Uomo politico italiano. Conseguita la laurea in
Giurisprudenza a Pavia nel 1834, nel 1836 fu eletto sindaco di Mezzana
Bottarone, il suo paese natale. Trasferitosi a Stradella intorno al 1842,
iniziò a dedicarsi all'amministrazione delle proprietà fondiarie
della sua famiglia e dei conti Arnaboldi Gazzaniga. Simpatizzante in
gioventù delle idee mazziniane, dal 1847 si occupò attivamente di
politica in qualità di organizzatore del Movimento Liberale nel
Vogherese. Eletto deputato di Broni al Parlamento subalpino nel 1848, divenne in
breve tempo uno dei capi dell'opposizione democratica contro il Governo. Il suo
impegno nelle file della sinistra continuò anche dopo il distacco della
fazione di centro-sinistra facente capo a U. Rattazzi e dopo il connubio di
questi con Cavour. Nel 1853 predispose, senza però prendervi parte, aiuti
finanziari per il moto di G. Mazzini del 6 febbraio 1953, in seguito fallito;
nel 1854 votò contro la spedizione in Crimea. Nel 1859, all'indomani
della seconda guerra d'Indipendenza, venne nominato governatore di Brescia.
Inviato in Sicilia come prodittatore nel 1860, in contrasto con la linea
politica sostenuta da Crispi si batté per l'annessione immediata.
Dimessosi dall'incarico nel settembre 1860, tornò a Torino. Fu ministro
dei Lavori Pubblici nel Governo Rattazzi (1862), della Marina con Ricasoli
(1866) e delle Finanze nel rimpasto del Governo Ricasoli (febbraio-aprile 1867).
Dopo la morte di Rattazzi (1873) guidò l'opposizione della sinistra
parlamentare al ministero presieduto da Minghetti. Con la caduta di quest'ultimo
sulla questione della tassa sul macinato fu posto a capo del primo Gabinetto di
sinistra (25 marzo 1876); da allora rimase al potere quasi ininterrottamente per
oltre 11 anni. Nella sua lunga attività si possono distinguere due
periodi: dal 1876 al 1882, spinto da uomini di sinistra come Zanardelli e
Cairoli, cercò di attuare un programma di sinistra portando avanti molte
delle riforme annunciate nel discorso di Stradella; in seguito invece, dal 1882
al 1887, attuò la pratica del
trasformismo
(V.), basando la sua azione politica sul
compromesso caso per caso, che faceva leva su un processo di disgregazione dei
partiti politici. Nel 1878, dopo due anni di Governo,
D. fu costretto a
dimettersi a causa del dissenso, interno alla sinistra, dovuto alla mancata
attuazione del programma; tuttavia, già nel dicembre del 1878
tornò al Governo succedendo a Cairoli. In politica estera
D.
propugnò un cauto riavvicinamento agli Imperi centrali; in politica
interna egli ridusse l'impopolare tassa sul macinato e stanziò ingenti
somme nella realizzazione di opere pubbliche. Dimessosi nuovamente nel 1879,
entrò a far parte del Ministero Cairoli, con l'incarico di ministro degli
Esteri. Nel 1881 tornò alla presidenza del Consiglio e intensificò
la sua politica filoaustriaca che culminò nel 1882 nella stipulazione del
patto della Triplice Alleanza. Nel 1883 fu nuovamente costretto alle dimissioni
a causa dei moti irredentistici e dell'ostilità della destra.
Successivamente, una serie di brillanti manovre parlamentari lo mise in grado di
ritrovare una maggioranza con la quale, nel giugno 1883, divenne nuovamente capo
del Governo. Una parte della sinistra, capeggiata dalla
pentarchia,
osteggiò la sua politica del trasformismo, senza tuttavia ottenere
sostanziali vittorie. Nell'estate del 1885 il quinto Ministero di
D.,
rafforzato dalla presenza agli Esteri di Di Robilant, rinvigorì la
posizione del Paese all'interno della Triplice Alleanza e avviò la
politica coloniale. Questa, tuttavia, condotta senza preparazione, portò
all'eccidio di Dogali (1887) e alla crisi di Governo. Trattando con Baccarini,
Cairoli, Crispi, Zanardelli, Nicotera,
D. riuscì a formare un
Gabinetto in cui Crispi ebbe il ministero dell'Interno e Zanardelli quello della
Giustizia; nel Governo entrarono anche due esponenti cari alla destra: E.
Bertolé Viale e G. Saracco. In questo modo la pratica del trasformismo
continuò con una maggioranza allargata nel Paese, delineando una classe
di potere che vedeva alleati i possidenti agrari e gli industriali. Nel luglio
del 1887
D. fece approvare una tariffa doganale che avvantaggiava gli
industriali tessili e siderurgici. Inoltre promosse un aumento del dazio
doganale sul grano. Con questa politica protezionistica, tesa a salvaguardare
gli interessi industriali e quelli dei proprietari agrari,
D. creò
quel blocco agrario-industriale che fu alla base della politica del suo
successore Crispi (Mezzana Bottarone, od. Bressana Bottarone, Pavia 1813 -
Stradella, Pavia 1887).