Adunanza di popolo in una piazza o in un luogo pubblico,
indetta da un partito politico, da una associazione sindacale o da altri
promotori, per discutere particolari problemi politici, economici, di categoria,
ecc. In senso proprio e giuridico, "indire i comizi", significa convocare con
apposita legge in giorni determinati il corpo elettorale per procedere alle
elezioni delle assemblee legislative o di altri organi dello Stato come è
previsto dalla Costituzione e dalle leggi elettorali.
• St. - Nell'antica Roma, parte del foro
(
comitium) dove, presi gli auspici, sotto la direzione dei magistrati
competenti, si svolgevano le assemblee dei cittadini chiamati ad eleggere i
magistrati, a sanzionare le leggi e i patti, a giudicare. I
c. a Roma
furono di tre generi: i
c. curiati, i
c. centuriati e i
c.
tributi. I
c. curiati, di origine antichissima, in età regia
erano le assemblee dei
patres, che vi partecipavano e votavano per
curie. Avevano, pare, un'autorità immensa. Ai
c.
centuriati, istituiti in età repubblicana, partecipava tutto il
popolo diviso in
centurie. Vi si eleggevano i magistrati investiti di
imperium e i censori. Venivano inoltre convocati per dichiarare guerra,
sanzionare la pace e per giudicare i delitti capitali. I
c. tributi sono
di origine più tarda (449 a.C.). Essi nacquero per lenta evoluzione dai
concilia plebis e, nei secoli seguenti, si caratterizzarono come adunanze
esclusive della plebe che votava per tribù. Vi partecipavano anche i
patrizi.