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Depurazione.

Complesso di operazioni eseguite per consentire sia l'utilizzazione di sostanze altrimenti non idonee (per la presenza di impurità di varia natura), sia lo scarico, a un tasso di impurità non pericoloso, di sostanze rese altamente inquinate e inquinanti da processi e trattamenti cui sono state sottoposte. Il problema dell'inquinamento ha reso necessario lo sviluppo di una tecnologia atta a contenere al massimo la degradazione ambientale artificiale. Da questo filone di ricerche e di studi ha tratto giovamento anche il settore relativo alla d. Anche la legislazione si è adeguata, diventando molto più severa con la promulgazione di norme che intendono soprattutto prevenire l'inquinamento e i danni all'ambiente naturale e prescrivendo l'adozione di tutti gli accorgimenti tecnici idonei a ridurre o ad annullare qualsiasi contaminazione. I primi processi di d. si sono occupati del trattamento dei gas, in particolare dell'aria, per eliminarne eventuali polveri in sospensione e hanno trovato applicazione specialmente nel settore minerario; i trattamenti riguardanti l'acqua, invece, hanno acquistato un ruolo più significativo negli ultimi decenni, dato che il costo della sua utilizzazione diventa sempre più oneroso. La necessità dei processi industriali di aumentare i rendimenti e di diminuire i costi ha portato, grazie allo sviluppo delle tecniche di d. al recupero, in forma di sottoprodotti, di una notevole quantità dei residui di lavorazione e, soprattutto per quelle lavorazioni industriali che impiegano largamente l'acqua, è divenuta una pratica sempre più diffusa studiare e progettare impianti che ne consentano un efficace riciclo. La d. si ottiene separando dal mezzo trattato, in genere un fluido o un gas, le sostanze che ne determinano l'impurità. Esistono svariati tipi di d. che utilizzano processi fisici e/o chimici a seconda della natura del mezzo e delle sostanze da eliminare. ║ D. degli aeriformi: viene effettuata sia per eliminare sostanze nocive (per esempio, per rendere l'aria nuovamente respirabile, integrando questa operazione con quelle di condizionamento e di climatizzazione), sia per recuperare alcune sostanze tra quelle che vi sono state liberate durante determinate fasi di lavorazione, se queste hanno un valore tale da giustificare la spesa che il loro recupero comporta. In molte attività industriali si verifica la dispersione nell'aria di una notevole quantità di polveri trascinate da gas o da fumi. Queste vanno abbattute per impedire l'inquinamento atmosferico, ma in alcuni casi può risultare vantaggioso anche il loro recupero, come ad esempio avviene in campo siderurgico: le polveri lasciate dai gas di altoforno, una volta abbattute e agglomerate, vengono nuovamente caricate nell'altoforno. L'abbattimento delle polveri disperse in un aeriforme si definisce depolverazione o depolverizzazione e si ottiene con apparecchiature studiate in funzione della natura dei gas o dei fumi da trattare, della loro temperatura, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle polveri, della loro granulometria, concentrazione e del loro valore intrinseco. Tra i depolverizzatori più comuni rientrano gli elettrofiltri, le torri di abbattimento a getto liquido e i cicloni. Nell'industria mineraria si usano speciali maschere antipolvere che però non assicurano un'efficace difesa in presenza di polveri molto fini. È pertanto assolutamente necessario, nei cantieri sotterranei, assicurare un'attiva ventilazione, capace di asportare le polveri dannose; in questi casi la ventilazione può essere integrata ricorrendo a camere a polvere o a cicloni. Per eliminare sostanze nocive, allo stato gassoso, presenti in un aeriforme, si ricorre all'assorbimento su filtri di carbone attivo o di gel di silice o di allumina; in altri casi si utilizzano assorbenti liquidi specificamente attivi nei riguardi del componente da allontanare. Per l'eliminazione del solfuro di idrogeno, dei composti solforati organici, dell'anidride solforosa vi è il processo di desolforazione. ║ D. dell'acqua: viene condotta con tecniche diverse a seconda del tipo di acqua trattata e delle finalità che si vogliono raggiungere (acqua da destinarsi a usi potabili e igienici, industriali o all'irrigazione). Il trattamento delle acque industriali e urbane riveste un'importanza basilare poiché vi è una crescente richiesta di acqua con particolari requisiti di purezza, tanto che le fonti che precedentemente assicuravano il rifornimento idrico non solo risultano insufficienti ma in parte sono rese inutilizzabili dall'inquinamento. Questo è imputabile allo scarico nei bacini idrici, nel sottosuolo e in mare delle acque di rifiuto non depurate, sia di quelle smaltite dalle industrie sia di quelle utilizzate dalla popolazione per usi potabili e igienici, in quanto ormai, a causa delle sostanze chimiche impiegate per usi domestici, le acque luride municipali hanno una composizione simile a quella degli affluenti industriali. La quantità di acqua altamente inquinata scaricata nei corsi d'acqua è tale ormai da non consentire in molti casi l'autodepurazione degli stessi con conseguente riduzione delle possibilità di prelievo di acque direttamente utilizzabili. Per quanto riguarda le acque destinate ad essere utilizzate in lavorazioni, processi e cicli industriali, esse devono presentare determinate caratteristiche chimiche, fisiche e anche batteriologiche, a seconda degli impieghi cui sono destinate e pertanto le tecniche di d. variano di conseguenza; le acque destinate a usi civili subiscono invece una serie ben definita di trattamenti. Nell'ambito della d. delle acque destinate ad usi industriali, la separazione di sostanze in sospensione si può ottenere per sedimentazione e decantazione delle acque in larghi bacini, aventi anche funzioni di polmoni di riserva, allo scopo di consentire il deposito delle particelle di diametro superiore a 1/200 di mm; per coagulazione e flocculazione in larghi bacini debolmente agitati, mediante trattamento chimico con agenti coagulanti, come allume, silice attiva, polielettroliti, che causano la precipitazione delle particelle solide più fini; per filtrazione su letti di sabbia con granulati del diametro di 0,5 mm circa o su letti di ghiaia, sabbia e carbone attivo. Un'operazione piuttosto comune è l'eliminazione della durezza, permanente e temporanea, dell'acqua, ossia l'operazione di addolcimento (detta anche decalcificazione e dolcificazione); la durezza temporanea è eliminata ricorrendo ad aerazione intensa o a trattamento con acqua di calce, mentre i solfati e i cloruri di calcio e di magnesio, responsabili della durezza permanente, vengono trasformati per reazione con calce e soda in carbonato di calcio e in idrossido di magnesio e lasciati precipitare. Per l'allontanamento dei sali di ferro e di manganese si trattano le acque con permutite al manganese, ottenendo così la precipitazione di questi sali, trasformati in ossidi idrati di ferro e di manganese; la permutite viene periodicamente rigenerata con permanganato di potassio. Gli stessi risultati si possono ottenere anche ricorrendo a resine scambiatrici di ioni: le resine a scambio cationico eliminano la durezza delle acque consentendo una maggiore velocità di scambio rispetto al sistema alla permutite, mentre le resine a scambio ionico acide e basiche, permettendo l'eliminazione di silicati, fosfati, fluoruri e solfati, consentono di ottenere acque quasi completamente demineralizzate. Acqua quasi del tutto demineralizzata si ottiene anche col processo elettrolitico o elettro-osmotico (non si elimina però la silice colloidale, che solitamente non dà inconvenienti; qualora però per condizioni di esercizio particolari, come vapore ad alta pressione nelle turbine, ci sia il rischio di formazione di depositi notevoli, si può procedere alla desilicatizzazione con sostanze capaci di fissare la silice come silicato insolubile, o che idrolizzandosi formano composti capaci di assorbirla). Per neutralizzare le acque acide si ricorre ad aggiunte di carbonato di sodio e di fosfato trisodico; quest'ultimo agisce come tampone nel caso di un eventuale eccesso nell'immissione di soda, che potrebbe favorire la cosiddetta fragilità caustica (la perdita di duttilità delle lamiere per corrosione intercristallina). La d. di acque particolarmente ricche di gas (degassamento) riguarda principalmente l'eliminazione del biossido di carbonio (decarbonatazione) e dell'ossigeno. I processi più usati impiegano sia mezzi fisici (ad esempio il riscaldamento fino all'ebollizione dell'acqua, poiché la solubilità di un gas in un liquido si annulla all'ebollizione), sia mezzi chimici (ad esempio il trattamento con calce per la decarbonatazione, il passaggio dell'acqua su ferro suddiviso per fissare l'ossigeno, l'immissione di idrazina che reagendo con l'ossigeno dà azoto e acqua). Lo scopo del post-trattamento delle acque industriali è anche quello di impedire la formazione di alghe e a tal fine si può ricorrere all'aggiunta di composti organici del mercurio o del cloro. Per quanto riguarda la d. delle acque di rifiuto, i trattamenti a cui vengono sottoposti gli affluenti urbani presentano una successione che ormai può considerarsi codificata. Le acque subiscono una prima grossolana filtrazione con griglie, che consente di separare i corpi solidi con granulometria superiore a 0,2 mm; segue poi una fase di sedimentazione che avviene in larghi bacini: sul fondo si depositano i fanghi, mentre in superficie si raccolgono le sostanze grasse e oleose. Queste ultime possono essere allontanate tramite un processo di disoliazione per elettroforesi o per flocculazione indotta da gel assorbenti di idrossidi di alluminio e di ferro o per passaggio lento su un letto di carbone attivo. La fase successiva ha lo scopo di ottenere una veloce degradazione biologica del materiale organico presente nelle acque mediante intensa ossigenazione (in un letto filtrante di ghiaia grossolana per insufflazione in controcorrente al liquame che scende o in contattori di gas liquidi fortemente agitati, insufflando aria arricchita con ossigeno). Successivamente le acque vengono sottoposte a un processo di coagulazione (per trattamento chimico con agenti coagulanti), al fine di consentire la precipitazione delle particelle colloidali, seguito da un periodo di sedimentazione. Le operazioni che completano il processo di d. sono: la filtrazione su letti di sabbia per asportare le più piccole quantità di solidi sospesi, l'adsorbimento su carbone attivo per eliminare colore, odore, sapore, a la flottazione con agenti tensioattivi per l'asportazione delle sostanze detergenti, a la clorazione, la deionizzazione e, volendo ottenere acqua potabile, tutte le altre tecniche impiegate per la dissalazione delle acque marine. La d. delle acque industriali di scarico non segue processi standardizzati, ma viene eseguita con metodologie diverse a seconda degli inquinanti presenti. Utilizza le stesse tecniche di d. valide per gli scarichi urbani, per quanto riguarda i materiali sospesi e organici, mentre si differenzia sensibilmente per l'eliminazione di inquinanti particolari, come metalli pesanti o composti organici non biodegradabili, o quando l'acqua risulti notevolmente acida, basica o molto calda. ● Dir. - I problemi posti alla collettività dal crescente inquinamento delle acque, prodotto soprattutto dagli scarichi industriali, e l'inadeguatezza delle leggi vigenti, hanno reso necessaria l'adozione di una più precisa e severa normativa, per la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, disciplinando gli scarichi di qualsiasi tipo. Nonostante la presentazione, nel corso degli anni, di numerosi progetti di legge, il dibattuto problema della salvaguardia dall'inquinamento delle acque, marittime e interne, di superficie e sotterranee, non ha comportato una ben definita regolamentazione giuridica sino all'approvazione della legge n. 319 del 10.5.1976, nota come legge Merli, dal nome del suo presentatore, modificata successivamente dalle leggi 8.10.1976 n. 690 e 23.12.1979 n. 650. Stabilito che, per scarico, deve intendersi ogni versamento continuativo di rifiuti provenienti da un insediamento civile o produttivo, la legge sanciva l'obbligatorietà di depurare i liquami di scarico, stabilendo limiti di tollerabilità, sulla base di un'apposita tabella. Tenuto conto della difficoltà di adeguare, entro breve tempo, gli scarichi alle prescrizioni della nuova normativa, era previsto un progressivo adeguamento degli impianti di d., per cui le sanzioni previste per i trasgressori non avevano applicazione immediata. Le diverse e divergenti interpretazioni sugli indici di tollerabilità, le deroghe accordate e le successive proroghe dei termini di scadenza, per la piena applicazione della legge, hanno finito col favorire le trasgressioni e col rendere di fatto largamente inapplicata la legge del 1976. Una nuova legge, n. 62 del 5.3.1982, ha demandato maggiori responsabilità alle Regioni in materia di approvazione dei limiti di accettabilità, della regolamentazione e della scelta delle zone idonee allo smaltimento dei fanghi e liquami residuati da lavorazioni industriali o da processi di d. Nel 1991 è stata emanata la direttiva 271 che disciplina il trattamento delle acque reflue urbane.
Rappresentazione grafica di un impianto di depurazione industriale