(dal latino
daemonium , der. del greco
daimónion). Nome con cui si definiscono gli angeli ribelli della
tradizione ebraica e cristiana, rispetto alla categoria più ampia e
indifferenziata dei demoni (V. DEMONE). ║
Per estens. - Spirito e simbolo del male, sinonimo di
diavolo
(V.). ║ Fig. - Persona malvagia o astuta.
● St. delle rel. - Per il canone ebraico dell'Antico Testamento il
d. (
Satan in ebraico) per eccellenza era l'angelo ribelle ed
eternamente dissenziente dal volere di Dio, precipitato nel mondo infero insieme
ai suoi fratelli. Mai presentato come il capo o la personificazione delle forze
del male, ne era piuttosto considerato come un alleato, in tutte le forme e
manifestazioni che poteva assumere,
in primis la morte. Nel libro della
Genesi il
d., anche se non nominato esplicitamente, opera per
mezzo della tentazione nell'immagine del serpente. Negli scritti della teologia
rabbinica, al
d. veniva attribuito solo il ruolo di nemico dell'uomo e
della creazione, non di antagonista del Creatore: egli non era considerato come
il male assoluto, ma come una realtà autonoma del male che operava contro
l'uomo. Il
d. era il tentatore, l'accusatore e l'omicida, cioè
colui che introdusse nella creazione la morte. Le credenze relative ai
d.
in generale, e al principale fra loro, si diffusero e svilupparono notevolmente
nel periodo seguente l'esilio di Babilonia e rifluirono in larga parte della
letteratura apocalittica ebraica e nel Nuovo Testamento. Gesù cacciava i
d. da coloro che ne erano posseduti e diede anche agli Apostoli il potere
di fare lo stesso. Anche nel Nuovo Testamento il primo fra i
d. è
Satana, di cui i Vangeli mostrano l'opera malefica che vuole impedire la
redenzione dell'uomo: il
d. tenta Gesù nel deserto, entra nel
cuore di Giuda per spingerlo al tradimento, spinge i Giudei
all'incredulità. Attraverso le riflessioni dei Padri della Chiesa e le
dichiarazioni del magistero ecclesiastico in numerosi concili (da quello di
Braga, al Lateranense IV e fino al Vaticano II) si arrivò nella teologia
cattolica a una dottrina sostanzialmente omogenea riguardante il
d.
Furono condannate sia le affermazioni di Origene, secondo cui alla fine dei
tempi anche Satana sarebbe stato reintegrato nel Bene, sia quelle manichee, che
facevano del
d. il principio del Male contrapposto a quello del Bene, e
perciò indipendente e autonomo rispetto a Dio. I
d., puri spiriti,
dotati di intelletto e volontà, creati all'inizio del tempo, caddero per
loro colpa, perdendo perciò lo stato di Grazia in cui erano stati creati.
Proprio per la loro natura perfettamente spirituale i
d. non possono
allontanarsi in alcun modo dal peccato che hanno commesso. Quale sia stato di
preciso questo peccato, però, non è chiaro: i teologi concordano
solo nell'affermare che si trattò di un peccato di superbia e di invidia.
San Tommaso, che ordinò gli angeli in gerarchia ascendente verso Dio,
assegnò ai
d. una posizione inferiore a quella umana, per la somma
del male che rappresentano. Anche nel nostro secolo, nel documento conciliare
Gaudium et spes e in diversi documenti del magistero di Paolo VI e di
Giovanni Paolo II, è stata riaffermata la natura personale e non
simbolica di Satana e dei
d., come agenti tentatori e ostacoli alla
salvezza dell'uomo.