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Clive di Plassey, Robert, barone di.

Militare e uomo politico inglese. Appartenente a una modesta famiglia della piccola nobiltà di campagna, a diciotto anni, nel 1743, fu mandato a Madras al servizio della Compagnia inglese delle Indie. Tre anni dopo veniva fatto prigioniero dai francesi, ma riuscì a fuggire e poco dopo conquistò, con poche centinaia di uomini, il porto di Arcot (1751), alleggerendo la pressione franco-indiana su Trichinopoli. Aveva allora il grado di capitano e con la sua piccola guarnigione riuscì a resistere per ben cinquantatré giorni all'assalto delle truppe indiane di Chandasabib e dei suoi alleati francesi. Nonostante la giovanissima età fu nominato governatore di Madras e nel 1757 conquistò facilmente Calcutta e costrinse il nababbo del Bengala, Siraj-uddaulah, a firmare un trattato che confermava tutti i privilegi goduti dagli inglesi. Siraj non mostrò però nessuna intenzione di voler rispettare le clausole del trattato e ben presto riprese a complottare con i francesi. Assicurandosi potenti appoggi indù, egli decise allora di sostituirlo con un nababbo-fantoccio, disposto a collaborare con la Compagnia inglese. Le operazioni militari del 1757 lo portarono a vincere a Plassey e questa vittoria ebbe un'importanza fondamentale per lo sviluppo del dominio inglese in India, rendendo gli inglesi padroni di fatto del Bengala, le cui risorse furono utilizzate per cacciare i francesi dal Carnatico (guerra dei Sette anni). Al suo ritorno in patria nel 1760 gli fu conferito il titolo di Lord di Plassey a ricordo della vittoria riportata tre anni prima in quella località. Inviato nuovamente in India nel 1765 col grado di generale e comandante in capo delle forze della Compagnia inglese delle Indie, della quale assunse anche l'amministrazione, riuscì a ottenere dal Gran Moghul (imperatore Shah Alam), la cessione del territorio del Bengala, del Behar, del Bihar e dell'Orissa, in cambio del pagamento di un tributo annuo. Al suo ritorno in Inghilterra, nel 1773, fu accusato di corruzione e, benché assolto dalla Camera dei Comuni, non sopportò lo scandalo e si suicidò (Styche, Shropshire 1725 - Londra 1774).