Sensazione di sofferenza provocata da un male fisico o, sul piano morale, da un
sentimento di pena, di afflizione. ● Filos. - Nel suo significato morale,
il concetto di
d. si contrappone a quello di
piacere, come due
poli della vita umana che si generano ininterrottamente per reciproca azione.
Pertanto, il
d. rappresenta una componente essenziale nella dialettica
dell'esistenza, che nel suo processo attivo tende a trasformare il
d. da
componente negativa in componente positiva. Il problema del
d., associato
a quello del piacere, venne posto già dalle prime scuole filosofiche
greche, in particolare da quella Cirenaica ed Epicurea. I Cirenaici ereditarono
dal Socratismo l'idea di una libera partecipazione al piacere, giungendo con
Anniceri (300 a.C.) ad affermare che il saggio non può fare a meno di
sperimentare il
d. ma deve sopportarlo per altruismo e per benevolenza.
L'Epicureismo pone il piacere come fine supremo della vita morale, ma distingue
tra "piacere in movimento", provocato da stimoli esterni, considerato
imperfetto, e "piacere calmo", uno stato di stabile equilibrio che è
"assenza di
d." per il corpo (
aponia) e "assenza di inquietudine"
per l'anima (
atarassia). Pertanto, secondo l'etica epicurea, non basta
fuggire il
d. e abbandonarsi all'immediatezza del piacere, ma è
necessario inserirsi attivamente nel vivo dei sentimenti e delle passioni. In
tutta la storia del pensiero troviamo due posizioni distinte: l'una pessimistica
(
negatività del piacere) che affonda le proprie radici nel
pensiero del cirenaico Aristippo secondo cui dei due stati affettivi
antagonistici (piacere-
d.) quello positivo è il
d.; l'altra
ottimistica che risale a Platone, secondo cui ogni accrescimento di energia
è un bene ed è avvertito dalla coscienza come piacere, mentre ogni
diminuzione di energia è sentita come forma di
d. Il pensiero
orientale indica nella saggezza il mezzo, oltre che per penetrare nel segreto
della vita, per conoscere e distinguere la causa del
d. (la quiete del
buddhistico nirvana). Tra i filosofi moderni, Schopenhauer fa derivare il
d. dalla volontà che, agendo come istinto di autoconservazione e
come egoismo, genera il bisogno, e il bisogno è
d. Pertanto,
quanto più l'uomo cerca di sviluppare e conservare la propria esistenza,
tanto più gli aumenta il
d., dato che, essendo la volontà
infinita, infinito è il
d., e per sfuggire ad esso è
necessario rompere la morsa della volontà. Solo il
d. è
reale, mentre il piacere è assenza provvisoria del
d. ●
Fisiol. - La sensazione di sofferenza provocata da un male fisico è in
grado di denunciare in modo immediato, più di qualsiasi altro sintomo
soggettivo, la presenza di un'affezione latente o manifesta, organica o
funzionale. Si riconoscono vari tipi di
d., di cui i principali sono:
nevralgie, cefalee, emicranie, coliche, causalgie (sensazione dolorosa acuta
dovuta all'affezione di un nervo sensitivo). Per quanto non manchino
d.
di origine psicogena, nella grande maggioranza dei casi il
d. ha una base
organica e viene trasmesso attraverso un intricato sistema di fibre nervose.
Relativamente recente è il riconoscimento delle basi anatomo-fisiologiche
del
d. In precedenza si credeva che non esistessero apparati di
conduzione e di ricezione del
d. e che la sensibilità dolorifica
dipendesse dalle altre forme di sensibilità. Per quanto siano stati fatti
molti passi avanti, non pochi aspetti del meccanismo di insorgenza del
d.
rimangono tuttora oscuri, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di
conduzione del
d. e la loro trasmissione al sistema nervoso centrale. Per
quanto riguarda la capacità soggettiva di distinguere l'origine di una
sensazione dolorosa, sembra che l'uomo sia in grado d'identificare solo due tipi
di
d.: uno di origine cutanea e l'altro proveniente dall'interno. In
quest'ultimo caso però egli non è sempre in grado di stabilire se
il
d. provenga da un viscere o da un'altra struttura organica profonda.
Per quanto riguarda il
d. viscerale, infatti, esso viene in molti casi
giustamente localizzato, ma può essere avvertito anche in altre zone; per
es.
d. alla spalla e al braccio sinistro sono spesso di provenienza
cardiaca, mentre
d. alla spalla destra sono provocati dal fegato. La
sensibilità dolorifica non è uguale in tutti gli individui. Essa,
infatti, soprattutto per turbe di carattere nervoso, può essere
eccessiva, e in tal caso si ha
iperalgesia, oppure essere ridotta,
ipoalgesia, o completamente assente, e in tal caso si ha
analgesia. La difficoltà di conoscere la fisiopatologia del
d. ostacola la realizzazione di un'adeguata terapia. Tra i moderni
sistemi di cura si ricordano i metodi di terapia fisica: dalla termoterapia,
praticata con raggi infrarossi, alla marconiterapia, radarterapia,
ultrasuoniterapia. Buoni risultati vengono ottenuti anche dai nuovi metodi di
terapia chirurgica, consistenti nell'interruzione delle vie nervose di
conduzione del
d. ● Psicol. - Tutto ciò che nega, opprime o
limita l'affermazione e l'espansione della personalità provoca nell'uomo
una reazione dolorosa che isola l'individuo dall'ambiente, in cui egli vede solo
ostacoli e pericoli. Così come la realtà esterna appare ostile e
minacciosa, anche la realtà interiore è, nell'uomo infelice,
disarmonica e dominata dal contrasto tra forze in opposizione. Nell'ambito delle
teorie sulla natura del
d. si colloca il pensiero freudiano. Freud,
infatti, dopo aver confessato la difficoltà di conoscere qualcosa di
preciso sulla natura del
d. e del piacere, in quanto essi si collocano
nella "regione più oscura e più inaccessibile della vita
psichica", osserva che il
d. deriva da un accumulo di energia. Secondo
Freud, che nei suoi scritti distingue il
d. fisico (Schmerz) dal
d. psichico dovuto a tensione (Unlust), l'attività psichica ha
come scopo quello di evitare o di eliminare il
d. per il conseguimento
del massimo piacere possibile. Pertanto, secondo Freud, la maggior parte del
d. intimo che proviamo "è
d. di percezione: percezione
dell'urgere di istinti insoddisfatti, o percezione esteriore, sia che
quest'ultima risulti dolorosa in se stessa, sia che susciti nell'apparato
psichico aspettative spiacevoli e venga da questo avvertita come un pericolo".
D. psichico è anche l'emozione che si accompagna a perdita.
Focalizzazioni del dolore più frequenti