Scrittore e oratore latino. Dotato di tutte le
qualità necessarie a formare un eccellente oratore, mostrò presto,
a ventisei anni, il suo talento di avvocato, sostenendo in un clamoroso processo
la difesa di Sesto Roscio Amerino accusato di parricidio per intrighi di Silla
(
Difesa di Sesto Roscio d'Ameria). Viaggiò in Grecia e in Asia
Minore. Tornato a Roma,
C. fu avvocato dei Siciliani e ottenne la
condanna di Verre. Sono sette le orazioni contro Verre (
Verrine): due
pronunciate, le altre cinque pubblicate dopo il processo. Pronunciò le
orazioni in difesa di Fonteio (
Pro Fonteio) e di Cecina (
Pro
Caecina); sostenne la proposta del tribuno Manilio perché a Pompeo
fosse affidato il comando della guerra mitridatica (
Difesa della legge
Manilia per il comando di Gneo Pompeo), difese Aulo Cluenzio Avito accusato
di veneficio (
Pro Cluentio). Durante la lotta per le elezioni consolari
pronunciò in senato un'orazione contro i due suoi competitori collegati,
Antonio e Catilina. Eletto console nell'anno 64, pronunciò tre orazioni
Della legge agraria, con cui fece respingere la legge agraria proposta
dal tribuno Servilio Rullo e difese Rabirio (
Difesa di Gaio Rabirio, reo di
alto tradimento). Ma le più famose orazioni consolari sono le quattro
Catilinarie, con le quali condusse una delle lotte più
drammatiche. Proclamata la legge marziale, arrestati i principali fautori di
Catilina, pronunciò la quarta orazione catilinaria. I comizi elettorali
del 63 avevano suscitato la riprovazione di uomini rispettosi della pubblica
legge, anche se avversari di Catilina. Servio Sulpicio e Catone dichiararono
l'elezione illegale e mossero accusa di corruzione a Murena che fu difeso da
C. (
Difesa di Licinio Murena). Finito l'anno del consolato
sostenne la difesa di Cornelio Silla (
Pro Silla) imputato di
complicità nella congiura di Catilina, e del poeta Archia di Antiochia
(
Pro Archia) accusato di usurpata cittadinanza. Nel 58 Publio Clodio fece
approvare una legge che stabiliva la pena dell'esilio per chiunque avesse messo
a morte un cittadino senza giudizio popolare. Era la condanna di
C., il
quale abbandonò Roma e si recò prima a Tessalonica, poi a Durazzo.
Dopo diciotto mesi potè ritornare a riprendere il suo posto di oratore
principe. I più notevoli discorsi sono: la
Oratio de domo sua ad
Pontifices, De haruspicum responso, Pro Sestio, In Vatinium testem, la
difesa di Celio (
Pro Caelio). Nel 56 circa propose in senato (
Oratio
de provinciis consularibus) di confermare a Cesare il governo della Gallia;
il senato accettò la proposta. Nel 52 Milone uccise Clodio. I popolari
insorsero e il senato dovette provvedere al mantenimento dell'ordine, nominando
Pompeo unico console. Milone fu processato e
C. fu il suo difensore. La
causa fu persa. L'orazione
Pro Milone (Miloniana), rielaborata più
tardi, è la migliore tra le orazioni ciceroniane. Nominato nell'anno 51
proconsole in Cilicia, fu sorpreso dalla guerra civile che si accendeva tra
Cesare e Pompeo. Si dichiarò per Pompeo; era nel campo pompeiano a
Durazzo quando a Farsalo Cesare diveniva l'unico padrone di Roma. Si
ritirò a Brindisi ove attese che Cesare lo assicurasse del suo perdono.
Tornato a Roma, scrisse opere di argomento filosofico e retorico. Rare volte
parlò pubblicamente: una volta per il richiamo dall'esilio di Claudio
Marcello (
Pro Marcello), e una volta in difesa di Ligario (
Pro
Ligario). Più tardi nell'orazione
Pro rege Deiotaro difese il
vecchio tetrarca della Galizia accusato di aver attentato alla vita del
dittatore. Nel 44, ucciso Cesare da una congiura,
C. sostenne la sua
lunga lotta contro Antonio, combattuta in quattordici orazioni che si chiamarono
Filippiche. Ma Ottaviano e Antonio si riconciliarono e insieme con Lepido
formarono il secondo triumvirato. Vennero subito le liste di proscrizione, e
C. non poteva mancare in quella di Antonio. Fu raggiunto dai soldati
presso la sua villa di Formia nel 43. Oltre a essere il massimo degli oratori
romani
C. sviluppò una sua teoria dell'arte del dire in alcune
opere che sono fondamentali per la storia dell'eloquenza antica. Poco più
che ventenne compose i due libri
Dell'invenzione che è una delle
cinque parti della retorica. Nei tre libri
Dell'oratore, in forma
dialogica,
C. svolse una dottrina intorno all'arte del dire, fondata
sulla conoscenza e sulla eloquenza, che impone all'oratore l'uso sicuro dei vari
generi del dire e il possesso di quelle qualità naturali che riguardano
l'azione. Nel
Bruto, composto nell'anno 46, è tracciata una storia
dell'eloquenza romana divisa in due grandi periodi: quello antico, dalle origini
ad Antonio e Crasso; il moderno, fino a Ortensio, e a
C. In polemica con
gli atticisti, scrisse un trattato dedicato a Marco Bruto atticista,
l'
Orator, che nella prima parte compendia le dottrine esposte nel
De
oratore e nella seconda offre il primo e più ampio trattato su quel
ritmo prosastico che serve a suggellare la bellezza del periodo e quindi la sua
potenza persuasiva. Dopo la morte della figlia Tullia scrisse un trattato,
La
consolazione; in quel tempo ne compose un altro a carattere filosofico, in
onore di Ortensio l'
Hortensius. Nel 55 aveva cominciato a scrivere il
trattato dialogico
De Republica, in cui concludeva che lo Stato migliore
era quello in cui fossero contemperate le tre forme di governo (monarchia,
aristocrazia e democrazia). Seguiva un trattato
Delle leggi, dove
C. risaliva alle sorgenti del diritto per affermare la
immutabilità di ciò che è giusto e di ciò che
è ingiusto, e la presistenza del diritto razionale e naturale. Tra le sue
opere prettamente filosofiche, i due dialoghi di dispute accademiche
Gli
accademici. Con questa opera, insieme con cinque libri
Dei limiti del
bene e del male, tre libri
Della natura degli dei e due libri
Della divinazione,
C. entra nei campi della teoretica greca circa
i problemi della conoscenza, della morale e della teologia. Nel biennio 45-44
C. compose i cinque libri de
Le Tusculane, che comprendono cinque
immaginarie dispute tenute nella sua villa tusculana da due interlocutori,
intorno al problema dell'umana felicità. Opere minori sono i
Paradossi e i due opuscoli
Catone maggiore o
Della
vecchiaia, e
Lelio o
Dell'Amicizia. Come nelle opere
retoriche, così anche in quelle filosofiche
C. non smarrì
mai l'idealità e il carattere di cittadino romano che più
sensibilmente appaiono nei tre libri
Dei doveri, composti nel 44. Nel suo
scambio epistolare con l'amico Attico
C. ha lasciato i più famosi
monumenti della classicità per importanza storica e stilistica (Arpino
106 - Formia 43 a.C.).