Ventiduesimo presidente
degli USA. Iniziata l'attività di avvocato a Buffalo nel 1859,
acquistò presto vasta popolarità e fu dapprima eletto sceriffo di
contea, poi sindaco di Buffalo (1881) e infine governatore di New York (1882).
Candidato democratico alla presidenza nel 1884, si trovò a dover
fronteggiare una battaglia politicamente difficile, in cui entrambi i partiti
fecero ricorso all'arma della diffamazione personale. Mentre al suo avversarlo
repubblicano, Blaine, venivano mosse accuse di corruzione, i repubblicani
rivelarono che
C. aveva un figlio illegittimo, montando una campagna
contro la sua presunta immoralità. Per quanto lo scandalo personale gli
sottraesse un certo numero di consensi, riuscì a battere, sia pure di
stretta misura, il candidato repubblicano e fu il primo presidente democratico
dopo la guerra di secessione, e dovette sostenere le accuse dei repubblicani che
lo consideravano l'erede dei democratici traditori del Sud. Inoltre egli era
privo di magnetismo personale, aveva modi rudi, non cercò mai la
popolarità fine a se stessa e diede prova di grande onestà e
serietà. Era fondamentalmente un conservatore, benché consapevole
dei pericoli insiti nel sistema monopolistico. Si dedicò alla riforma
della burocrazia, alla revisione delle tariffe doganali, alle pensioni e alla
politica fiscale, opponendosi con forza alle pretese dei veterani della guerra
di secessione. La sua richiesta di riduzione delle tariffe doganali gli
costò la mancata riconferma nelle elezioni del 1888, vinte dal
conservatore repubblicano W. H. Harrison con un ristretto margine di
maggioranza. Nuovamente scelto come candidato dai democratici nelle elezioni del
1892, fu favorito dall'impopolarità delle tariffe doganali e
riuscì a battere nettamente il candidato repubblicano. Condusse la sua
seconda presidenza con maggiore energia, trovandosi immediatamente a dover
fronteggiare una grave depressione economica che, tra l'altro, aveva provocato
una rapida e massiccia uscita di oro dal Paese, con conseguente pericoloso
impoverimento delle riserve auree del Tesoro. Tale impoverimento era aggravato
dall'applicazione del
Silver Act, che consentiva di portare argento alla
zecca, vendendolo in cambio di valuta cartacea legale, convertendo poi questa in
oro che veniva esportato con considervole profitto. Egli convocò una
speciale riunione del Congresso e chiese l'immediata abrogazione del
Silver
Act. Il Congresso approvò le misure nell'ottobre 1893, ma le riserve
auree continuarono a diminuire. Egli ricorse allora a J.P. Morgan e ad altri
grandi banchieri che prestarono al governo 62 milioni di dollari in oro, almeno
per metà ottenuti all'estero, e con questo atto riuscì a
restituire ai capitalisti tanta fiducia che la fuga dell'oro verso l'estero
cessò. Tuttavia, questo brusco ritorno alla linea della moneta forte e
l'alleanza con i grandi finanzieri, provocò la spaccatura dei democratici
e una rivoluzione nell'indirizzo politico del partito democratico, in cui ebbero
il sopravvento le correnti più radicali. In politica estera, per quanto
personalmente ostile all'imperialismo e oppositore di una linea espansionistica,
si trovò a dover ereditare una situazione che prevedeva l'annessione
delle Hawaii. Egli cercò senza successo di impedire tale annessione,
denunciandone l'illegittimità e rivolgendosi all'amico e collaboratore R.
Olney in questi termini: "Quando ripenso agli inizi di questo miserabile affare
ed esamino i mezzi usati per consumare una tale ingiustizia, me ne vergogno
profondamente". Si oppose ad ogni avventura all'estero, al potenziamento della
flotta e si rifiutò di intervenire a Cuba. Estese tuttavia l'ambito della
dottrina Monroe e difese energicamente gli interessi statunitensi nel corso
della controversia con la Gran Bretagna sul confine tra Venezuela e la Guyana
britannica (Caldwell, New Jersey 1837 - Princeton 1908).