Casa automobilistica statunitense, fondata nel 1920 da Walter P.
Chrysler. Produsse la sua prima vettura nel 1925 e operò a lungo sul mercato nordamericano
con i marchi Chrysler, Dodge, Eagle, Jeep e Plymouth. Dopo aver rilevato nel 1928 l’azienda automobilistica
Dodge, iniziò la produzione di due nuovi modelli, la Plymouth e la DeSoto, il cui
successo portò la
C. a superare nel 1933 le vendite della Ford. Interrotta la produzione
di autovetture durante la seconda guerra mondiale, l’azienda non riuscì in seguito a innovare
né la tecnologia né la linea delle sue vetture, e la sua quota di mercato scese dal 21% del 1952 al 9% del 1979.
Nel 1978 Lee Iacocca assunse la direzione della
C. ormai sull’orlo del fallimento, evitato solo grazie
a un prestito del governo federale di 1,5 milioni di dollari; la società dovette ricorrere alla
chiusura di numerosi stabilimenti e a massicci licenziamenti. Nel 1984, con una linea di vetture rinnovata, la società
iniziò la sua ripresa e nel 1987 rilevò l’American Motors Company,
la casa produttrice della celebre Jeep. Nel 1992, quando Iacocca lasciò il suo incarico, l’azienda occupava il terzo posto
nel mercato statunitense. Dopo una serie di risultati non del tutto brillanti, nel 1998 venne annunciata la fusione tra
C. e il colosso tedesco Daimler-Benz e venne costituito il gruppo Daimler-Chrysler. Nel 2007 il gruppo
C.
passò sotto il controllo del gruppo finanziario Cerberus Capital
Management, mentre la Daimler-Chrysler divenne Daimler AG. In seguito alla crisi mondiale che colpì il settore
automobilistico mondiale, la
C. si vide costretta nel 2009 a firmare con la Fiat un protocollo d'intesa con cui
la casa automobilistica torinese diventava proprietaria inizialmente del 20% di
C. e di un altro 15% in
tre tranches successive.
L'operazione di risanamento industriale non contemplava per Fiat alcun investimento in contante
né un impegno a finanziamenti futuri; il gruppo torinese avrebbe fornito tecnologie,
ristrutturazione degli impianti e l'aiuto a distribuire veicoli
C. in Paesi fuori dal Nord America.
Dopo il via libera della Casa Bianca dell'aprile 2009,
C. dichiarò la bancarotta controllata al fine di
ottenere 6 miliardi di dollari di aiuti governativi. Dopo la restituzione del prestito al governo americano,
Fiat avrebbe potuto scegliere di rilevare la maggioranza delle azioni, arrivando così al 51%.