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Cile.

Stato (756.096 kmq; 16.465.000 ab.) situato sulla costa occidentale dell'America meridionale. Confina a Nord con il Perù, a Nord-Est con la Bolivia, a Est con l'Argentina e si affaccia a Ovest sull'Oceano Pacifico. Capitale: Santiago. Città principali: Temuco, Valparaíso, Antofagasta, Iquique. Ordinamento: Repubblica presidenziale. Secondo la Costituzione del 1981, modificata nel 1989, il presidente è eletto a suffragio universale ogni sei anni ed è anche capo del Governo. Il potere legislativo è affidato al Congresso Nazionale formato dalla Camera dei deputati (120 membri eletti ogni quattro anni) e dal Senato (47 membri, 38 dei quali elettivi e in carica per otto anni, rinnovati per metà ogni quattro anni). Moneta: peso cileno. Lingua ufficiale: spagnolo. Religione: cattolica; ci sono minoranze protestanti. Popolazione: è prevalentemente costituita da meticci e da discendenti dei colonizzatori europei; gli indigeni amerindi sono in minoranza. Sono presenti consistenti colonie di immigrati europei.

GEOGRAFIA

Il C. è formato da una lunga striscia di territorio che corre lungo la costa per 4.300 km, affacciandosi sull'Oceano Pacifico. Questa striscia compresa tra le Ande e il mare è molto stretta e raggiunge la larghezza massima di 200 km. La zona settentrionale è montuosa, con deserti e cordigliere. Nella fascia centrale il rilievo andino presenta massicci molto elevati come il Mercedario (6.670 m), l'Aconcagua (6.959 m), il Juncal (6.180 m) e il Tupungato (6.800 m). Segue un grande solco vallivo, che costituisce la zona del paese più densamente popolata e coltivata. La regione meridionale a sud di Puerto Montt si presenta rocciosa, con le catene andine che corrono lungo la costa e raggiungono quote elevate. Le Ande proseguono sino alla Terra del Fuoco e vanno via via degradando, formando sempre una costa frastagliatissima, orlata da isole e isolotti. Data la presenza di fiordi e di ghiacciai all'estremo sud la vegetazione è praticamente del tutto assente. Il clima del C. varia quindi da regione a regione, a seconda della latitudine, dei rilievi e dell'influenza del mare, passando dal regime temperato lungo la costa a quello freddo dell'area andina e antartica. Data la presenza di numerosi vulcani non manca l'attività tellurica. La rete delle comunicazioni risente della particolare configurazione geografica del paese. Buone sono le ferrovie e strade nella regione centrale. Diffuso è il trasporto aereo, anche interno.
Cartina del Cile


ECONOMIA

Il territorio si può dividere in tre zone economiche: quella settentrionale, arida ma ricca di minerali; quella centrale, a clima temperato, dove fioriscono l'agricoltura e l'allevamento; la meridionale, in parte ricca di pascoli e di foreste. Tra i cereali si coltivano: frumento, orzo, avena, mais, riso e segala. Altre coltivazioni: patata, tabacco, vite. Le ricchezze minerali del Paese sono date principalmente dagli immensi depositi di nitrato sodico e dal rame, di cui il C. è tra i più importanti produttori mondiali. Si trovano inoltre: oro, argento, ferro e combustibili. In fase di sviluppo sono l'industria tessile, della concia, i calzaturifici, l'industria delle carni e quella farmaceutica.

STORIA

Dal Colonialismo alla Guerra del Pacifico
Nel C. la colonizzazione spagnola, iniziata verso il 1540, trovò un forte ostacolo nella resistenza opposta dagli indigeni. Dopo varie vicende di guerra gli Auricani riuscirono a infliggere una sconfitta memorabile agli Spagnoli. Furono però vinti da Garcia de Mendoza. La guerriglia continuò fin verso la fine del XVII sec. In questo periodo a una certa distensione si accompagnò anche un relativo fiorire economico. Un nuovo dissidio con la Spagna, portò a una prima indipendenza (1811-1814), fallita per una sconfitta militare. Con la vittoria di S. Martin (1818) a Maipo il C. si rese indipendente. Fu proclamata la repubblica e eletto presidente B.O. Higgins figlio dell'ex governatore spagnolo Ambrogio. Il presidente liberò il Paese dagli Spagnoli e dai Peruviani che intanto avevano accampato diritti territoriali, ma adottò una politica dittatoriale che fu la causa della sua destituzione. Il nuovo presidente, il generale Ramon Freire, promosse l'emancipazione degli schiavi e promulgò nel 1828 una costituzione federalistica che incontrò la disapprovazione della classe conservatrice e del clero. Superata la prima confusa fase post-rivoluzionaria, furono costituiti governi di nomina elettiva, in cui prevalsero, in un primo tempo, elementi conservatori e, successivamente, a partire dal 1860, liberali che favorirono l'immigrazione dall'Europa. Vincitore sulla Spagna nel 1866 e sul Perù e la Bolivia nel 1883, il C. si arricchì di nuovi territori a spese dei paesi vicini.

Dal governo di Balmaceda a Salvador Allende
L'opposizione dell'oligarchia conservatrice al programma di riforma annunciato dal presidente J.M. Balmaceda (1886-1891) provocò lo scoppio della guerra civile e la costituzione di un governo conservatore che, accantonati tutti i progetti di riforma, favorì il consolidamento degli interessi preesistenti e la formazione di nuovi interessi finanziari stranieri. Non molto fruttuosi furono i successivi tentativi riformistici compiuti dal governo liberale capeggiato da Arturo Alessandri Palma (1920-24, 1925, 1932-38), la cui lunga gestione di governo fu per qualche anno interrotta (1927-31) dall'istituzione di un regime dittatoriale da parte del generale Carlos Ibañez del Campo. Un'importante svolta politica si ebbe nel 1938 con l'affermazione elettorale del Fronte popolare (radicali, socialisti, comunisti) che costituì un governo presieduto da O. Aguirre Cerda (1938-42). La rottura della coalizione non modificò, in un primo tempo, l'indirizzo democratico del governo presieduto da J.A. Rios (1942-46). Una decisa svolta a destra si ebbe invece sotto la presidenza di G. Gonzales Videla (1946-52), appartenente, come il suo predecessore, al partito radicale, ma assai più di quello legato ai gruppi di interesse statunitensi e decisamente avverso al partito comunista che fu posto fuori di legge nel 1948. Dello stato di tensione, venutosi a creare in seguito a una grave crisi economica e al susseguirsi di agitazioni popolari, approfittò l'ex dittatore Ibañez del Campo, eletto alla presidenza nel 1952 col sostegno di una coalizione di forze quanto mai eterogenee. Anziché riportare l'ordine, il vecchio Ibañez del Campo fu travolto da agitazioni e scioperi, mentre l'inflazione assumeva proporzioni gigantesche. Nel 1958 la presidenza fu assunta dal liberal-conservatore Jorge Alessandri Rodriguez che riuscì, in parte a risolvere la crisi economica, facendone però pagare le spese alle classi lavoratrici. L'elezione di Eduardo Frei Montalva nel settembre 1964 fu presentata come un evento di portata storica non solo per il C., ma per tutta l'America latina. Con Frei, infatti, si costituì il primo governo democratico-cristiano d'America e ciò lasciò credere nella possibilità di una "terza vita", in contrapposizione dall'autoritarismo reazionario e alla rivoluzione proletaria. Ben presto l'esperimento si rivelò fallimentare e la proposta della "rivoluzione nella libertà" dimostrò di essere soltanto uno slogan propagandistico. Tuttavia, i pur timidi tentativi riformistici del governo Frei bastarono a sottrargli il consenso della destra: nelle elezioni del marzo 1969 le destre, presentatesi all'insegna del nazionalismo liberal-conservatore, guadagnarono 34 seggi alla camera (la sinistra socialcomunista 37), facendo perdere alla Democrazia cristiana la maggioranza assoluta e riducendone il numero dei deputati da 82 a 55. La crisi della DC, sfociata nel maggio 1969 nella secessione dell'ala progettista (30% del partito) costituitasi in Movimento d'azione popolare unificato (MAPU) sotto la guida di J. Chonchol, assertore di un'alleanza di tutte le forze della sinistra, contribuì nelle elezioni presidenziali del settembre 1970 alla vittoria di Salvador Allende, candidato socialista del Fronte popolare (36,3%), contro il rappresentante delle destre J. Alessandri (34,9%) e quello della DC, R. Tomic (27,8%). Anche dopo l'elezione di Allende, la DC, forte della propria maggioranza parlamentare, credette di poter imbrigliare il nuovo governo in un'azione di cauto riformismo e nel ballottaggio convogliò i voti dei propri parlamentari su Allende. Il partito di Frei doveva però rendersi presto conto della difficoltà di imbrigliare un'azione che tendeva a spostare tutti gli equilibri del potere del paese, realizzando i punti-base del proprio programma, ossia le previste grandi nazionalizzazioni, in primo luogo quelle del settore bancario e minerario. Lo spostamento a destra della DC e il tentativo di bloccare l'azione del governo Allende prima che questo, nel suo processo di "transizione al socialismo", riducesse ulteriormente il peso dell'opposizione e delle forze economiche da essa rappresentate, portò il partito democristiano a un'alleanza parlamentare con la destra nazionale. Questa dura opposizione, oltre alla difficile situazione economica del paese, costrinse Allende ad operare nei primi mesi del 1972 vari rimpasti ministeriali, sino alla crisi di giugno, sfociata nelle dimissioni dell'intero governo, quale conseguenza, oltre che delle varie difficoltà esterne, anche delle contraddizioni interne e delle profonde divergenze venutesi a creare tra i gruppi di coalizione (comunisti, socialisti, radicali, cattolici e indipendenti di sinistra). Dal nuovo governo furono eliminati uomini di punta, come il prestigioso Pedro Vuscovic, ministro dell'Economia. Allende, appoggiato soprattutto dai comunisti, sembrò intenzionato a procedere con maggiore cautela sulla via del socialismo, pur non rinunciando a portare avanti un programma fondamentalmente rivoluzionario, per quanto applicato con metodi gradualistici e nell'ambito della legalità costituzionale borghese almeno finché non fossero stati costituiti nuovi equilibri di forza nel parlamento e nel Paese. Alle Nazioni Unite il presidente denunciò le pressioni e il boicottaggio di cui era vittima il suo Paese da parte delle società multinazionali e le loro ingerenze nella politica interna cilena. Nei mesi seguenti, mentre permaneva nel Paese un grave stato di tensione, la lotta fra governo e opposizione parlamentare andò spostandosi sul terreno della propaganda elettorale, in vista delle elezioni legislative del marzo 1973. Presentando il programma di Unidad Popular, il presidente Allende, premesso che non era stato ancora realizzato il passaggio del potere effettivo dai vecchi gruppi dominanti ai lavoratori, promise che scopo della seconda parte del suo mandato sarebbe stato quello di attuare tale passaggio, sottolineato dal varo di una nuova Costituzione tendente a favorire la costruzione di una società socialista. Le elezioni, che secondo la propaganda dell'opposizione avrebbero dovuto costituire una "trappola mortale" per il governo, confermarono invece l'appoggio delle masse a Unidad Popular che, nonostante le difficoltà economiche del Paese (nel 1972 il tasso di aumento del costo della vita era stato del 163%), ottenne il 43% dei voti, guadagnando poco meno del 7% rispetto al 1970. Il risultato fu un duro colpo per l'opposizione ormai convinta di poter disporre dei due terzi dei seggi al Senato necessari per mettere in stato d'accusa il presidente e obbligarlo a dimettersi. Alle elezioni, seguì un rimpasto ministeriale in seguito al quale i militari lasciarono il governo. Dato il crescere della tensione, dovuto anche al lungo sciopero dei minatori che, riducendo le esportazioni di rame, peggiorò la situazione economica (nel corso del 1973 il tasso di inflazione raggiungeva il 294%) a vantaggio dell'opposizione e della reazione di destra, più insistenti cominciarono a farsi nel giugno di quell'anno le voci di un nuovo rimpasto governativo con la partecipazione dei militari. Il rimpasto fu attuato il mese seguente, ma senza l'ingresso nel governo dei rappresentanti delle forze armate, mentre Unidad Popular si dichiarò disponibile ad aprire un dialogo con l'opposizione democristiana, attraverso la mediazione della Chiesa, e gli estremisti di destra cercarono di forzare la situazione compiendo una serie di atti di violenza, tra cui l'assassinio dell'aiutante di campo di Allende. Nelle settimane seguenti, la situazione si aggravò anche in conseguenza del blocco delle comunicazioni dovuto al boicottaggio degli autotrasportatori, manovrati dalla destra. Nel tentativo di evitare il peggio, Allende costituì (28 agosto) un nuovo Governo con la partecipazione di quattro militari, confermando che una parte delle forze armate era schierata per la "legalità".

Dal regime di Pinochet alla democrazia
Nei giorni seguenti, tuttavia, la situazione precipitò e l'11 settembre 1973 Allende fu destituito da un colpo di Stato militare. Il vecchio presidente preferì però morire, piuttosto che arrendersi. Seguì una sanguinosa repressione, con esecuzioni sommarie e il massacro di migliaia di persone, che riuscì a spegnere la maggior parte dei fuochi di resistenza, mentre venne annunciata la formazione di una giunta di governo presieduta dal generale Augusto Pinochet (V. PINOCHET UGARTE, AUGUSTO). Nei mesi seguenti, dopo la morte in carcere di alcuni collaboratori di Allende, tra cui l'ex ministro degli Esteri Josè Toha e il generale Alberto Bachelet, vari organismi internazionali denunciarono i pericoli ai quali erano esposti i numerosi prigionieri politici cileni. Gli stessi vescovi cileni riuniti a Santiago, sotto la direzione del cardinale R. Silva Henriquez (aprile 1974), emisero un documento di severa condanna contro il Governo militare, denunciando l'uso della tortura. Frattanto, i nuovi governanti si impegnarono a cercare appoggi internazionali e aiuti finanziari, adottando una linea di intransigente anticomunismo, ormai improponibile nello stesso contesto latino-americano, che isolò il C. anche da regimi come quello dei militari brasiliani, ponendolo piuttosto accanto a Paesi come il Paraguay del generale Stroessner. Il passare del tempo non attenuò l'ondata repressiva e la caccia ai "rossi" portò, tra l'altro, all'uccisione del capo dei MIR, Miquel Enriquez. Inoltre, i nemici del regime militare furono inseguiti e raggiunti anche all'estero, come il generale Prats, ucciso a Buenos Aires da emissari cileni. La seconda metà degli anni Settanta non vide modificata la situazione di repressione e di terrore instaurata dal generale Pinochet. Per contro crebbe un incredibile malcontento popolare che diede vita a numerosi gruppi clandestini i quali con giornali, pubblicazioni, sabotaggi, manifestazioni di piazza, accentuarono ancor di più lo stato di insicurezza nazionale. Il Governo cileno si trovò dunque isolato sia all'interno sia all'estero. Gli Stati Uniti rifiutarono aiuti militari alla Giunta militare cilena, e gli stessi governi autoritari dell'America Latina negarono qualsiasi sorta di appoggio al governo di Santiago. Seguirono ancora repressioni che sfociarono nella chiusura di alcune università, nell'uccisione di rappresentanti politici e sindacali e nello scioglimento di partiti politici contrari al regime. Nel 1980 Pinochet fu eletto mediante un referendum presidente della Repubblica fino al 1990 (il mandato era prorogabile per altri 7 anni) a cui sarebbe seguita una democrazia "controllata". Il Cile di Pinochet tornò alla ribalta della scena internazionale nella primavera del 1983, quando furono indetti numerosi scioperi dai sindacati più potenti (camionisti) e varie dissociazioni fra gli stessi militari paradossalmente imitarono, almeno sotto certi aspetti esteriori, le vicende che nel 1973 prepararono la caduta del governo di Unidad Popular. Pinochet tentò compromessi con i sindacati e annunciò la disponibilità di nazionalizzare nuovamente banche e grandi imprese, ma la tensione si allentò solo parzialmente poiché il braccio di ferro fra il generale e le forze di opposizione continuò con ulteriori dissensi. Negli anni 1983-84 le manifestazioni di protesta contro il regime, regolarmente soffocate con la violenza dalle forze di polizia, si susseguirono a ritmo incalzante. Gli obiettivi della dittatura apparvero ormai falliti anche agli occhi di quelle classi medie che pure si erano aspettate da un Governo di destra garante dell'ordine una spettacolare ripresa economica. Il regime non era in realtà riuscito a evitare la crisi economica che aveva colpito un po' tutti i Paesi dell'America Latina. L'opposizione interna e il raffreddamento degli Stati Uniti indussero Pinochet, all'inizio del 1985, a togliere lo stato d'assedio e a concedere una certa libertà di stampa. Nell'agosto 1985 la Chiesa cattolica cilena promosse un incontro tra tutte le forze di opposizione, a esclusione del Partito comunista. Il 26 agosto fu siglato un "Accordo nazionale per la transizione verso una democrazia totale" nel quale si chiedeva il ripristino di tutte le libertà democratiche e il rimpatrio degli esuli. Una simile compattezza dell'opposizione fu destinata ad avere ripercussioni anche all'interno del governo, alcuni elementi del quale si mostrarono propensi a prese di posizione più caute e possibiliste da parte di Pinochet. Nel 1986 persino alcuni esponenti delle forze armate presero le distanze dall'ostinato generale (che, tra l'altro subì nel settembre un attentato) e si diffuse nel Paese la certezza che il regime avesse ormai i giorni contati. Nel 1987 si assistette, inaspettatamente, a un certo rilassamento delle opposizioni, fino ad allora agguerrite, e il generale ribadì nel settembre la sua volontà di restare al potere fino al 1988, anno in cui, secondo la Costituzione del 1980, si sarebbe dovuto tenere il referendum presidenziale. Forte delle migliorate condizioni economiche interne, Pinochet tenne fede al suo programma e il referendum, fissato per il 5 ottobre 1988, seguì il suo corso. Dei cinque partiti iscritti nei registri elettorali - la Democrazia Cristiana, il Partito per la Democrazia (una coalizione che comprendeva diversi gruppi della sinistra marxista e cattolica), il Partito degli Humanistas, il Partito di Rinnovamento Nazionale - solo gli ultimi due sostennero la dittatura. Il MIR e il Partito Comunista invitarono i propri aderenti all'astensione. Il referendum si svolse, data anche la massiccia presenza della stampa estera, nella più perfetta legalità e la dittatura venne respinta con uno scarto di voti dell'11%. Pinochet fu quindi costretto a indire nuove elezioni che si tennero nel 1989 e portarono alla vittoria del candidato democristiano Patricio Aylwin che istituì un Esecutivo con il proposito di condurre il Paese in un regime di piena democrazia. Le consultazioni del dicembre 1993 portarono alla vittoria del democristiano Eduardo Frei, appoggiato da una coalizione di centro-sinistra, la Concertación. Tale raggruppamento venne riconfermato alla guida del Paese anche nelle successive elezioni del gennaio 2000, che determinarono la nomina a presidente della Repubblica del socialista Ricardo Lagos Escobar, presidente dell'Alleanza democratica, lo schieramento di sinistra che negli anni Ottanta aveva raggruppato gli oppositori del regime. Escobar diede avvio a un vasto programma di riforme, sfociato nel 2005 nella riforma della Costituzione del 1980; tra i provvedimenti più importanti del suo Governo, l'abolizione della pena di morte (aprile del 2001), che era rimasta in vigore nel Paese per 126 anni. Nel dicembre del 2006 moriva Pinochet, tornato in patria nel 2000 dopo l'arresto a Londra nel 1998. Nel gennaio dello stesso anno si svolsero le elezioni presidenziali, vinte dalla candidata socialista Michelle Bachelet , la prima donna presidente del Paese latino-americano. La Bachelet continuò il programma degli altri governi della Concertazione Democratica, in particolare proseguì una politica neoliberista, pur tra le proteste del mondo operaio e studentesco. I maggiori successi della Bachelet si registrarono nella politica estera stabilendo forti relazioni con gran parte dei paesi dell'America latina. Le relazioni con il Perù, nonostante i tentativi da parte del governo cileno, subirono un peggioramento a causa della controversa crisi dei confini marittimi tra C.. e lo stesso Perù. Nel corso del 2009 la popolarità della Presidente crebbe fino a toccare il 74%. Alle presidenziali del 2010 tornò al potere il centrodestra con Sebastiàn Piñera, imprenditore miliardario, che batté al ballottaggio il rivale del centrosinistra Eduardo Frei. In febbraio un terremoto di magnitudo 8,8 con epicentro a largo della costa del Maule colpì violentemente il C., provocando la morte di 452 persone. Il sisma fu 30.000 volte più potente del terremoto abruzzese del 2009. In estate destò sensazione, provocando l'attenzione dei media cileni e di tutto il mondo, la vicenda dei 33 minatori intrappolati in una miniera d'oro a oltre 600 metri di profondità a seguito di un crollo. I minatori furono tratti tutti in salvo, l'ultimo 70 giorni dopo l'incidente.