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Cristallo.

Porzione di materia cristallina, chimicamente e fisicamente omogenea, in cui gli atomi che la costituiscono sono ordinati secondo un motivo geometricamente costante, ripetuto un certo numero di volte (generalmente molto grande). ║ Nel linguaggio scientifico e tecnico, si definiscono a c. alcuni dispositivi che sfruttano determinate proprietà del c. ● Chim. e Fis. - I solidi si possono distinguere in amorfi e cristallini. I primi sono caratterizzati dal fatto che al loro interno gli atomi non sono distribuiti secondo uno schema geometricamente semplice, ripetuto più volte, onde è praticamente impossibile dare una descrizione geometrica della posizione relativa dei vari atomi all'interno della massa solida, benché non si possa escludere che localmente gli atomi siano impaccati con un certo ordine. Per contro, un c. è composto da un certo numero di atomi fra loro tutti uguali o da alcuni tipi (a seconda che si tratti di un elemento o di un composto) oppure da gruppi di atomi impaccati nello spazio; essi hanno posizioni reciproche sempre costanti e, quindi, individuabili e descrivibili in termini geometrici. È possibile, in una struttura di questo tipo, enucleare un gruppo di atomi con una struttura tale che tutto il c. si può pensare composto da tanti di questi elementi (detti cella elementare o motivo fondamentale), impaccati ancora in posizioni relative fisse e costanti. Il caso più semplice di cella è quella cosiddetta cubica semplice: essa si può pensare come un cubo ai cui otto vertici si trovano otto atomi (uno ogni vertice). Il lato di questa cella (supponendo che gli atomi abbiano forma sferica e si trovino a contatto nel punto medio degli spigoli del cubo) corrisponde a due volte il raggio di un atomo, cioè al diametro atomico. Dato che il cubo così considerato (ideale) porta 8 atomi i quali hanno per centri i vertici del cubo, la cella elementare comprende un atomo solo e non otto. In effetti, considerando un vertice del cubo, nell'impaccamento delle varie celle questo vertice è comune con altri 7 vertici di altri 7 cubi (formati dai tre piani ortogonali comprendenti le tre facce del cubo che formano il vertice considerato); ne consegue che anche l'atomo piazzato su quel vertice deve essere considerato comune a 8 celle (quindi, ne appartiene 1/8 ad ogni cella). Pertanto, dato che la stessa considerazione vale per tutti i vertici della cella elementare, si può dire che ad essa appartiene 8:(1/8) = 1 atomo. ║ Monocristalli e policristalli: la maggior parte dei solidi esistenti in natura sono cristallini. In genere, però, un solido qualsiasi cristallino non è composto da un solo c., ma da un certo numero (in generale grande) di c. che hanno al loro interno una struttura ordinata, ma possiedono una forma esterna solitamente molto irregolare; essi sono, poi, cementati fra loro da alcuni strati di atomi pressoché disordinati. I materiali di questo tipo si dicono policristallini, in quanto in una loro massa anche abbastanza piccola esistono molti c. Per contro si possono trovare anche in natura, o produrre artificialmente, dei pezzi di solido pure di dimensioni considerevoli (con un peso fino a qualche chilogrammo), costituiti da un solo c.: un tale materiale è detto monocristallino o, più semplicemente, monoc. Questa distinzione ha una grande importanza pratica, in quanto il comportamento di uno stesso materiale cambia sensibilmente a seconda che esso si trovi nello stato monocristallino o in quello policristallino; in quest'ultimo caso, esso dipende anche dalle dimensioni medie dei grani che lo compongono. Un materiale policristallino è costituito da c. disposti a caso, orientati ognuno secondo una direzione diversa da quella dei c. con cui confina. Si possono anche avere, però, degli orientamenti preferenziali, cioè la situazione in cui una certa aliquota dei c. (ad esempio, il 50%, il 70%, il 90%, ecc.) è orientata tutta nello stesso senso, secondo un asse o un piano cristallografico. Questa situazione si può avere, ad esempio, per deformazione plastica a freddo o per particolari condizioni di accrescimento dei c. e riveste un'importanza pratica a volte notevole. Le caratteristiche di un filo trafilato a freddo, ad esempio, sono diverse nel senso di trafilatura rispetto al senso trasversale; le proprietà meccaniche di una lamiera laminata a freddo sono nettamente diverse, a seconda che si misurino nel senso di laminazione (lunghezza della lamiera), nel senso perpendicolare (larghezza della lamiera) o lungo un terzo asse (spessore della lamiera). In questi casi la deformazione a freddo ha causato un orientamento preferenziale dei c. e il materiale, che prima era isotropo (cioè, presentava le stesse proprietà meccaniche in tutte le direzioni), perché i c. erano orientati casualmente in tutte le direzioni, è diventato anisotropo (cioè, con proprietà meccaniche dipendenti dalla direzione in cui sono misurate), perché l'orientamento dei singoli c. non è più statico. Infatti un c. (come un monoc.) è sempre anisotropo, in quanto i vari piani con cui se ne può fare una sezione non sono fra loro equivalenti (come numero di atomi intersecati, posizione relativa e distanza fra i vari atomi). ║ Bordo del grano: i c. che costituiscono un materiale policristallino sono anche detti grani e la loro parte esterna è, quindi, detta bordo del grano. Le proprietà del bordo del grano sono sensibilmente diverse da quelle del grano, in quanto gli atomi che lo costituiscono hanno una disposizione diversa. Il bordo del grano è stato oggetto di molte teorie; attualmente la maggior parte degli studiosi concorda nell'attribuirgli uno spessore dell'ordine di alcune dimensioni atomiche ed una struttura a scarso ordine. Se due c. contigui sono disorientati solo di un piccolo angolo (10° al massimo), il bordo del grano si può configurare come una zona avente una concentrazione particolarmente elevata di dislocazioni a spigolo. Se il disorientamento è maggiore, la zona che costituisce il bordo del grano deve per forza avere una struttura irregolare, simile in un certo senso a quella di un liquido, benché gli atomi mostrino una certa tendenza ad assumere una configurazione dotata di un certo ordine, che si avvicina a quella dei due c. confinanti ed è, in un certo senso, intermedia fra le due. Ciò non toglie che il reticolo cristallino (ammesso che se ne possa individuare uno) è in questa zona estremamente distorto e tensionato, in quanto l'impaccamento è irregolare. Le proprietà esterne (macroscopiche) di un materiale policristallino (ad esempio, un pezzo di metallo) dipendono più dal bordo del grano che dai c. in sé. Infatti, anche la deformazione plastica dei c. avviene solo perché sono presenti in essi dei difetti, in particolare delle dislocazioni. Lo scorrimento di queste è, però, in generale bloccato dal contorno dei grani, e quindi si ha un irrigidimento del materiale stesso rispetto alle deformazioni meccaniche. Così, in generale, un materiale policristallino a grana fine (cioè, con dimensioni medie dei c. relativamente piccole) presenta una maggiore rigidità dello stesso materiale, allorché abbia una grana più grossa (cioè, maggiori dimensioni medie dei grani). È, peraltro, noto come negli acciai, passando dalla perlite (a grana grossa) alla sorbite e alla bainite (a grana molto fine), si abbia un grande aumento di resistenza alla trazione e di durezza. Nello stesso tempo è noto anche che una ricottura (tranne in alcuni materiali che induriscono per precipitazione) causa uno scadimento della resistenza alla trazione e della durezza dei metalli, in quanto ne ingrossa i grani; per contro si verifica un aumento dell'allungamento, cioè il materiale è più deformabile plasticamente. Tutti questi fenomeni hanno una grandissima importanza pratica nelle costruzioni meccaniche. Qualsiasi fenomeno che modifichi il contorno del grano (localizzazione di impurezze, precipitazioni locali di carburi, ecc.) finisce per modificare anche, più o meno profondamente, il comportamento generale del metallo. Anche chimicamente questa zona è diversa dai c. Così i fenomeni di diffusione sono molto più rapidi al bordo che non all'interno dei c.; certi elementi si localizzano preferenzialmente al bordo dei grani, causando un comportamento chimico differente e la possibilità dell'insorgere di pile locali di corrosione fra bordo e grano. Sono ben noti alcuni fenomeni dovuti a questo comportamento: citiamo solo la corrosione intercristallina degli acciai inossidabili austenitici, la fragilità caustica, la stress corrosion e la corrosione stagionale (season cracking) degli ottoni. Da quanto detto si comprende come nelle applicazioni pratiche importi conoscere non solo la struttura cristallina dei solidi, ma anche le dimensioni dei c. e il modo in cui questi c. sono cementati l'uno all'altro dal materiale che costituisce il bordo dei grani. Naturalmente il discorso fatto per le proprietà meccaniche vale anche, seppure di solito in modo meno vistoso, per le altre proprietà (elettriche, termiche, magnetiche, ecc.). ║ Difetti nei c.: ipotizzare che un c. sia costituito da un grande numero di atomi impaccati secondo un assoluto ordine geometrico, senza alcun difetto, porta a risultati che sono nettamente in contrasto con l'esperienza. Ad esempio, il calcolo teorico mostra che la resistenza alla trazione di un c. (o meglio di un monoc.) dovrebbe essere da 100 a 10.000 volte superiore a quella riscontrata in pratica. Inoltre è dimostrato che è possibile avere una conduzione ionica in c., cioè che degli ioni (atomi carichi positivamente o negativamente) possono muoversi all'interno di un reticolo cristallino quasi come farebbero in un liquido (anche se il processo è più lento e più difficile). Allo stesso modo, atomi estranei a un reticolo cristallino possono diffondersi al suo interno (per il fenomeno di diffusione allo stato solido) con le stesse leggi che regolano la diffusione nei liquidi (anche qui il processo è più difficile, ma può essere veloce a temperatura abbastanza alta). Lo studio di questi e di altri fenomeni ha fatto cadere l'ipotesi di un c. idealmente perfetto, che era stata avanza in passato, a favore di altre ipotesi, secondo le quali in ogni c. esistono dei difetti di vario tipo; questi difetti sono stati, poi, osservati direttamente (almeno la maggior parte) e confermati dai calcoli teorici. Il primo a fare un'ipotesi del genere fu C.G. Darwin che, per spiegare alcuni aspetti degli spettri di diffrazione dei raggi X, formulò l'ipotesi che ogni c. fosse costituito da zone perfette (dette, poi, cristalliti) collegate fra loro da zone che possiedono difetti (1914); un simile modello di c. idealmente imperfetto venne in seguito detto c. a mosaico. Uno studio più approfondito inziò con i lavori indipendenti di L. Prandtl e di U. Dehlinger, i quali (nel biennio 1928-29) supposero, per spiegare le proprietà meccaniche dei metalli, l'esistenza di difetti lineari. Questo lavoro fu ripreso e completato, in maniera indipendente, da altri tre studiosi: G.I. Taylor, M. Polanyi e E. Orowan che nel 1934 enuclearono meglio l'influenza delle imperfezioni lineari (oggi chiamate dislocazioni) sulle proprietà meccaniche dei solidi. Successivamente, J.M. Burges quantizzò l'esistenza e il comportamento delle dislocazioni. Pressoché nello stesso tempo A. Smetal pose in rilievo il fatto che i fenomeni di diffusione e conducibilità ionica richiedevano l'introduzione di difetti di tipo diverso. Altri studiosi di fisica dello stato solido e di metallurgia raffinarono e quantizzarono questi concetti; ricordiamo solo i nomi di Frenkel, Schottky e A.H. Cottrel. ║ Classificazione dei difetti: allo stato attuale della conoscenza, si può proporre tale divisione: a) difetti puntiformi; b) difetti lineari; c) difetti di piano; d) difetti di superficie; e) difetti di volume; f) difetti elettronici. Ciò è valido per un materiale monocristallino o per un singolo c.; per un policristallino si hanno tutti i difetti dovuti al bordo del grano, dei quali si è già detto. Vediamo separatamente questi sei tipi di difetti elencati: a) Difetti puntiformi. Come dice il loro nome questi difetti interessano lo spazio relativo a un solo atomo; il loro influsso, quindi, si fa sentire sensibilmente solo in una regione che contiene relativamente pochi atomi. Ne esistono di tre tipi principali: difetti interstiziali, cioè un atomo che anziché occupare una posizione reticolare si trova in posizione interstiziale (nell'interstizio che si ha fra altri atomi che sono in posizione normale; essendo gli atomi assimilabili a sfere, è ovvio che anche se sono densamente impaccati esistono fra loro dei vuoti); difetti di Schottky, cioè assenza di un atomo (o ione) dalla posizione corretta (è frequente nei c. ionici; ovviamente, per ogni catione assente si deve avere, da qualche parte, un anione assente, se hanno uguale valenza); difetti di Frenkel, cioè un atomo che anziché trovarsi nella voluta posizione si trova in posizione interstiziale. I difetti interstiziali sono comuni nelle leghe: infatti, atomi di piccole dimensioni (carbonio, boro, azoto, ecc.) possono facilmente restare inclusi nel reticolo cristallino, distorcendolo in misura abbastanza limitata in un interstizio fra gli altri atomi. I difetti di Schottky si originano quando un atomo (o ione) abbandona la sua posizione per migrare alla superficie del c., lasciandosi dietro un vuoto, cioè una vacanza. I difetti di Frenkel si hanno allorché un atomo (o ione) viene sbalzato dalla sua esatta posizione reticolare e va ad occupare una posizione interstiziale, lasciandosi dietro anch'esso una vacanza. È un caso abbastanza frequente negli alogenuri di certi metalli (che sono c. ionici, cioè costituiti da un impaccamento di anioni alternati a cationi), in quanto in essi gli anioni hanno dimensioni molto maggiori dei cationi, i quali possono facilmente localizzarsi negli interstizi. Tutti questi difetti possono generarsi sia durante l'accrescimento del c., sia per cause susseguenti (bombardamenti con ioni o particelle radioattive, diffusione allo stato solido, elettrolisi allo stato solido, ecc.). In generale, i difetti di Frenkel e di Schottky sono presenti contemporaneamente, in proporzioni diverse secondo i composti. La teoria mostra (confortata dall'esperienza) che, ad esempio negli alogenuri alcalini, predominano i difetti di Schottky, mentre negli alogenuri di argento predominano i difetti di Frenkel, almeno sotto i 700 °C. b) Difetti lineari. Sono essenzialmente le dislocazioni, qui trattate a parte per la loro complessività e il grande interesse che presentano. c) Difetti di piano o di superficie. A differenza di quelli del precedente tipo che si estendono lungo una linea, questi si estendono su una superficie (piana). Anche un c. (o monocristalli) è composto da cristalliti, leggermente disorientati fra di loro; le superfici di contatto di tali zone sono, quindi, dei piani non perfetti, i cui atomi non si trovano nell'esatta posizione che vorrebbe il reticolo, rispetto agli atomi circostanti. Questi difetti sono detti confini a piccolo angolo (in inglese: small angle boundaries) e non vanno confusi con i bordi dei grani, che sono generalmente a grande angolo (tendono ad essere di 120°) e sono detti in inglese large angle boundaries. Altri difetti di piano sono i cosiddetti difetti di impaccamento o staking faults; in questo caso, si ha tutta una parte di c. che presenta un impaccamento non corretto rispetto al resto. Si consideri, ad esempio, un c. nell'esagonale compatto; i vari atomi sono disposti secondo esagoni su ogni piano, e i vari piani occupano alternativamente tre posizioni nello spazio (rispetto ad un riferimento) che indicheremo con A, B e C. Considerando che il c. si accresca secondo questo piano, dopo un piano nella posizione A si formerà il piano sovrastante nella posizione B ed il seguente nella C, per poi riprendere con A, e così via. La normale sequenza dei piani sarà quindi del tipo:

...A B C A B C A B C...

Si supponga che, ad un certo punto, al posto di un piano di tipo A se ne formi uno di tipo C, e poi continui la normale alternanza. La sequenza diventa allora:

... ABCABCABC/BCABCABCA...

Come si vede, si è verificato un errore fra i due piani C e B (indicato con una barra). Questo tipo di errore può aversi nella formazione del c. se esso cresce molto in fretta, oppure può prodursi per deformazione meccanica (slittamento relativo di due piani). Un altro errore di questo tipo può aversi anche in un impaccamento a strati alternati del tipo:

...A B A B A B A B...

Si può verificare il caso che, ad un certo punto, anziché iniziare la crescita di un piano del tipo A inizi quella di un piano di un tipo diverso (che diremo C), energeticamente non molto meno favorito di A. Allora la sequenza di impaccamento diventa:

...A B A B A B C B C B C B...

In entrambi questi casi si parla di geminazione e il piano difettoso viene detto piano di geminazione; esso separa due parti di un c. che prese singolarmente sono perfette, ma non sono fra loro congruenti. d) Difetti di superficie: possono essere di molti tipi ed hanno in generale importanza solo in dispositivi estremamente raffinati, quali quelli che si costruiscono già oggi in microelettronica. Difetti di superficie possono essere considerati anche i contorni (bordi) dei grani. Si deve ricordare che il contorno di un c. o monoc. (anche se non è legato ad altri c.) è sempre un difetto, in quanto gli atomi che si trovano sulla superficie non sono contornati dallo stesso numero di atomi da cui sono contornati quelli che si trovano all'interno. La risultante delle forze interatomiche non è, quindi, nulla come per gli atomi interni, ma ha una componente non nulla diretta verso l'interno del c. (normale alla superficie nel punto considerato). e) Difetti di volume: interessano un certo volume del c., in generale nell'ordine di qualche cella atomica o più. Possono essere, ad esempio, vacanze prodottesi dalla coesione di più vacanze (dovute a difetti di Frenkel o di Schottky) a formare una lacuna più grande, oppure prodottesi per deformazione meccanica. Altri difetti del tipo in questione sono dovuti alla presenza, a volte, di impurezze o di composti che formano zone aventi struttura cristallina (e, di solito, anche combinazione chimica) diversa dalla matrice; queste zone hanno di solito una certa coerenza strutturale con il reticolo (ad esempio, zone di Guinier-Preston). Altri difetti di volume sono costituite dai cosiddetti spikes, zone disordinate a contorno irregolare che vengono prodotte in un c. ordinato dall'impatto di una particella atomica o nucleare ad alto contenuto energetico. f) Difetti elettronici: sono difetti alla scala subatomica, spesso legati a difetti alla scala atomica. È necessario postularne la presenza per spiegare diversi fenomeni, soprattutto di carattere elettrico. Ad esempio, nel drogaggio dei semiconduttori si introducono degli atomi estranei al reticolato con lo scopo di creare elettroni liberi o vacanze elettroniche, che possono essere considerate a tutti gli effetti come difetti del c. ║ Termodinamica dei difetti: l'esistenza e la concentrazione di difetti possono essere messe in evidenza con metodi sperimentali, ma anche previsti sulla base delle funzioni termodinamiche, con l'ausilio della quantomeccanica, accordando loro una distribuzione statistica. Anche le reazioni fra i difetti per creare altri difetti, come pure la loro creazione ed il loro annichilimento possono essere considerati come reazioni chimiche. Senza addentrarci nei calcoli, che sono alquanto complessi, osserviamo subito in modo intuitivo come si possa giustificare, su una base termodinamica, l'esistenza dei difetti e come se ne possa prevedere la concentrazione all'equilibrio. Considerato, quindi, un c., che sarà il nostro sistema termodinamico, definiamo per esso le seguenti grandezze:

E = energia interna del sistema
S = entropia del sistema
T = temperatura assoluta del sistema
F = E-TS = energia libera del sistema.

Pensando di partire da un c. perfetto, l'introduzione di difetti ne aumenta l'energia interna E in quanto introduce deformazioni nel reticolato cristallino, quindi sforzi interni. La E aumenta, quindi, in modo direttamente proporzionale alla concentrazione di difetti, almeno in prima approssimazione. L'entropia S è pure una funzione crescente della concentrazione di difetti, in quanto essa è proporzionale al logaritmo naturale del numero delle possibili configurazioni, e queste rappresentano a loro volta una funzione che cresce molto rapidamente con la concentrazione di difetti. E' noto che un sistema tende sempre all'equilibrio e che questo è caratterizzato da un minimo della funzione F = E-TS. Dato che F risulta dalla somma di due funzioni, l'una (E) crescente con il numero di difetti e l'altra (-TS) decrescente, è possibile vedere che il minimo di F si ha per un certo valore della concentrazione di imperfezioni che dipende da T e non è mai nullo se non alla temperatura di 0 °C. ║ Quantomeccanica dei difetti: secondo la teoria quantomeccanica, in un qualsiasi c. che si trovi a una temperatura superiore allo zero assoluto (0 °C) gli atomi (o ioni) non sono fissi nelle loro posizioni reticolari, ma oscillano attorno ad esse. Questa oscillazione può essere naturalmente scomposta lungo tre assi cartesiani in tre vibrazioni rettilinee, per cui ogni atomo si può pensare come un oscillatore tridimensionale, richiamato nella sua posizione di riposo da forze tipo quelle di Hooke. Le energie di tali oscillatori, secondo la quantomeccanica, sono quantizzate; i valori discreti che esse possono assumere (che caratterizzano altrettanti stati) sono dati dalla formula:

Cristal02.png

ove En è l'energia dello stato caratterizzato dal numero quantico n (che può essere un qualsiasi numero intero positivo, zero incluso), h è la costante di Planck e υ è la frequenza della vibrazione. Le transizioni possono avvenire solo tra stati quantici contigui, i cui due numeri quantici, cioè, differiscono di un'unità. Così in una transizione dallo stato avente numero quantico n1 ad uno avente numero quantico n2 (con n2-n1 = 1) si ha una variazione di energia (emissione o assorbimento) data da:

Cristal03.png

La quantità di energia ΔE = hυ è assorbita se la transizione avviene da uno stato a più bassa energia ad uno a più alta energia; viene emessa nel caso opposto. Si è, quindi, in presenza di un assorbimento discreto di quantità di calore (dato che le vibrazioni atomiche sono dovute alla temperatura, per effetto di agitazione termica) in quanti di energia ΔE = hυ. Si sa, però, che anche l'assorbimento di fotoni, cioè di quanti di energia elettromagnetica, avviene per livelli discreti e che un fotone ha proprio energia hψ. Si è quindi proposto per questi quanti di energia termica il nome di fononi (in inglese phonon), in analogia con i fotoni. Le transizioni di un atomo da uno stato all'altro, come pure la creazione e la scomparsa di difetti, possono essere descritti in termini di salti di energia, che avvengono con assorbimento o emissioni di fononi. Si hanno, pertanto, interazioni fononi-fononi, fononi-atomi e fononi-vacanze, con leggi diverse. Questa descrizione è alquanto artificiosa (non esiste alcuna prova dell'esistenza dei fononi), ma ha il grande vantaggio di permettere l'impiego dei risultati previamente ottenuti nello studio dell'interazione fra onde elettromagnetiche e solidi allo studio dei c. e delle loro imperfezioni. È indubbio che questo vantaggio giustifica pienamente la formulazione di una tale ipotesi di lavoro. ║ C. liquido: tipo di stato particolare, caratteristico di alcuni materiali organici, che presenta proprietà intermedie fra quelle dello stato solido e quelle dello stato liquido. Un c. liquido si comporta apparentemente come un liquido (ad esempio, assume la forma del recipiente in cui viene versato). Esso, però, non presenta il caratteristico disordine molecolare proprio dei liquidi, ma piuttosto una struttura in cui le molecole sono ordinate regolarmente, secondo configurazioni di impaccamento che si ripetono periodicamente nel c., come avviene per i solidi cristallini. Si dovrebbe, quindi, parlare dello stato di c. liquido come di uno stato nuovo, da aggiungere ai quattro stati tradizionalmente considerati (gas, liquido, solido e plasma). Questo stato in cui si può trovare la materia si colloca fra il solido ed il liquido anche nella sperimentazione fisica. Ad esempio, l'APAPA (abbreviazione per indicare l'anisilidenparaamminofenilacetato) si presenta come un solido untuoso sotto gli 82 °C, come c. liquido dagli 82 ai 105 °C e come liquido vero e proprio sopra quest'ultima temperatura. Lo stato di c. liquido esiste, quindi, in un ben definito campo di temperatura, a parità di altre condizioni fisiche come pressione, esistenza di campi elettrici e magnetici, esistenza di irradiazioni di qualsiasi tipo, ecc. I c. liquidi non sono di recente scoperta, dato che sono noti fin dal 1890; solo negli ultimi anni hanno, però, cessato di essere considerati alla stregua di una mera curiosità scientifica per entrare nei più avanzati laboratori di ricerca, sia di industrie private sia di enti pubblici (come la NASA negli USA). Sono oggi allo studio numerosi dispositivi basati su c. liquidi e si prevede, per questi materiali, una grandissima serie di applicazioni in vari campi. Si prevede, ad esempio, la possibilità di creare dei cinescopi per televisori aventi minime dimensioni di ingombro in profondità, tanto da poter essere appesi ad una parete come un quadro, oppure dei vetri che diventano più o meno trasparenti con la sola regolazione di una manopola. Anche se per questi usi il costo è ancora proibitivo, in altri casi i dispositivi a c. liquido sono già competitivi con quelli attualmente in uso. In effetti, si può considerare un c. liquido un dispositivo quale il convertitore di immagine, in grado di reagire a stimoli diversi sia elettrici che meccanici, magnetici, acustici e così via. Con i c. liquidi è possibile controllare, ad esempio con un'eccitazione elettrica, la trasmissione o la riflessione della luce da parte di un certo materiale (il c. liquido); questo non è possibile con alcun altro mezzo semplice. Da un punto di vista teorico, è necessario limitarsi a una trattazione forzatamente qualitativa, dato che su molti punti gli studiosi non sono ancora concordi e che certi punti del comportamento dei c. liquidi sono ancora poco chiari. Anzitutto occorre dividere i c. liquidi in tre tipi caratteristici, diversi per struttura e comportamento: a) c. nematici; b) c. smectici; c) c. colesterici. Corrispondentemente, si parlerà di liquidi nematici, liquidi smectici o liquidi colesterici. Le proprietà di queste sostanze dipendono essenzialmente da come sono disposte le molecole nel c. liquido. In un liquido nematico le molecole hanno forma alquanto allungata; si possono immaginare come dei cilindretti aventi le basi circolari ma a spigoli smussati, ad esempio a forma di emisfera (in una raffigurazione molto grossolana potremmo pensarle come tanti fiammiferi da cucina). È evidente che queste molecole, fra le quali esistono delle forze di attrazione (forze di Van der Waals), tenderanno a disporsi in modo ordinato, cioè con gli assi principali tra di loro paralleli. Esse possiedono tuttavia una certa libertà di movimento, nel senso che possono spostarsi leggermente secondo la direzione dell'asse principale e anche lateralmente; inoltre, possono ruotare attorno all'asse principale. Non possono invece ruotare attorno agli assi perpendicolari a quello principale, in quanto sono impedite dalle altre molecole. In certe condizioni, questo ordine può venire distrutto e, quindi, il comportamento del liquido nematico può essere variato con un'opportuna eccitazione, ad esempio un campo elettrico esterno. Fra i liquidi nematici più noti, oltre al già citato APAPA, ricordiamo anche il PEBAB (ovvero paraetossibenziliden-para-amminobenzonitrile), che si trova allo stato di c. liquido fra i 107 e i 126 °C. I liquidi smectici posseggono delle molecole aventi una forma press'a poco uguale a quelle dei liquidi nematici; differiscono, però, da questi per la disposizione delle molecole stesse. Mentre nei liquidi nematici le molecole erano poste con l'asse principale parallelo, ma su piani diversi, nei liquidi smectici le molecole sono ordinate in modo simile, ma su piani tra loro paralleli. La mobilità delle molecole è un po' minore che nel caso precedente, in quanto è più limitato il moto nella direzione dell'asse principale; in compenso, i vari piani possono muoversi relativamente, slittando uno sull'altro. Le molecole costituenti un certo piano possono essere disposte all'interno di questo in modo ordinato (per le file regolari) o in modo casuale. I liquidi smectici sono chiamati così dalla voce usata in greco per significare sapone; i composti di questo tipo sono, infatti, dei saponi. Uno dei più usati è il PAE o para-ossibenzoato di etile che presenta proprietà di c. liquido in un intervallo di alcuni gradi centigradi al di sotto dei 120 °C. I liquidi colesterici sono anch'essi composti generalmente da molecole di forma allungata, ma la disposizione di queste nel reticolo quasi-cristallino che li compone è ancora diversa dai due precedenti. Le molecole sono ancora disposte a piani, come nei liquidi smectici ma, a differenza di quello che accade in questi, la direzione principale delle molecole non è più normale, bensì parallela al piano che le contiene. Tali piani sono impaccati l'uno sull'altro a formare tanti strati, ma l'ordine non è casuale; fra l'orientamento degli assi principali delle molecole dei diversi strati molecolari esiste una relazione. Ogni strato può essere, infatti, considerato uguale al sottostante, ma ruotato di un certo angolo che è costante al passaggio da uno strato al successivo. Ne consegue che, considerato un asse normale agli strati come luogo delle origini e facendo uscire da questo asse, per ogni piano, un vettore di una certa lunghezza, orientato secondo l'asse principale delle molecole, questo vettore descrive, passando da un piano agli altri, una certa rotazione per cui, considerando un numero di strati abbastanza elevato, esso descrive un'elica la quale sarà caratterizzata da un certo passo. I c. colesterici sono molto sensibili alla temperatura; questa agisce sul passo dell'elica di cui si è detto, avvolgendola o svolgendola. In questo modo, i liquidi colesterici possono essere utilizzati come indicatori locali di temperatura. Si possono avere dei liquidi che cambiano colore completamente (passando, ad esempio, dal rosso al blu) nel solo spazio di 0,1 °C; il cloruro di colesterile addirittura esiste come liquido colesterico per un intervallo di temperatura di un solo °C. Il meccanismo con cui il calore agisce proprio sulla spirale dell'elica è alquanto complesso e non ancora ben noto. Tuttavia, si può fare il seguente esperimento: si cosparga di liquido colesterico una superficie illuminata di luce bianca. Ad una certa temperatura il liquido è colorato in rosso; se si aumenta la temperatura, l'elica si restringe (si accorcia il passo) ed il colore della luce riflessa si sposta verso il blu. Quando la temperatura diminuisce, il passo dell'elica si allunga e il colore della luce riflessa tende al giallo. Differenze anche minime di temperatura, come pure gradienti termici anche su zone molto piccole, possono essere convertite con tale metodo, con estrema semplicità, in mappe termiche colorate. Fra i più comuni composti colesterici, oltre al già citato cloruro di colesterolo, ricordiamo anche il benzoato di colestirile, che ha un ampio campo di esistenza (da 144 a 177 °C circa) ed il nanoato di colesterile. Questi composti sono detti colesterici, in quanto sono per lo più composti di colesterile. ║ Proprietà peculiari: alcune di queste sono già state enunciate prima; ve ne sono però molte altre e probabilmente ancora molte sono da scoprire. A proposito dei liquidi nematici si è citato il caso della opacizzazione per effetto di un campo elettrico, secondo un certo meccanismo. Ne esiste però anche un altro. Si immagini di avere delle molecole di liquido nematico che hanno sì un momento dipolare, ma questo dipolo non è configurabile con due cariche poste alle estremità più lontane della molecola, bensì con una carica ad un capo della molecola e l'altra posta su una catena laterale che si trova a circa metà della lunghezza della molecola stessa, come è il caso dell'APAPA già citato. In questo caso in assenza di un campo elettrico le molecole sono orientate in un certo modo (si pensi ancora al sandwich-condensatore per il vetro opacizzabile) e si ha, ad esempio, trasparenza. Se si applica una tensione alle due armature, le molecole si orientano in un altro senso e si ha opacizzazione (o meglio, riflessione con diffusione della luce incidente) perché l'asse del dipolo non coincide con quello principale della molecola. Per mantenere le molecole orientate in un modo o nell'altro e quindi controllare opacizzazione o trasparenza, sono necessarie delle potenze bassissime, dell'ordine dei microwatt (un microwatt è un milionesimo di Watt, cioè circa un centimilionesimo della potenza assorbita da una comune lampadina) per centimetro quadrato. Infatti le forze in gioco nei fenomeni di orientazione hanno intensità molto deboli. La miscela di un liquido nematico che presenti il comportamento sopra citato (detto in termini tecnici diffusione dinamica) con un liquido colesterico in opportuno rapporto può presentare particolari proprietà. La miscela appena preparata è trasparente ma basta l'applicazione di un campo continuo o a bassa frequenza di intensità abbastanza elevata per renderlo lattiginoso. Se viene rimosso il campo, il liquido ritorna limpido solo con grande lentezza, impiegando un tempo che può essere da qualche secondo a qualche settimana, in funzione della quantità di liquido colesterico nella miscela. Si può quindi ottenere in questo modo la memorizzazione di un'immagine per un certo tempo, senza spesa di energia. Se si vuole far ritornare istantaneamente limpido il liquido basta applicare ad esso un campo elettrico avente un certo valore e con una frequenza abbastanza elevata (4.000 Hertz o più). Una miscela di un liquido nematico con un opportuno colorante dicroico, ad es. il blu di indofenolo, si presenta blu se illuminata con luce polarizzata per trasparenza. Se però viene immersa in un campo elettrico avente una direzione opportuna, l'orientamento delle molecole di liquido nematico costringe anche le molecole di colorante ad allinearsi, e la luce trasmessa appare bianca. ║ Applicazioni dei c. liquidi: allo stadio attuale, le applicazioni industriali dei c. liquidi sono ancora estremamente limitate, trattandosi di un campo in cui si stanno compiendo graduali progressi. Le previsioni, però, sono quanto mai ottimistiche: si considerano una scoperta che avrà un'importanza pratica pari a quella dei dispositivi elettronici allo stato solido. I c. liquidi più impiegati sono quelli colesterici, usati per determinare differenze anche minime di colore su dispositivi molto piccoli, come potrebbero essere gli elementi attivi di circuiti integrati. Un'altra applicazione simile si prevede in medicina, per trovare punti di diversa intensità termica. L'analisi termica per scoprire il cancro della mammella, oggi fatta con dispositivi molto costosi, è stata effettuata in via sperimentale con altrettanta precisione e costo enormemente inferiore per mezzo di liquidi colesterici. Per i c. nematici e per le miscele di questi con quelli colesterici si prevedono, invece, numerose applicazioni nel campo dei display, cioè di quei dispositivi che convertono un'immagine codificata in impulsi elettrici in forma visibile all'occhio umano. Il più comune display è lo schermo del televisore domestico; su questo l'immagine è formata per eccitazione di uno strato di materiale opportuno (a base di composti di fosforo), compiuta da un pennello di elettroni che scandisce tutto lo schermo in sequenza prefissata. Con i c. liquidi lo schermo del televisore potrebbe essere costruito, come si è detto sopra, per il vetro opacizzabile: basta suddividere lo schermo in tanti piccoli condensatori come quello descritto e, poi, eccitarli o meno per avere zone che riflettono la luce, alternate a zone opache. Il tutto potrebbe essere contenuto in uno spessore di alcuni millimetri. Questo display avrebbe anche il vantaggio di poter essere visto anche in piena luce, anzi, quanto maggiore fosse l'illuminazione nell'ambiente tanto migliore sarebbe il contrasto dell'immagine. Sullo stesso principio si possono costruire dei display più semplici, ad esempio per rappresentare dei numeri. Display di questo genere possono essere impiegati su piccoli calcolatori, strumenti, cartelli stradali, ecc.; essi possono presentarsi sia nella versione a riflessione (in cui, cioè, il c. liquido riflette selettivamente la luce in certe zone e non in altre) o a trasmissione (dove il c. assorbe selettivamente la luce in certe zone e la trasmette nelle altre). Il principio di funzionamento è sempre quello descritto: nel sistema a riflessione una superficie dei vetri del sandwich è riflettente; nell'altro caso sono tutte trasparenti ed è necessario avere dietro il sandwich una sorgente di luce più intensa di quella che si trova dal lato dell'osservatore del display. Il sistema a riflessione, più semplice e funzionante con qualsiasi illuminazione ambientale, purché sufficientemente intensa per leggere una scritta, è il più impiegato. Si sono costruiti in questo modo dei display sperimentali, adatti alla strumentazione di bordo per aerei e satelliti artificiali. Anche nel campo della riprografia (cioè della tecnica di riproduzione dei documenti a mezzo di fotocopie) vi è un notevole interesse per i c. liquidi che possono sostituire il sistema tradizionale a effetto corona o a carica elettrostatica. La tecnologia dei c. liquidi appare quanto mai promettente e ricca di applicazioni, offrendo un prodotto di costo assai inferiore e di migliori prestazioni rispetto alle tecniche tradizionalmente in uso. Tuttavia, si tratta di un campo ancora in gran parte da esplorare e molti problemi pratici vanno tuttora risolti. Il primo problema riguarda la breve vita dei dispositivi a c. liquido; la sua esistenza, infatti, è limitata dal fatto che il campo elettrico applicato al c. liquido ne causa pian piano la ionizzazione, e quindi la distruzione. La soluzione che è stata proposta per questo inconveniente è la creazione di ioni, ad esempio di elettroni da parte di un elettrodo, per dotare il c. liquido di una conducibilità ionica sufficiente senza che si decomponga. In questo modo, si sono realizzati dei display aventi una vita media di 5.000 e più ore. Un altro problema è rappresentato dalla sensibilità dei c. liquidi alla temperatura; se questo in alcuni casi è un pregio, in altri è un difetto in quanto richiede una termostatazione del dispositivo. Una quantità sensibile di sforzi è dedicata al ritrovamento di sostanze, sempre organiche, dotate delle proprietà del c. liquido in un ampio campo di temperatura. Si stanno, inoltre, studiando nuovi dispositivi che sfruttino la sensibilità dei c. liquidi anche agli altri stimoli di natura non elettrica, come campi magnetici, sforzi meccanici, radiazioni luminose, energia meccanica in forma di onde acustiche, presenza o assenza di certi gas, ecc.