St. - Il
d.c., come diritto autonomo, è di
origine medioevale. Le prime norme disciplinanti il commercio erano costituite
dalle consuetudini sorte fra mercati, all'epoca in cui l'Italia deteneva il
primato dei traffici. Spesso gli statuti delle corporazioni raccoglievano e
fissavano tali consuetudini. Risale a quest'epoca la formazione dei più
importanti istituti del
d.c., quali i libri di commercio, la cambiale, il
fallimento, ecc., le cui origini si trovano principalmente nel diritto
consuetudinario delle Repubbliche marinare e delle città italiane. Tra le
raccolte più notevoli sono da ricordare il
Constitutum usus di
Pisa (1161), la
Tabula amalfitana (del XIII o XIV sec.). Sorto ed
elaborato nell'ambito del ceto mercantile, il
d.c. ebbe la caratteristica
di un diritto prettamente professionale, che si applicava soltanto ai rapporti
fra gli iscritti alle corporazioni. Il crescente sviluppo dei traffici
commerciali e la diffusione delle relative operazioni anche fra persone che non
esercitavano professionalmente attività commerciali ebbero come effetto
di estendere l'applicazione del
d.c. e della giurisdizione mercantile al
di fuori dell'ambito strettamente commerciale; il
d.c. cessò
così di essere il diritto dei commercianti e la legislazione finì
col riconoscere questa trasformazione. Il
d.c. cominciò veramente
a esser delimitato secondo un criterio oggettivo col codice di commercio
napoleonico del 1808, che sottopose al
d.c. anche l'atto di commercio
isolato compiuto dal non commerciante. Altro passo notevole fu fatto dal codice
generale di commercio germanico del 1861 che, seguito dal codice italiano del
1882, sottopose alla legislazione commerciale anche gli affari unilateralmente
commerciali. Ma l'evoluzione più completa si è avuta in Italia con
la codificazione del 1942, che ha unificato in un solo codice, quello civile, la
disciplina del diritto privato nel suo insieme, comprendendovi anche il
d.c. Ne restano fuori solo la materia della navigazione, regolata da un
apposito codice, e quelle della cambiale. dell'assegno e del fallimento,
disciplinate da leggi speciali. Nonostante l'unificazione legislativa, il
d.c., mentre ha perduto ogni autonomia formale, ha mantenuto, secondo
l'opinione prevalente, autonomia scientifica, oltre che didattica. È
ciò perché esso ha conservato la caratteristica di un diritto di
categoria, che è quella delle imprese commerciali: si incentra
cioè intorno alla figura dell'imprenditore commerciale, che è
colui che esercita un'attività industriale diretta alla produzione di
beni o servizi (art. 2195 cod. civ.), o un'attività intermediaria nella
circolazione dei beni; o un'attività bancaria o assicurativa; o, infine,
altre attività ausiliarie. Perciò rientrano, senza dubbio
nell'ambito del
d.c. tutte le norme relative all'organizzazione
dell'impresa, mentre qualche perplessità può aversi per alcune
norme relative all'impresa nella sua fase dinamica.