Espressione formulata da F. Nietzsche, usata a
partire dagli anni Sessanta del Novecento per indicare una corrente teologica
nata in quegli anni in America, ma rapidamente diffusasi anche in Europa e
tuttora in pieno svolgimento. Essa prende spunto dalla constatazione della morte
di Dio (cioè della perdita del senso del trascendente e del
soprannaturale e del conseguente disfacimento dei valori tradizionali) nella
società contemporanea, ma al suo interno si diversifica in numerose
posizioni e diversi sviluppi teologici. Testo fondamentale di tale corrente di
pensiero, che si definisce cristiana perché considera al centro della
vita e della fede cristiana una relazione di obbedienza e fiducia verso Cristo,
è il libro del teologo americano G. Vahanian intitolato appunto
La
morte di Dio (1961). Nel tentativo di riaccostarsi alla realtà divina
alla luce delle esigenze della società moderna, secondo una nuova
sensibilità e adoperando un linguaggio più aderente e adeguato,
alcuni esponenti si sono però attestati su posizioni estremistiche,
giungendo talvolta, paradossalmente, a negare la possibilità di qualsiasi
ricorso alla trascendenza. Fra gli esponenti della corrente ricordiamo, oltre a
Vahanian, Bultmann, Robinson, Cox, Van Buren.