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Cromo.

(dal greco króma: colore). Chim. - Elemento chimico di numero atomico 24, peso atomico 51,996, simbolo Cr. Appartiene al VI gruppo, sottogruppo B della tavola periodica, insieme al molibdeno e al tungsteno, con i quali presenta notevoli analogie. Nella stessa tavola appartiene al IV periodo, e si colloca fra il vanadio ed il manganese. Fu scoperto nel 1797 dal chimico L.N. Vauquelin. È un elemento poco diffuso in natura (0,02% della crosta terrestre), dove non si trova mai libero, ma combinato con diversi minerali, tra i quali la cromite, la crocoite e l'uvarovite. Il c. è un metallo di color bianco-argenteo, splendente, duro e fragile. Se estremamente puro è relativamente duttile; tuttavia è difficile da ottenere e conservare in questa forma. Elettrodepositato presenta sovente un riflesso azzurrino. È cubico a corpo centrato a bassa temperatura (come il ferro); sopra i 1.875 °C diventa cubico a facce centrate; ne esiste anche una modificazione esagonale, instabile. Fonde a 1.875 °C circa a pressione atmosferica. Ha peso specifico pari a 7,19 g/cm3 a temperatura ambiente. Il suo raggio covalente è 1,27 Å; la sua elettronegatività è 1,6 della scala Pauling. Il c. presenta una grandissima affinità per l'ossigeno e per diversi altri elementi. La sua fragilità deriva essenzialmente dall'ossigeno, che è sempre presente al suo interno, e può essere pericolosa negli acciai. All'aria non viene apparentemente attaccato, infatti si forma rapidamente una pellicola superficiale di ossido che lo preserva. Questa passivazione è presentata dal c. anche in diversi mezzi ed è quella che conferisce agli acciai inossidabili la loro resistenza ai più svariati agenti chimici. In acido cloridrico e solforico concentrati o non molto diluiti si scioglie facilmente; non è invece attaccato in alcun modo dall'acido nitrico, nemmeno a caldo, in quanto si passiva. Ad alta temperatura si combina con il vapore acqueo e brucia in presenza di ossigeno (ad esempio nella fiamma ossidrica). Scaldato a temperatura opportuna si combina direttamente anche con diversi elementi, quali zolfo, azoto, carbonio, silicio, boro e gli allogeni. È attaccato facilmente dagli alcali concentrati. Il suo comportamento è legato al fatto che è facilmente passivabile; infatti ha un potenziale normale di idrogeno di - 0,51 Volt ed è quindi poco nobile. Forma leghe con la maggior parte dei metalli; di solito anche in piccole percentuali trasmette loro utili proprietà. Negli acciai non può essere aggiunto al minerale della carica (in quanto si ossida più facilmente del ferro), ma solo nello stadio finale dell'affinazione. Si è visto che del c. presente inizialmente nei minerali di carica di un altoforno non più di 1/3 circa si ritrova nel prodotto finale. ● Metall. - La maggior parte del c. prodotto si ottiene come ferrolega, o ferrocromo cioè lega ferro-c.. Questa lega, usata nella fabbricazione di acciai inossidabili e leghe speciali, si ottiene principalmente per due vie, a partire dalla cromite. Con un metodo si riduce la cromite in forno elettrico con carbone e silice come scorificante; con un secondo metodo la riduzione della cromite avviene per mezzo di polvere di alluminio, oppure di altri agenti fortemente riducenti. In entrambi i casi il ferrocromo risulta impuro per la presenza di carbonio o di ossigeno. Un c. molto puro si prepara industrialmente per elettrolisi da varie soluzioni; deve però essere degassato per riscaldamento sotto vuoto, in quanto contiene sempre molto idrogeno (circa 250 volte il suo volume). Piccole quantità di c. molto puro si possono ottenere per separazione dei suoi composti previamente purificati. ║ Composti: il c. presenta composti a valenza +2 (detti cromosi), +3 (detti cromici), +6 (detti cromati e policromati). I composti cromosi sono derivati dall'ossido cromoso CrO e si formano quando si scioglie direttamente il metallo in acido. Sono estremamente instabili, in quanto anche in soluzione si ossidano a composti cromici con svolgimento di idrogeno e non rivestono perciò grande importanza pratica. In realtà è dimostrato che la loro ossidazione a cromici non avviene se non è catalizzata; tuttavia per questa reazione sono catalitici gli stessi ioni Cr3+ che sono sempre presenti anche se in quantità minima (autocatalisi). Le soluzioni dei sali cromosi sono colorate in violetto; questi sali sono inoltre paramagnetici. I composti cromici derivano dall'ossido di c. Cr2O3 che si può ottenere sia bruciando il metallo in eccesso di ossigeno, sia calcinando l'idrato cromico Cr(OH)3, gelatinoso, sia per decomposizione di sali quale ad esempio il bicromato di ammonio. L'ossido di c. è un solido di colore nero se compatto, verde scuro se finemente suddiviso. Viene impiegato nella fabbricazione dei vetri per dare la colorazione verde. Chimicamente ha un comportamento abbastanza simile al sesquiossido di alluminio Al2C3 e come quest'ultimo ha tendenza a dare ossidi complessi: la cromite FeO . Cr2O3 ne è un esempio. Viene utilizzato anche per la fabbricazione di rivestimenti refrattari; rispetto agli altri composti (a base di alluminio o di ossido di magnesio) presenta una buona conducibilità termica. L'idrossido di c. Cr(OH)3 si precipita dalle soluzioni di sali cromici mediante ammoniaca; si presenta gelatinoso, con un colore che va dal verde al blu. È solubile negli acidi forti e negli alcali caustici, poco solubile in ammoniaca. Ne esiste anche una forma idrata, il Cr(OH)3 . 2H2O, che perde acqua se scaldata a circa 100 °C. Il solfuro cromico Cr2S3 non si può ottenere dalle soluzioni acquose, dato che idrolizza facilmente; si ha invece per reazione fra cloruro cromico CrCl3 e H2S a caldo. Si presenta come una polvere che va dal bruno scuro al nero, insolubile in acqua fredda, decomposta da quella calda; è solubile in acido nitrico bollente. Il cloruro cromoso CrCl3 si ottiene per azione di un agente clorurante sull'ossido Cr2O3; il CrCl3 sublima e può essere condensato in lamine di color violetto. La forma idrata ottenuta da soluzione acquosa ha abitualmente sei molecole d'acqua. Il solfato cromico Cr2(SO4)3 ha un colore rosa ed è insolubile negli acidi; la soluzione acquosa è violetta e passa al verde per riscaldamento. Si possono avere dalle soluzioni anche solfati cromici con diversi gradi di idratazione, e precisamente con 5, 15 o 18 molecole d'acqua. Nella forma violetta dà origine facilmente a sali doppi con altri fosfati (ad esempio di potassio). I sali cromici vengono spesso impiegati come mordenti in tintoria e nella concia delle pelli. I composti esavalenti sono quelli nei quali il c. ha valenza formale -6, che sono detti cromati, in quanto esso compare come anione. Hanno formula del tipo K2CrO4 e si possono ottenere dalla cosiddetta anidride cromica CrO3. L'acido cromico corrispondente, di formula H2Cr3, non si può però isolare. I cromati sono quasi sempre isomorfi con i solfati; in effetti tutti i derivati della CrO3 sono simili a quelli della SO3. L'anidride cromica CrO3 o triossido di c. si presenta in cristalli rombici aghiformi di colore rosso cupo. Per riscaldamento si decompone a circa 170 °C, liberando ossigeno. È ben solubile in acqua fredda e ancor più in quella calda; è facilmente solubile anche in acido solforico, alcool etilico, etere solforico, acido acetico glaciale. È un ossido molto energico, tanto che riesce a ossidare varie sostanze (ad esempio alcool etilico, acido solforico, acido cloridrico, ecc.) anche a freddo. L'anidride cromica presenta poi una tendenza notevolissima a dare dei poliacidi; la cosa è comune a tutti e tre gli elementi del gruppo del c. Tali acidi sono detti genericamente policromici e assumono nomi differenti in relazione al numero di atomi di c. contenuti nell'anione. Si distinguono ad esempio i seguenti acidi (presentati come sali di potassio):

K2CrO4
cromato di potassio
K2Cr2O7
bicromato di potassio
K2Cr3O10
tricromato di potassio
K2Cr4O13
tetracromato di potassio

Come si vede si passa - almeno formalmente - da uno all'altro di questi poliacidi per perdita o somma di molecole d'acqua; per questo motivo potrebbero essere detti anche piroacidi. I cromati sono intensamente colorati dal giallo al rosso-bruno, con tutte le variazioni intermedie. Alcuni sono impiegati proprio come pigmenti. Ad esempio il cromato di piombo PbCrO4 è di colore giallo, tanto che è detto giallo c.; il precipitato misto fra cromato di piombo e ossido di piombo, di formula approssimativa PbCrO4 . PbO, viene invece usato come pigmento rosso. Molto importanti sono anche i bicromati alcalini, impiegati spesso come ossidanti, nella concia delle pelli e in altri campi. La produzione più semplice di questi composti si ottiene a partire dalla cromite per reazione con carbonato di sodio (o potassio) in presenza di calce; come ossidante interviene l'ossigeno atmosferico. La reazione avviene ad alta temperatura, agitando la massa per permettere l'azione dell'ossigeno. Si forma inizialmente bicromato di calcio che viene poi trasformato in bicromato di sodio (o potassio) con eccesso di soda (o potassa) caustica. Il bicromato di potassio K2Cr2O7 viene generalmente preferito a quello di sodio Na2Cr2O7, che è meno costoso, perché è più stabile e meno deliquescente.