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Darwin, Charles Robert.

Biologo e naturalista inglese. Nipote del fisiologo Erasmus, fu avviato alla professione medica come già suo padre prima di lui. Dopo aver frequentato la facoltà di Medicina all'università di Edimburgo dal 1825 al 1828, si dedicò, nella prospettiva di una carriera ecclesiastica, a studi teologici presso il Christ's College di Cambridge. Proprio a Cambridge la sua passione da autodidatta per le Scienze naturali, coltivata attraverso la lettura di libri e la raccolta di insetti, trovò uno sbocco grazie alla frequentazione con il botanico J.S. Henslow e il geologo A. Sedgwick. Con la loro guida, D. approfondì le sue conoscenze naturaliste e geologiche, al punto da poter ottenere l'incarico di "naturalista senza paga" a bordo del brigantino Beagle. La spedizione, per ordine dell'ammiragliato inglese, doveva compiere il giro del mondo per condurre rilevazioni cartografiche e misurazioni cronometriche. Durante il viaggio, che durò dal 1831 al 1836, D. visitò le isole di Capo Verde, il Brasile, la Terra del Fuoco, la Patagonia, le coste del Cile, molte isole dell'Oceano Pacifico e in particolare le Galapagos, riportandone una messe di materiale, dati, intuizioni e idee sufficienti a sostenere l'attività scientifica di tutta la sua vita. Conclusa la spedizione, D. visse a Londra per alcuni anni, ricoprendo anche la carica di segretario della Geological Society, che gli permise di curare i rapporti con il mondo scientifico londinese e in particolare con Hooker, Huxley e Lyell. Nel 1842, per necessità di salute, fu costretto a trasferirsi nel Kent, dove visse fino alla morte, dedicandosi alla stesura dei suoi lavori. La sua prima opera, pubblicata nel 1839, fu il Journal of Researches into the Natural History and Geology of the Countries Visited during the Voyage of Beagle, che assunse poi, nell'edizione definitiva del 1860, il titolo di A naturalist's voyage, una sorta di diario dell'autore lungo i 57 mesi della spedizione del Beagle. Seguirono nel 1846 le Geological Observations on South American, comprendenti il saggio sulle barriere coralline in cui D. avanzava l'ipotesi secondo la quale la crescita verticale delle madrepore era secondaria a un progressivo inabissarsi del basamento roccioso. Ugualmente innovativa l'eziologia fornita dallo scienziato a proposito delle isole vulcaniche, originate non da un rigonfiamento della crosta terrestre ma da una sua frattura, da cui sarebbe fuoriuscito il magma che, solidificatosi, avrebbe costituito il cono vulcanico. La maggior parte delle sue energie, però, si rivolsero al problema dell'evoluzione delle specie: lavorò a On the Origin of Species fin dal 1837. Respingendo il principio di Cuvier, per il quale non una evoluzione ma una catena di catastrofi naturali hanno cancellato le specie più antiche e portato alla genesi di nuove, D. si rivolse alle teorie di J.B. Lamarck (V.) e del suo stesso nonno Erasmus, sentendosi però necessitato alla ricerca di una spiegazione del processo evolutivo. Attraverso il confronto di fossili relativamente recenti con le specie corrispondenti tuttora viventi, D. aveva notato la graduale transazione dagli uni fino alle altre e, parallelamente, aveva riscontrato come forme di vita affini e appartenenti ad habitat simili ma separati (come ad esempio nelle isole Galapagos) presentassero marcate differenze. Queste osservazioni portarono lo scienziato a formulare l'ipotesi che le specie fossero il frutto di una lenta modifica a partire da una discendenza comune da antenati più antichi. Le osservazioni compiute sugli animali delle Galapagos escludevano che ad innescare le mutazioni potesse essere unicamente l'ambiente esterno e dunque D. cercò ulteriori spiegazioni al fenomeno evolutivo. Trovò una risposta in due fatti che collegò fra loro: come gli allevatori ottenevano nuove forme di animali domestici scegliendo per la riproduzione gli individui dotati delle caratteristiche per loro vantaggiose in modo da fissarle stabilmente, così in natura doveva agire un fattore selettivo che favoriva di volta in volta individui dotati di talune caratteristiche che venivano poi fissate per via ereditaria attraverso la riproduzione. Restava da capire che cosa in natura avesse il ruolo svolto dall'uomo nelle pratiche d'allevamento, che cosa innestasse la selezione naturale fra gli individui di una specie, fino a portare, mutazione dopo mutazione, alla nascita di nuove specie. La lettura del saggio di T.R. Malthus Sul principio della popolazione suggerì a D. che il fattore innescante la selezione naturale fosse la lotta per la sopravvivenza fra individui di una stessa specie, che vedeva prevalere gli individui meglio dotati o che possedevano caratteristiche più adatte alla vita nel proprio habitat. Mentre D. approfondiva queste sue teorie, gli giunse la notizia che un altro studioso, A.R. Wallace, aveva formulato un'ipotesi simile alla sua a proposito di selezione naturale e di "una tendenza delle varietà a dipartirsi progressivamente dal tipo originario". Questo fatto lo spinse ad affrettare la pubblicazione dell'opera cui lavorava: L'origine delle specie, iniziata nel 1859, fu rivista più volte dall'autore, sulla scorta delle critiche suscitate e del progredire delle sue stesse ricerche, fino al 1872, anno della sesta ed ultima edizione. Al nucleo essenziale e rivoluzionario della teoria di D. appartengono anche gli studi sulla variabilità, che mostravano come inizialmente si abbiano varietà gradatamente divergenti di una specie fino a che l'instaurarsi delle barriere di sterilità fra il tipo originario e la varietà stessa testimonia l'avvenuta distinzione in una specie diversa. Per quale motivo, poi, insorgano mutazioni anche lievi in individui di una specie, D. ammise di non sapere (e la questione si chiarirà infatti solo nel XX sec., grazie alla moderna scienza genetica), ma sottolineò fondatamente come i membri di una medesima specie non siano mai identici, ma presentino sempre delle lievi differenze che la natura seleziona e i cui caratteri vincenti vengono fissati per via ereditaria. Particolarmente interessante, anche per le ricadute strettamente filosofiche che ebbe, è il principio della "causalità della variazione", in quanto negazione di qualsiasi riconoscibile provvidenzialità nel processo della selezione naturale e dell'evoluzione delle specie. Proprio tale impostazione "a-provvidenziale" mosse l'opposizione della Chiesa, che contestò soprattutto la teoria sull'origine dell'uomo (frutto di naturale evoluzione, attraverso una serie di gradi intermedi, da un antenato condiviso con le scimmie), mentre raccolse il favore del pensiero materialista e del Positivismo in genere, pur mantenendo D. uno stretto e prudente agnosticismo in campo religioso e affermando la sua opera limitarsi all'indagine puramente scientifica. Tuttavia la dottrina elaborata da D. contribuì allo sviluppo delle scienze sociologiche, psicologiche ed economiche. Tra le altre sue opere, citiamo: La discendenza dell'uomo e la selezione in relazione al sesso (1871), L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali (1872) (Shrewsbury, Shropshire 1809 - Down, Kent 1882).