Drammaturgo francese. Compiuti gli studi al Collegio
dei Gesuiti di Rouen, nel 1624 divenne avvocato presso il tribunale della stessa
città; in seguito si dedicò, prevalentemente, all'attività
poetica. Dal 1633 al 1638 fu uno dei cinque autori incaricati da Richelieu di
scrivere per il teatro. Nel 1640 sposò Marie de Lampérière
e nel 1647 fu accolto all'Accademia francese, dopo due precedenti rifiuti dovuti
all'inimicizia di Richelieu. Negli ultimi anni della sua vita il pubblico e la
corte lo abbandonarono per Racine. Insieme al successo perse pure l'agiatezza
economica, nonostante la pensione ottenuta dal re dal 1663. Negli ultimi anni
della sua vita si chiuse in una solitudine scontrosa e taciturna. Nel decennio
1630-40 il grande drammaturgo francese precorse con le sue commedie
(
Melito, 1630;
Clitandro, 1630;
La vedova, 1631;
La
cameriera, 1632-33;
La Place Royale, 1633-34;
L'illusione
comica, 1636) Molière, attingendo, al di là della commedia
antica, alla vita di tutti i giorni. Nel 1636, con la tragicommedia
Cid,
aprì una nuova strada al teatro francese, mostrando come un dramma
potesse trarre il suo interesse non da avvenimenti straordinari disposti ad
effetto, ma da un solo episodio (in questo caso, l'amore e il matrimonio di don
Rodrigo).
C. proseguì nella sua riforma del teatro francese,
vincendo le resistenze dei vecchi autori e l'ostilità della critica, con
le successive tragedie:
Orazio (1640),
Cinna (1641),
La morte
di Pompeo (1642-43),
Teodora, vergine e martire (1645-46),
Eraclio, imperatore d'Oriente (1647),
Andromeda (1650). Pur
essendo considerato il più grande drammaturgo dell'epoca, dopo
l'insuccesso del
Pertarito (1651), abbandonò temporaneamente il
teatro, dedicandosi alla traduzione in versi dell'
Imitazione di Cristo
(1656). Nel 1659 si ripresentò nella sua veste di drammaturgo con
Edipo, seguito da
Il vello d'oro (1661),
Sertorio (1662),
Sofonisba (1663),
Agesilao (1666),
Attila (1667). Non
riuscì, però, a ottenere il successo riscosso negli anni passati,
poiché il pubblico gli preferiva ormai il rivale e più giovane
Racine. In contrapposizione alla
Berenice di Racine,
C.
presentò nel 1670
Tito e Berenice, che riscosse scarso plauso. Tra
le sue ultime opere citiamo
Amore e psiche (1670),
Pulcheria
(1672),
Surena (1674); nel 1682 curò un'edizione completa di tutte
le sue opere teatrali.
C. fu il cantore di un'atmosfera eroica, che
già al suo tempo pochi intendevano. Il suo teatro segna il trionfo del
pensiero sulla passione, dell'alta e dignitosa morale sul sentimento d'amore,
dell'eloquenza sulla lirica (Rouen 1606 - Parigi 1684).