Divinità femminile latina. Il suo nome, che
richiama la radice
dius, sembra di origine indoeuropea e collega la
divinità a elementi uranici e luminosi, pur non essendo da escludere,
almeno a giudicare da alcuni aspetti del successivo culto romano, originarie
caratteristiche ctonie. Il santuario più antico fu quello ai piedi dei
Colli Albani da cui la dea desunse l'appellativo di
Aricina (per la
vicinanza della città di Ariccia) e
Nemorensis (per la presenza di
un
nemus, un bosco sacro): qui ella riceveva il culto insieme a Virbio,
una figura maschile di paredro. Al bosco e al santuario di
D. Aricina era
preposta la figura sacerdotale del
rex nemorensis. La successione a
questo ruolo sacerdotale avveniva infatti mediante uccisione rituale del
precedente
rex da parte di un pretendente che, per fare ciò,
doveva prima spezzare un ramo da un albero sacro che cresceva nei pressi del
santuario, in un luogo detto
speculum Dianae. Il fatto che il nuovo
sacerdote dovesse essere uno schiavo fuggiasco dà antiche ragioni allo
stretto vincolo che il culto romano stabilì fra
D. e il mondo
servile. Dea dei boschi e della natura selvaggia, per il suo carattere
"estraneo" fu venerata appunto in luoghi esterni alle aree urbane e rimase
perciò libera da rapporti preferenziali di culto con questa o quella
città. Per questo motivo fu assunta come divinità preminente dalle
popolazioni della Lega Latina, assieme a Giove, figura superna cui si prestava
il culto sulla sommità dei colli. Quando dunque l'egemonia romana si
affermò in tutto il Lazio e la politica religiosa dei Tarquini
trasferì a Roma il culto di Giove dio universale, seguì
naturalmente la necessità di dedicare anche a
D. un tempio nella
capitale del Lazio. Secondo Livio, fu Servio Tullio a dedicare il santuario; ma
essendo
D. la dea di tutte le città latine e fonte di
legittimazione del potere politico proprio in virtù della sua
"estraneità" a qualsiasi realtà urbana, anche il tempio romano fu
elevato fuori dal
pomerium, sull'Aventino. Il permanere del carattere
straniero di
D. rispetto alla città, fu alla base del particolare
legame degli schiavi (non-cittadini per eccellenza) al suo culto. Il processo di
identificazione di
D. con la greca Artemide
(V.) non è molto chiaro, anche se alcuni
studiosi ritengono addirittura che le due divinità fossero già in
origine un'unica figura. Attualmente si preferisce ipotizzare un'interazione
molto antica fra i culti delle due dee, con ogni probabilità verificatasi
inizialmente nei santuari campani, che erano più direttamente a contatto
con le genti della Magna Grecia, e via via ampliatasi all'ampliarsi dei rapporti
fra Roma e la cultura greca. In seguito a ciò, comunque,
D.
assunse caratteri e valenze proprie della sua omologa ellenica. Diventò
protettrice delle donne e del parto (
D. Lucina), vergine cacciatrice; da
Ecate, già identificata dai Greci in Artemide, mutuò il carattere
lunare e ctonio, connesso al mondo degli Inferi e della magia. Anche
l'iconografia identificò
D. con la dea greca, raffigurandola con
il cane o la cerva, armata di faretra.