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Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).

Nome assunto dagli organismi dirigenti della resistenza antifascista e antinazista nel periodo 1943-1945. Vennero costituiti a Roma e in altre città italiane all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti: Partito Comunista, Partito Socialista, Partito d'Azione, Partito della Democrazia Cristiana, Partito Liberale e Partito Demolaburista. La loro formazione rappresentò l'elemento di continuità fra antifascismo del ventennio e nuovo antifascismo. La loro azione consistette sia nell'essere la direzione politica del movimento di resistenza partigiana del Nord, sia nel prefigurare la nuova forma statuale che sarebbe dovuta uscire dalla battaglia antifascista. Con il progredire della lotta al fascismo, accanto al CLN centrale ne vennero costituiti altri, regionali e provinciali con strutturazioni organizzative estremamente varie ma, al cui interno si trovavano solitamente i rappresentanti delle medesime forze che avevano dato vita al CLN nazionale. L'opera del CLN può, per comodità di analisi, essere divisa a seconda delle zone geografiche e politiche nelle quali venne ad operare. I CLN del "regno del Sud" centrarono la loro azione sul problema istituzionale e si impegnarono massimamente nel tentativo di ottenere l'abdicazione di Vittorio Emanuele Il e la formazione di un governo antifascista che sostituisse il governo Badoglio. Tuttavia, l'assenza di un autentico appoggio popolare e la forte ipoteca delle forze moderate, limitarono l'azione del CLN che operava al Sud, che si limitò quindi ad una serie di dibattiti senza efficacia pratica, che culminarono nel Congresso di Bari del gennaio 1944. L'inversione di tendenza si ebbe con il ritorno in Italia del segretario del PCI Togliatti, che, con la cosiddetta "svolta di Salerno", impose l'accantonamento del problema istituzionale e l'entrata dei partiti antifascisti nel governo Badoglio come presupposto per una migliore conduzione della lotta al Nord. Il CLN di Roma venne sostanzialmente dominato dai gruppi moderati facenti capo ad Ivanoe Bonomi e fu incapace di esprimere una direzione reale delle lotte. Dopo la liberazione di Roma, il CLN ebbe modo di influire positivamente sulla liquidazione del governo Badoglio e sulla formazione di un governo presieduto da Bonomi, ma successivamente, a causa della presenza delle forze alleate e del Vaticano, la sua azione perdette progressivamente di incisività e di importanza fino a vedersi esautorato, dopo l'abdicazione di Vittorio Emanuele II, ad opera del luogotenente del Regno, Umberto. I CLN dell'Italia centrale e del N furono l'autentica direzione politica e militare del movimento partigiano. Il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia), malgrado la sua azione fosse continuamente frenata dai contrasti fra elementi progressisti ed elementi moderati, poté passare da una prima fase di collegamento fra i vari gruppi di partigiani che operavano in montagna, ad una fase di costituzione di un comando militare unificato, fino a giungere alla costituzione di comitati di coordinamento fra i vari "governi" partigiani delle zone liberate. Il CLNAI condusse inoltre una vigorosa battaglia contro tutte le tendenze politiche "attesiste" che propugnavano la moderazione della lotta partigiana e l'attesa della liberazione da parte delle forze alleate. All'interno del CLN le tendenze più avanzate, comuniste, socialiste e azioniste, si batterono perché i Comitati divenissero l'embrione politico e amministrativo della nuova struttura statale. Dopo la conclusione del conflitto e la sconfitta definitiva del regime fascista, i CLN diedero vita al governo presieduto da Ferruccio Parri (maggio 1945). Tuttavia l'offensiva delle forze moderate impose successivamente le destituzioni di tutti i sindaci, presidenti di giunte provinciali e amministratori locali che erano stati nominati dai CLN e la loro sostituzione con funzionari provenienti dalla burocrazia statale. Nel novembre 1945 la caduta del governo Parri e, successivamente, la polemica liberale e democristiana contro la loro azione, portò ad una paralisi del loro lavoro politico, sanzionata dallo scioglimento ufficiale, avvenuto all'indomani dell'elezione dell'Assemblea costituente. La loro azione ebbe tuttavia un'importanza fondamentale nel riportare verso la politica tutte quelle forze popolari che ne erano state escluse dal regime fascista e nel formare, nel caldo della lotta politica e militare, la nuova classe dirigente italiana.