(dal latino
capitellum, dim. di
caput: capo).
Arch. - Elemento superiore della colonna o di un pilastro, posto tra il fusto e
l'architrave, o l'imposta dell'arco. È elemento necessario e, allo stesso
tempo, decorativo della colonna, e si trova nelle architetture di tutte le
civiltà, a eccezione di quella cinese. Spesso il
c. termina
superiormente con l'
abaco, sorta di elemento quadrato che facilita
l'impostazione dell'arco reggente l'architrave. Nei tempi più antichi, il
c. consisteva semplicemente in un dado, o in una tavoletta quadra
interposta fra il pilastro e la trave quando le strutture erano interamente di
legno. Antichissimi esemplari di pietra furono scoperti in alcune tombe egizie
ed erano elementi portanti orizzontali. Forme più complesse giunsero
soltanto in epoca più tarda e, più tardi ancora, si ebbero i primi
c. imitanti motivi naturalistici, che traevano ispirazione dalla palma,
dal fiore di loto, dal papiro. Un tipo di
c. molto complicato si ebbe nel
Medio Oriente e in Persia: aveva una parete piatta risvoltante in due o quattro
volute, mentre nella parte a contatto con l'architrave presentava due mensole a
foggia d'animale. I
c. greci appartengono ai tre ordini fondamentali di
quella architettura; in essi l'organizzazione delle singole parti è
stabilita da regole fisse. Si hanno: a) il
c. dorico, che si distingue
per la sobrietà e la purezza delle sue linee, costituito da un abaco
quadrangolare che poggia sull'
echino, elemento dall'elegante profilo
convesso, detto anche
ovolo, e separato dalla colonna da una sorta di
collare; b) il
c. ionico, formato dall'abaco, molto sottile, e dal corpo
del
c., tipico per le due ampie volute poste sulla faccia esterna e su
quella interna; c) il
c. corinzio, attribuito secondo la leggenda a
Callimaco, che risulta formato dal
calato, elemento a forma di canestro
rovesciato (esso rappresenta il vero
c., attorno al quale si addensano
foglie di acanto sorgenti dalla base in due o più ordini, e che in alto
ripiegano su se stesse, mentre alcuni steli si svolgono in graziose volute verso
gli angoli e in mezzo all'abaco sovrastante). I Romani modificarono, secondo il
loro gusto, certi
c. greci, traendone il
c. dorico-romano, meno
elegante e più severo dell'originale, e il
c. composito, un ibrido
formato dall'unione di certi elementi del
c. ionico e di altri del
c. corinzio: le foglie d'acanto sono sostituite o sovrapposte ad ampie
volute ioniche. Spesso tra questi due elementi tipici degli ordini greci
appaiono anche grifoni, cavalli alati, sfingi, trofei d'armi, aquile, ecc. Meno
elegante del
c. dorico, di cui rappresenta tuttavia una variazione,
è il
c. tuscanico, presente nell'arte etrusca. I
c.
bizantini, dapprima cubici, poi a forma di tronco di piramide rovesciata,
spesso sormontati da un
pulvino (specie di secondo
c. sovrapposto
al primo), presentano una decorazione piena di leggerezza, di grazia
incantevole. Nessun rigore di schemi hanno invece i
c. romanici, la cui
forma e decorazione dipendevano esclusivamente dalla fantasia degli artisti:
essi rappresentavano spesso figure umane, fantastiche o grottesche, talvolta
bestiali, sempre espresse con rude vigore. Decorazioni fitomorfe sono, invece,
quelle che appaiono sui
c. gotici, alternate talora a figure umane in
rappresentazioni simboliche o episodiche. Nel Rinascimento si ritorna al
c. classico, seppur modificandone dettagli e proporzioni.
• Ind. graf. - In legatoria, il
c.
è la fettuccia o cordoncino in cotone o seta, a uno o più colori,
fissato alle estremità del dorso del libro per rinforzarlo, ma anche per
ornarlo. • Anat. - Rappresenta
l'estremità articolare di alcune ossa lunghe (il perone, il radio, ecc.).
• Costr. - Nelle ciminiere in muratura, il
c. è una specie di collare posto a poca distanza dalla bocca che,
ostacolando le correnti ascendenti d'aria che all'esterno lambiscono la
ciminiera, regola il libero efflusso dei prodotti di combustione.