Forma di governo assolutistico retto da un individuo (dittatore) o da un
collegio. • St. - L'origine di questo genere di magistratura si rintraccia
presso le popolazioni latine, dove venivano nominati magistrati annui con il
titolo di dittatore. Tale istituzione era presente ad Alba Longa, Nomento,
Lanuvio, Fidene, Cori ed altre città latine. Successivamente la
magistratura del dittatore passò presso i Romani che vi ricorrevano
solamente in circostanze straordinarie nelle quali si riscontrasse un
grandissimo pericolo per lo Stato. Al dittatore romano venivano conferiti i
pieni poteri e a lui venivano subordinate tutte le altre cariche ordinarie dello
Stato. Il dittatore si manteneva nella sua carica fino a quando permaneva la sua
nomina. Il primo dittatore romano del quale si abbiano notizie storiche certe
è T. Larcio che esercitò tale incarico nel 501 a.C. Secondo alcuni
studiosi la carica di dittatore era collegata ad una fase di passaggio tra
monarchia ed istituzioni repubblicane: la sua istituzione avrebbe avuto lo scopo
di evitare un passaggio troppo netto tra il governo di uno solo (il re) e la
gestione collettiva della cosa pubblica. Il periodo massimo per il quale un
dittatore poteva restare in carica era di sei mesi. In un primo momento, nel
corso di questo periodo di tempo la sua autorità era assoluta.
Successivamente, grazie alle lotte portate avanti dai plebei che vedevano nei
dittatori un pericolo per le libertà politiche da essi conquistate, il
potere assoluto del dittatore si venne gradatamente attenuando. Gli venne fatto
esplicito divieto di nominarsi un successore e di servirsi dell'erario pubblico
senza una preventiva autorizzazione da parte del senato. Il dittatore veniva
eletto mediante un senato-consulto oppure, in circostanze eccezionali, era lo
stesso popolo che provvedeva alla sua elezione. Questo caso si verificò
nel 217 a.C. per Quinto Fabio Massimo dopo la battaglia del lago Trasimeno. In
un primo tempo furono ammessi ad esercitare la
d. solamente gli
appartenenti alle classi del patriziato. Dopo il 356 a.C. questo diritto venne
esteso anche ai plebei. Nell'età moderna il termine di
d. è
divenuto sinonimo di potere assoluto e svincolato da qualunque controllo
popolare. Tuttavia in alcune correnti del pensiero politico moderno l'esercizio
della
d. è stato considerato come un momento positivo della lotta
politica, richiamandosi alle tradizioni della Roma repubblicana che faceva del
dittatore un magistrato eletto per un periodo limitato di tempo e con compiti
specifici. Tali concezioni vennero riprese sia dal Machiavelli sia dai teorici
dell'Illuminismo. Al concetto romano si rifece più volte anche Garibaldi
che considerava la
d. come l'unico rimedio al disordine che regnava nelle
vicende politiche italiane dopo l'unità. Tuttavia, particolarmente nel XX
sec., gli esempi di
d. personale che si sono verificati hanno avuto in
comune uno spiccato carattere antipopolare ed una tendenza a servirsi della
violenza come unico metodo di lotta politica. ║
D. del
proletariato: concetto elaborato da Marx, Engels e Lenin per indicare la
fase di passaggio tra il tramonto della conquista del potere da parte della
classe operaia e la soppressione dello Stato come risultato ultimo della
progressiva eliminazione delle differenziazioni di classe. Questa fase di
passaggio è, nell'elaborazione teorica del marxismo rivoluzionario,
caratterizzata dalla sopravvivenza di alcune delle forme coercitive
dell'apparato statale che vengono dirette contro i possibili avversari del nuovo
ordinamento sociale. Le applicazioni pratiche della formulazione della
d. del
proletariato hanno trovato, particolarmente nella Russia del 1917, una serie
di resistenze anche da parte di elementi che si ponevano su posizioni a sinistra
del Partito comunista (bolscevico) sovietico. Tali resistenze si incarnarono
nella rivolta dei marinai della base di Kronstadt e nella battaglia politica
condotta fino al 1927 dalla cosiddetta opposizione operaia.
Un'immagine di Adolf Hitler