Documento basilare dell'ordinamento corporativo fascista.
Emanata il 21 aprile 1927 dal Gran Consiglio fascista e salutata dai
propagandisti del regime come la "Magna Charta della rivoluzione fascista",
dichiarava il lavoro come un dovere sociale, l'astensione volontaria dal quale
poteva costituire un reato perseguibile penalmente. Nonostante il clamore
propagandistico e il tentativo di accreditare gli articoli della
C. del
L. come legalmente applicabili sin dalla sua promulgazione, essi rimasero
per gran parte semplici dichiarazioni di principio, prive di valore normativo.
La
C. del L. tracciava infatti le linee dello Stato corporativo, sulla
base di 30 "dichiarazioni di principio", tendenti ad armonizzare le forze del
lavoro con quelle del capitale, in nome degli interessi supremi della nazione.
Le "dichiarazioni", la prima delle quali costituiva la definizione ufficiale
dello Stato "organico" fascista, non avevano valore di legge, ma solo di
raccomandazione e di delega al governo incaricato di tradurle gradualmente e con
gli adattamenti del caso, in misure di legge. Questa traduzione avvenne in
maniera discontinua e parziale nel corso degli anni successivi e una legge del
1941 sancì che le dichiarazioni della
C. del L. costituivano
principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato e criteri orientativi
per l'interpretazione e l'applicazione della legge. I principi che ebbero una
rispondenza sul piano normativo furono i seguenti: l'estensione delle
disposizioni, rese operanti dalla legge sindacale del 3 aprile 1926, riguardanti
la validità obbligatoria dei contratti collettivi di lavoro conclusi dai
sindacati fascisti (in agricoltura i contratti collettivi furono resi
obbligatori solo nel 1933); costituzione di una Magistratura del lavoro
competente per ogni vertenza, individuale o collettiva; istituzione delle
corporazioni, quali "organizzazioni unitarie delle forze della produzione";
istituzione di un ispettorato corporativo dotato di ampi poteri. Maggiori
ripercussioni sul piano legislativo ebbero le dichiarazioni riguardanti la
previdenza, l'assistenza, le assicurazioni sociali, l'istruzione professionale
dei lavoratori. L'assicurazione contro le malattie, già prevista per gli
infortuni e le malattie professionali, fu resa obbligatoria contro tutte le
malattie ed estesa a tutti i lavoratori dipendenti. Anche l'obbligo
dell'indennità di licenziamento e delle ferie pagate venne generalizzato.
Abolita nel 1944, con un decreto legge del governo Badoglio, la
C. del L.
assunse un più spiccato carattere sociale nell'ordinamento della
Repubblica di Salò (1943-45), sulla base di alcuni articoli della "Carta
di Verona", riguardanti specificamente la politica economica, sociale e
sindacale.