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Dinis, Dom.

Re del Portogallo. Figlio di Alfonso III, salì al trono nel 1279, ereditando insieme al Regno problemi complessi. Condusse a buon fine i conflitti con l'alto clero, che chiedeva esenzioni e privilegi, mediante una serie di accordi con la Santa Sede (1289, 1292, 1309) e ottenendo il ritiro dell'interdetto sul Regno lanciato da Gregorio X. Inoltre, quando papa Clemente V decise lo scioglimento dei Templari, D. riuscì a far destinare i loro beni al locale Ordine dei Cavalieri dell'Ospedale evitando così la fuoriuscita dal regno di ingenti ricchezze. Il Paese vide rafforzato il potere e il prestigio della corona: furono drasticamente ridotte le usurpazioni a carico del demanio regio, limitati la manomorta ecclesiastica e gli abusi feudali. In campo economico, fu D. a gettare le basi della potenza marittima del Portogallo sia militare sia commerciale (con l'aiuto di leggi a protezione delle attività di navigazione e stipulando trattati anche con l'Inghilterra) e a promuovere lo sfruttamento minerario del Paese. L'azione maggiormente incisiva del re fu però quella rivolta allo sviluppo agricolo: diede impulso ad un programma di opere pubbliche di bonifica del territorio e di canalizzazione e realizzò una sorta di riforma agraria, dividendo fra gruppi di piccoli agricoltori i latifondi lasciati incolti. I rapporti con i vicini Regni di Castiglia e di Aragona furono spesso difficoltosi, comprendendo anche una breve guerra, ma D. poté avvalersi dell'azione conciliatrice della moglie Isabella, figlia di Pietro III d'Aragona. Gli ultimi anni furono però insanguinati da una guerra civile condotta contro di lui dal figlio Alfonso. Il Regno di D. ebbe anche un carattere di emancipazione culturale, essendo lo stesso re amante delle lettere e poeta. A D. risale una raccolta di ben 139 cantigas di argomento amoroso e ironico, ultima testimonianza della poesia gallego-portoghese. A lui si deve inoltre la nascita nel 1290 dell'università di Lisbona (poi spostata a Coimbra nel 1307) e lo sviluppo del volgare portoghese che introdusse in luogo del latino come lingua degli atti ufficiali e obbligatoria in campo pubblico e giuridico, promuovendolo anche in ambito letterario mediante la traduzione di numerose opere (Lisbona 1261 - Santarém 1325).