Sostanze Coloranti

 

 

    

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Sostanze Coloranti

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Coloranti, Sostanze.

S'indicano con questo nome o con quello più semplice di coloranti quelle sostanze in grado di impartire ad altre sostanze (quando mescolate ad esse o fissate sulla loro superficie) un colore diverso da quello originale. È invalsa la distinzione fra sostanze colorate, che hanno un colore proprio, e s.c. che non sono dotate di una propria colorazione ma sono anche adatte ad impartire la stessa colorazione ad altre sostanze. Questa distinzione è quanto mai ambigua, onde non ne terremo conto; più sensata è la classificazione delle sostanze c. in naturali e artificiali. Va però detto che anche questa distinzione è difficile da fare. In questo campo si ha poi una notevole confusione, dovuta alla mancanza di una classificazione sistematica e di una nomenclatura ufficiale. Capita sovente che due coloranti aventi lo stesso nome o nomi molto simili abbiano composizioni o struttura completamente diverse.

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Teoria dei coloranti. Come si sa tutte le sostanze che appaiono colorate mostrano un colore diverso secondo la luce con la quale sono illuminate (luce del giorno, luce di lampada a filamento, luce di lampada al neon, ecc.). Ciò è dovuto al fatto che il colore si manifesta in base ad un fenomeno di assorbimento della luce in diversa misura secondo le diverse frequenze, cioè secondo i diversi colori. Una sostanza che appaia rossa alla luce del giorno assorbe radiazioni nel campo del visibile (4.000 ÷ 7.500 Å) eccetto proprio le radiazioni corrispondenti al colore rosso (6.100 ÷ 7.500 Å) che vengono quindi riflesse e percepite dal nostro occhio. Se quindi illuminiamo quella stessa sostanza con una luce rossa, essa apparirà bianca, cioè indistinguibile da un oggetto che alla luce del giorno appare bianco, in quanto tutta la luce incidente è riflessa. Se l'illuminiamo invece con una luce di colore verde-azzurro la sostanza non apparirà rossa bensì nera - cioè indistinguibile da una sostanza che appare nera alla luce del giorno - in quanto tutta la luce incidente verrà assorbita. Nel seguito parlando di colori intenderemo quali essi appaiono alla luce del sole. Il perché una sostanza appaia di un colore e un'altra apparentemente molto simile appaia bianca o di colore diverso, cioè una teoria delle relazioni fra formula chimica e colore, è discusso da oltre un secolo. Oggi però - grazie all'apporto della meccanica quantistica - si è vicini ad una teoria abbastanza generale. La prima teoria fu enunciata da Graebe e Liebermann nel 1868; essa faceva risalire la colorazione ad un carattere non saturo della sostanza.

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Non spiegava però perché esistessero anche sostanze insature incolori. Del 1876 è la teoria di Witt, che è ancora alla base di quelle attualmente accettate. Secondo questa, nelle sostanze organiche colorate si ha la presenza contemporanea di due gruppi di tipo diverso, detti gruppi cromofori e gruppi auxocromi. I primi determinano la colorazione (che però è molto tenue in assenza dei secondi) e sono costituiti da gruppi di atomi nei quali è presente un doppio legame polare (fra atomi di C, O, N, ecc.) e un doppio legame non polare fra due C.

Sostanze cromogene: sono dette quelle che contengono nella molecola un gruppo cromoforo. I gruppi auxocromi non sono colorati, e non impartiscono da soli alcun colore alle sostanze che li contengono. Tipici esempi sono il gruppo ossidrilico ―OH e amminico ―NH2 e i loro derivati del tipo ―O―R, ―NHR, ―NR2. Non sono auxocromi i derivati del gruppo ammonio quaternario del tipo ―NHCOLONIA00.png o sostituiti come ―NHCOLONIA00.png.

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In presenza di un gruppo cromogeno, un gruppo auxocromo esercita una duplice azione: a) aumenta notevolmente l'intensità del colore, incrementando l'assorbimento della luce nei colori complementari; b) esercita un'azione batocroma, cioè sposta verso le lunghezze d'onda maggiori il campo di maggior assorbimento della sostanza. Ciò fa sì che molte sostanze che apparivano incolori in quanto assorbivano nell'ultravioletto (come la maggior parte delle sostanze organiche) appaiano intensamente colorate in quanto il campo di assorbimento si è spostato nel visibile. Inoltre la presenza contemporanea di due gruppi di tipo diverso può portare ad una salificazione interna con forte effetto batocromo; questo fenomeno è oggi detto alacromia, e fu riconosciuto dal Witt stesso. Come esempio dell'effetto di un gruppo auxocromo su una sostanza cromogena si può considerare l'introduzione del gruppo amminico sulla molecola di nitrobenzene in para al sostituente:
COLONIA01.png

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La para-nitroanilina è invece colorata intensamente in giallo. Una modificazione della teoria di Witt è dovuta (1925) a Dilthey, il quale considerò come gruppi cromofori non tanto quelli sopra detti, ma i singoli atomi coordinativamente non saturi. Due anni dopo Wizinger prosegui su questa strada, mostrando che esistono anche dei gruppi auxocromi non saturi, che vennero detti antiauxocromi, i quali esplicano un'azione cromatica in presenza di anioni di carbenio (V.). Pressoché nello stesso periodo Konig enunciò una teoria secondo la quale la colorazione sarebbe dovuta a sistemi cromogeni costituiti da doppi legami coniugati bloccati alle due estremità da un gruppo auxocromo e uno antiauxocromo. Una maggiore comprensione delle sostanze c. si ebbe con l'applicazione delle teorie elettroniche della valenza e della teoria oscillatoria sviluppata agli inizi di questo secolo. Una sostanza può assorbire luce di una certa lunghezza d'onda quando l'energia relativa può essere distribuita sui gradi di libertà della molecola stessa. In particolare l'energia può essere assorbita per quantità discrete (quanti) che sono legate alla lunghezza d'onda della radiazione incidente. Se ad esempio un elettrone per passare da uno stato a un altro assorbe una grande quantità di energia, la lunghezza d'onda assorbita è molto piccola, quindi l'assorbimento sarà nell'ultravioletto o su frequenze ancor più basse; al limite si giunge ai raggi X. I composti organici saturi (ad es. paraffine) sono molto stabili; per conseguenza potranno passare da uno stato fondamentale ad un altro solo assorbendo grandi quantità di energia, e quindi il loro assorbimento sarà sulle basse lunghezze d'onda intorno ai 2.000 Å (ultravioletto lontano). Lo stesso dicasi di una molecola non satura come quella dell'etilene, nella quale il doppio legame è isolato e per una molecola fortemente stabilizzata come quella del benzene. Nelle sostanze che presentano invece dei doppi legami di tipo COLONIA02.png oppure dei doppi legami coniugati o dei legami polarizzati, si può avere un assorbimento di energia in quantità abbastanza piccole in modo che l'assorbimento della radiazione si trova su lunghezze d'onda maggiori, cioè nel visibile e al limite nell'infrarosso.

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Questo effetto batocromo di particolari gruppi è accentuato dalla presenza di altri gruppi elettronrepellenti (auxocromi) e elettrofili (antiauxocromi) che hanno l'effetto di stabilizzare certe forme eccitate. Si può vedere che un singolo gruppo di uno di questi tipi ha scarsa efficacia da solo; invece un accoppiamento di questi due tipi di gruppi mostra un forte effetto batocromo. Non esistono però gruppi auxocromi o gruppi antiauxocromi più o meno efficaci; invece si può parlare di accoppiamenti (di un gruppo auxocromo con uno antiauxocromo) più o meno efficaci. Il massimo effetto batocromo si ha con certe coppie come le seguenti:

R2N―CH = e ―CH = N+ R2

―O―CH = e ―CH = O

che sono le cosiddette coppie simmetriche. Un sistema di doppi legami coniugati chiuso alle estremità da una coppia di questo tipo viene detto sistema cromatico ideale, in quanto presenta il massimo effetto batocromo possibile. Per quanto riguarda l'alacromia (cioè l'effetto batocromo dovuto ad una salificazione) si può osservare che spesso essa provoca la formazione di un sistema nel quale si ha mesomeria fra una forma indissociata e una forma ionica. Questa salificazione può essere interna o esterna alla molecola. A volte la salificazione può avere un effetto opposto a quello descritto, cioè uno spostamento dell'assorbimento verso lunghezze d'onda minori (e al limite fuori dal visibile). Si parla in questo caso di effetto ipsocromo o di ipsocromia.

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Si può anche trasformare un colorante nel cosiddetto leuco-derivato per rottura della coniugazione (che stabilisce una specie di "ponte" fra i due gruppi che impartiscono il colore). Il modo più semplice per fare ciò è la saturazione di un doppio legame - fra quelli che partecipano alla coniugazione - ad esempio mediante addizione su di esso di idrogeno o acido alogenidrico. Lo stesso effetto si può anche avere distruggendo l'alacromia per trasformazione di uno ione in un composto, cioè mediante la sostituzione del legame ionico con un legame covalente.

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Un analogo effetto ipsocromo si ha con l'introduzione di un gruppo auxocromo nel mezzo del sistema coniugato; questo blocca l'effetto elettronrepellente dell'altro gruppo euxocromo creando quello che viene comunemente detto corto circuito. Un esempio che può servire a comprendere l'effetto batocromo dovuto alla coniugazione (la quale rende disponibili all'interno della molecola degli stati eccitanti a basso livello energetico) e dato dal benzene e dai suoi derivati per successive anellazioni. Consideriamo ad esempio questi tre composti:

COLONIA03.png

essi sono tutti incolori. Il benzene è fortemente stabilizzato per mesomeria; anche l'introduzione di nuovi anelli non ha un'azione batocroma sufficiente a spostare l'assorbimento nel visibile. Passando però al naftacene (quattro anelli) si manifesta una colorazione gialla; il pentacene (5 anelli) è colorato in azzurro indaco; l'esacene (6 anelli) è colorato in verde cupo. Passando al caso di un numero infinito di anelli (come si può avere nella grafite) l'effetto batocromo raggiunge il massimo possibile, e si ha un colore nero (assorbimento su tutte le lunghezze d'onda del visibile). Per contro il diamante, avente composizione chimica identica alla grafite, ma struttura tale che nella sua molecola sono presenti solo legami COLONIA04.png e quindi non presenta alcuna coniugazione, è del tutto incolore (salvo presenza di impurezze).

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