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Entusiasmo.

(dal greco enthusiasmós: trasporto divino). Esaltazione dell'animo per gioia, ammirazione, esuberanza. Il termine indicava presso i greci la condizione di chi era posseduto da una forza o ispirazione divina (o demoniaca) e con tale significato si ritrova anche in Platone, riferito alla condizione del poeta ispirato da un dio e del filosofo che cerca di avvicinarsi alla divina verità. Per quanto l'antico significato sia andato per gran parte perduto (nel neoplatonismo si ebbe un'identificazione dell'e. con l'estasi), il termine sottintende ancora gran parte della forza primitiva e istintuale da cui erano invasi nell'antichità i cultori di Dioniso, il dio dell'e., ossia di ogni eccesso, della frenesia forsennata e i cui i simboli erano il vino e il fallo. I riti dionisiaci presentavano un carattere frenetico e orgiastico e spingevano le donne consacrate al Dio, le Menadi, a compiere atti rituali spesso di inaudita ferocia. Il termine, anche nel suo significato attuale, sottintende l'erompere di una vigorosa forza istintuale che cancella ogni riflessione e si libera da ogni controllo. L'e. non è tuttavia un esclusivo fenomeno di vitalità e di forza istintuale; esso può assumere forme intellettuali, pur conservando, anche in esse, la sua caratteristica precipua che è quella di coinvolgere l'intera personalità dell'individuo, così da tendere all'annullamento di ogni distinzione tra istinto (passione) e ragione. L'e. va quindi temperato, illuminato e guidato dall'intelligenza che è in grado di organizzarlo per finalità costruttive, senza però annullarlo, in quanto senza di esso, ossia, senza passione, interesse, amore, anche l'intelligenza più viva finirebbe per inaridire e isterilirsi.