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Centrismo.

Indirizzo politico compiutamente attuato in Italia dai governi succedutisi nel decennio 1947-57, preclusi sia alle forze di estrema destra, sia a quelle di sinistra. Preceduta dall'espulsione dal governo di comunisti e socialisti, la politica centrista ebbe inizio il 23 maggio 1947, con la costituzione del quarto gabinetto De Gasperi, comprendente 11 ministri democristiani, 3 socialdemocratici, 2 repubblicani, 2 liberali e 2 indipendenti. Teorizzato da De Gasperi, secondo cui "ogni partito realizzatore sta al centro", il c. ebbe il suo massimo sviluppo teorico e politico dopo la conquista della maggioranza assoluta da parte della DC, nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948. Esso venne concretamente attuato dai governi di coalizione, presieduti da De Gasperi sino al luglio 1953, e i cui uomini di punta furono il ministro degli interni, M. Scelba, e quello degli esteri, R. Pacciardi. Congelate le speranze di rinnovamento che avevano animato il periodo della lotta di liberazione e dell'immediato dopoguerra, la politica centrista si incaricò di riparare le distruzioni causate dalla guerra e di ricostruire l'economia su basi non diverse da quelle del vecchio ordinamento, perseguendo una linea "restauratrice", favorita dalla situazione internazionale di "guerra fredda". Mentre la politica estera veniva indirizzata verso l'atlantismo, all'interno furono messi in atto strumenti repressivi che portarono alla militarizzazione delle forze di polizia ("celere"), equipaggiate per interventi e in occasione di manifestazioni politiche e sindacali (tra il 1948 e il 1950, 63 dimostranti rimasero uccisi e oltre tremila gravemente feriti). La fine del periodo degasperiano determinò la svolta nella stessa politica centrista, poiché i dissensi interni alla DC e tra i partiti della coalizione non consentirono più di formare governi quadripartiti (DC-PLI-PRI-PSDI), ossia centristi "organici". Al monocolore presieduto da G. Pella, succedette nel febbraio 1954 un nuovo governo centrista tripartito (DC-PSDI-PLI), presieduto da M. Scelba e a questo, nel luglio dell'anno successivo, un analogo tripartito presieduto da A. Segni, rimasto in carica fino al maggio 1957. La necessità di un orientamento innovatore, teso a promuovere una maggiore giustizia sociale e a intraprendere alcune riforme, considerate urgenti da una parte degli stessi rappresentanti di governo, portò all'apertura di un dibattito tra le forze di sinistra interne alla DC e quelle della sinistra esterna, soprattutto socialista. Dopo la parentesi di un monocolore democristiano, presieduto da A. Zoli, nel luglio del 1958 si costituì un governo DC-PSDI, presieduto da A. Fanfani, mentre si intensificava il dibattito che avrebbe portato alla svolta di centro-sinistra (V.). Il riassorbimento del PLI come partito di governo nel secondo gabinetto Andreotti (DC-PSDI-PLI) fu salutato nel giugno del 1972 come una riedizione di destra del vecchio centrismo. La formula neocentrista venne messa presto in crisi e fu travolta dal processo di rinnovamento sociale, culminato nella vittoria del fronte divorzista, nel referendum del maggio 1974, e nell'avanzata delle sinistre nelle elezioni amministrative del 1975 e politiche del 1976. Conclusasi nel 1979 l'esperienza dei governi di "unità nazionale", presieduti da Andreotti e appoggiati da tutti i partiti dell'arco costituzionale, i problemi posti dalla necessità di fronteggiare la crisi economica e istituzionale, attraverso l'adozione di una politica di emergenza, hanno portato alla formulazione di linee direttive neocentriste, per gran parte accolte dai successivi governi di coalizione pentapartitica (DC-PSI-PSDI-PRI-PLI).