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Brandt, Willy.

Pseudonimo di Herbert Karl Frahm. Uomo politico tedesco. Giornalista, aderente alla SPD (Partito socialdemocratico), perseguitato politico durante il Nazismo, riparò in Norvegia, dove si laureò in Storia e intraprese la professione di giornalista, e poi in Svezia. Tornato in Patria dopo la guerra, fu eletto nel 1957 borgomastro di Berlino Ovest. Leader della SPD, fu ministro degli Esteri nel gabinetto Kiesinger durante la "grande coalizione" tra socialdemocratici e democratico-cristiani (1966); in tale veste avviò un cauto riavvicinamento ai Paesi comunisti dell'Est, promuovendo scambi con l'URSS, la Romania e la Cecoslovacchia. Nel 1969 il favorevole risultato elettorale permise a B. di formare un governo di "piccola coalizione" tra SPD e Partito liberale. Il nuovo cancelliere varò un'intensa azione diplomatica nei confronti della Germania orientale e di tutta l'Europa comunista, guidando la coalizione fra alterne vicende fino al maggio 1974, quando dovette cedere la cancelleria al suo successore Helmut Schmidt. Eletto nel 1976 presidente dell'Internazionale socialista, nel 1979 divenne membro del Parlamento europeo. Nominato presidente dell'SPD, svolse un'opera di mediazione fra la maggioranza e la sinistra; nel 1984 presentò all'Internazionale socialista un documento su i problemi Nord-Sud, mentre nel 1986 ricevette il premio Terzo Mondo istituito dall'ONU. Nel 1987 rassegnò le proprie dimissioni da presidente dell'SPD, travolto dallo scandalo per l'assunzione clientelare dell'addetta stampa del partito; gli successe alla presidenza Hans Vogel. Le dimissioni di B. finirono per favorire i moderati del partito, niente affatto soddisfatti dei tentativi brandtiani di assorbire le ideologie alternative dei Verdi e dei movimentisti. Nel 1989 venne rieletto all'unanimità presidente dell'Internazionale socialista. Nello stesso anno pubblicò le sue Memorie. Durante la guerra del Golfo, nel 1990, svolse delle contrattazioni con Saddam Hussein, riuscendo a riportare in Patria più di 100 ostaggi in cambio di viveri e medicinali. L'operazione gli procurò pesanti critiche da parte di chi la interpretò come un segno di cedimento nei confronti della politica irachena. Nel 1992, pochi mesi prima di morire, decise di non ricandidarsi alla carica di presidente dell'Internazionale socialista (Lubecca 1913 - Unkel 1992).