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Conte.

(dal latino comes: compagno). Titolo di nobiltà. Segue nella gerarchia araldica quello di marchese e precede quello di visconte. La corona è un cerchio d'oro con gemme e 16 perle su altrettante punte, di cui 9 visibili. L'elmo è colore argento con bordi d'oro, posto di profilo per un terzo. ● St. - In epoca romana, il titolo di c. era attribuito a coloro che avevano il compito di coadiuvare i magistrati preposti alle province. Durante il principato di Augusto, ai membri appartenenti alla cerchia imperiale (comites Caesaris) venne data particolare rilevanza: essi seguivano l'imperatore nei suoi spostamenti, davano pareri e consigli, talvolta svolgevano compiti di natura più specifica. Sotto Costantino (IV sec.), a tali funzionari vennero attribuiti anche ruoli precisi nell'amministrazione dello Stato. Si trattava quindi di un termine piuttosto generico, indicante funzionari pubblici con cariche assai differenti e di diversa importanza. Il titolo di c. venne conservato dai Barbari alla caduta dell'Impero e assunse importanza particolare presso alcune popolazioni, quali i Franchi. Il c. aveva il compito di accompagnare il re in battaglia e di assisterlo nella funzione di governo. Durante il Regno di Carlo Magno, in seguito alla feudalizzazione delle cariche, il territorio venne diviso in contee e il c. divenne vassallo del re, legato al sovrano dal giuramento di fedeltà. Così nel IX sec. il nome contea significò non soltanto l'ufficio del c., ma il territorio stesso sul quale egli aveva giurisdizione con particolari privilegi; il c. restava giudice supremo e tutore dell'ordine, esattore delle imposte, capo della milizia. Tra i secc. IX e X la carica divenne vitalizia ed ereditaria (capitolare di Kiersy, emanato nell'877 da Carlo il Calvo), ma la diffusione del sistema feudale e il conseguente moltiplicarsi dei signori feudali indebolirono il potere politico del singolo c. Infine, l'affermarsi dei Comuni e l'estensione della loro giurisdizione sui territori di pertinenza del c. resero progressivamente nominale tale carica, che venne assorbita in ambito comunale; solo pochi (per esempio i c. di Savoia e di Lomello) riuscirono a conservare le loro prerogative e i loro antichi poteri. Una sorta di restaurazione della gerarchia feudale si verificò in Italia nell'epoca dei Principati, quando i nuovi signori (Visconti, Este, Gonzaga, ecc.), a loro volta incorporati nell'orbita imperiale, cominciarono a nominare c. Già dal Settecento, comunque, quasi ovunque il titolo di c. aveva perso qualsiasi significato politico. Soppresso durante la Rivoluzione francese e riabilitato durante la Restaurazione, esso fu definitivamente abolito dalla Costituzione repubblicana nel 1948, come qualsiasi altro titolo nobiliare. ║ C. palatino: dal IX sec., alla corte dei Franchi ad Aquisgrana e dei Franchi e Longobardi a Pavia, l'alto funzionario con compiti di giudice in vece del re o dell'imperatore. I Comites sacri palatii svolgevano le medesime funzioni alle corti dell'imperatore romano-germanico. Il C. palatino era in Germania uno dei sette grandi principi elettori dell'imperatore, dei quali assunsero particolare peso politico i c. di Sassonia, Baviera, Lorena e Svevia.