismo alcuni secoli più tardi, l'impero aksumita venne isolato dal mare e quindi dal territorio eritreo, spostando il proprio epicentro verso Sud, entro l'altopiano etiopico, mentre il litorale veniva assoggettato dagli Arabi. Divenuto l'avamposto turco per la conquista dell'Etiopia nel XVI sec., il territorio eritreo rimase sotto il dominio ottomano sino al 1865, quando la fascia costiera fu assoggettata dall'Egitto. Le manovre coloniali delle potenze europee portarono l'Italia nel 1885 a sostituire il proprio dominio a quello egiziano, dando un nuovo assetto alla regione eritrea che divenne la base dei tentativi italiani di assoggettamento dell'Etiopia. La Compagnia Rubattino occupò (1869) Assab e il territorio costiero, che nel 1882 fu dichiarato colonia del regno d'Italia. L'occupazione di Massaua e di Saati fu decisa nel 1885; due anni dopo, una colonna del corpo di spedizione inviato alla conquista dell'entroterra fu sconfitta a Dogali. Col trattato di Uccialli (1889), stipulato fra l'Italia e il Negus di Etiopia Menelik, venne confermata l'occupazione di Cheren e di Asmara. Nel 1890 fu costituita la colonia dell'E. L'espansione italiana fu ripresa negli anni 1895-96. Nel 1936 l'E. fu unita all'Etiopia per formare l'Africa orientale italiana. Durante la seconda guerra mondiale l'E. fu occupata (1941) dagli Inglesi. Alla fine della seconda guerra mondiale l'E., che nel frattempo era andata accentuando la propria individualità per l'assetto datole dal colonialismo italiano, ebbe un trattamento a sé rispetto all'Etiopia. Dopo la rinuncia dell'Italia a ogni pretesa sulle ex colonie, la sorte dell'E. fu decisa da una commissione istituita dall'ONU. La soluzione non fu facile in quanto l'opinione pubblica eritrea si presentava divisa tra coloro che si dichiaravano favorevoli all'unione con l'Etiopia, e coloro che erano decisamente contrari. Si giunse così a un compromesso con la risoluzione votata dall'ONU nel dicembre 1950, sulla base della quale veniva stabilita la stipulazione di un "patto federale" tra E. ed Etiopia. In base a tale patto l'E. avrebbe dovuto godere di un'ampia autonomia interna, regolata da una propria Costituzione, e dipendere dal Governo centrale dell'Etiopia solo per gli Affari esteri e la Difesa. La Costituzione entrò in vigore nel 1952, ma l'Etiopia nel 1962, approfittando di una serie di incidenti, fece approvare dall'Assemblea di Asmara una risoluzione che decretava l'incorporazione dell'E. come semplice provincia dell'Impero. Quest'atto arbitrario diede vita al Fronte di liberazione dell'E. (FLE) e alla lotta armata. Il FLE, cui si unì più tardi il Fronte popolare di liberazione, intensificò le proprie azioni a partire dal 1969, attuando una serie di attentati all'estero, soprattutto contro gli aerei dell'Etiopian Airlines, mentre si moltiplicavano le azioni di guerriglia in territorio eritreo. Pur mirando all'indipendenza, il Fronte, costretto a tener conto della soluzione votata dall'ONU, accusava l'Etiopia soprattutto di aver imposto l'annessione, violando la decisione delle Nazioni Unite. Il Governo centrale di Hailé Selassié rispose con la forza delle armi sino a giungere a bombardare, nel dicembre 1970, la città di Karen, roccaforte dei ribelli. Il mutamento di regime ad Addis Abeba, con la presa del potere da parte dei giovani militari "socialisti" e la deposizione di Hailé Selassié nel settembre 1974, non attenuarono l'intransigenza nei confronti dei nazionalisti eritrei: si accentuò anzi la lotta contro i guerriglieri dell'FLE e del filocinese FPLE che, pur potendo contare su poche migliaia di unità, riuscirono a portare nel gennaio 1975 la guerriglia nella stessa Addis Abeba. Alla fine del 1977, in seguito a vari fallimenti bellici dell'armata etiope, i due movimenti di liberazione controllavano il 90% del territorio eritreo. Tale situazione subì una svolta allorché Sovietici e Cubani decisero di appoggiare militarmente il governo etiope, il quale, nel giro di pochi mesi, riconquistò i territori persi; nel 1980, poi, un accordo fra Etiopia e Sudan chiuse le vie sudanesi di rifornimento alla guerriglia. Nonostante le risoluzioni dell'ONU affermassero l'autodeterminazione del popolo eritreo, il governo etiopico riconosceva al territorio eritreo solo l'autonomia regionale. La situazione si aggravava nel 1987 quando la mancanza di piogge minacciava una carestia in E., nel Tigré e nel Wollo; ciononostante nel 1988 l'FLPE lanciava un'offensiva conquistando la città di Afabete, costringendo alla ritirata l'esercito di Addis Abeba, che per l'occasione aveva ricevuto pressioni dall'URSS perché avviasse una trattativa con la guerriglia. Alla fine degli anni Ottanta il governo etiope muoveva i primi passi in direzione di una soluzione diplomatica della questione. Tale mutamento di rotta era in parte determinato dal fallimento dell'esperienza rivoluzionaria, in parte causata dal ritiro dall'Etiopia dei cubani e dei sovietici. Le aperture di Menghistu si rivelarono però tardive: la guerriglia, giunta a controllare nel luglio 1990 intere province dell'E., nel maggio 1991 conquistava Asmara e Assab, liberando così l'intera regione e dichiarando l'Indipendenza. Un referendum popolare nell'aprile del 1993 sanciva (con il 99% dei voti) l'autonomia dell'E., che veniva proclamata il 53° Stato africano. Nel 1991, Asmara e Addis Abeba cominciarono a porsi in relazione come due Stati. I porti del Mar Rosso furono riaperti per consentire l'ingresso degli aiuti internazionali. Il FLPE formò un Governo provvisorio diretto da Isaia Afwerki, incaricato di redigere entro quattro anni la nuova Costituzione e di convocare libere elezioni. Quell'anno l'E. entrò nell'ONU. Nel febbraio del 1994 si svolse il terzo congresso del FLPE, che si trasformò in un partito politico, il Fronte Popolare per la democrazia e la giustizia (FSDG). Nel dicembre 1994, il deterioramento delle relazioni con il Sudan rese difficile il rimpatrio di 500.000 rifugiati. Nel 1996 la consegna di terre a investitori stranieri fu ostacolata da controversie sulla proprietà. Il Governo continuò a imporre restrizioni alla formazione dei partiti politici e alla libertà di stampa. Alla fine del 1997, l'E. abbandonò la moneta comune e introdusse il nafka, in sostituzione del birr etiopico. L'Etiopia reagì annunciando che gli scambi fra i due Paesi avrebbero dovuto realizzarsi esclusivamente in dollari statunitensi. Le dispute territoriali con i vicini del Gibuti e dello Yemen cominciarono ad aggravarsi. Nel 1998 le truppe eritree passavano il confine con l'Etiopia, occupando alcune zone del Tigré nord-occidentale (regione rivendicata dall'E. in base ai confini stabiliti da carte geografiche italiane dell'epoca coloniale). Le ostilità si intensificarono nel gennaio del 1999 con il bombardamento da parte dell'Etiopia dell'aeroporto di Assab e di Massaua; solo nel giugno del 2000 i due Paesi firmarono il cessate il fuoco ad Algeri, confermato dalla pace, firmata sempre ad Algeri nel dicembre 2000. Da maggio 2001 una forza di pace dell'ONU prese le redini delle operazioni con cui furono fissati i nuovi confini.