Opera che Caio Giulio Cesare compose dopo la conquista delle
Gallie, nel 52 o 51 a.C., per spiegare le sue imprese e giustificarsi contro
quanti lo accusavano di crudeltà nei confronti di innocue popolazioni per
sola bramosia di gloria. I sette libri narrano le vicende di un anno ciascuno, a
cominciare dal 58 a.C. La trasmigrazione degli Elvezi verso Sud, alla ricerca di
nuove terre, scatena la guerra: Cesare li distrugge in parte, arrestandoli
sull'Arar (la Saone) e tra l'Arar e il Liger (la Loira). Ma ecco i Germani
minacciare la provincia romana; Cesare, dopo inutili trattative, li batte; la
stessa sorte subiscono i Veneti, gli Usipeti e i Tencteri, che invadono il Nord
delle Gallie. Nel 52 Vercingetorige aizza i Galli contro Cesare ma il dittatore
romano, infine lo vince prendendolo per fame. Come indica chiaramente il titolo
nei
C. Cesare non intendeva scrivere la storia delle sue imprese, ma
fornire ad altri il materiale per concepirla. L'opera è pertanto spoglia,
freddamente obiettiva, quasi "ufficiale". Cesare parla di sé in terza
persona e per il suo disinteresse sembra dominare i fatti; egli non esalta mai
la grandezza, sia pur crudele, delle sue vittorie né l'importanza
decisiva d'una sua azione; il che suscita un'impressione di spassionata
serenità, che conquista il lettore. Perfettamente consono lo stile,
composto, limpido, lontano da ogni ricercatezza letteraria.